Una coltre di nebbia a mezz’aria avvolge i terreni della Continassa, imponenti banchi di torbide molecole d’acqua celano parti consistenti della tenuta, stazionando torvi nelle zone più sinistre e oscure. Chissà, magari qualcuno avrà accostato lo stesso fenomeno all’avanzata inesorabile del Covid, e immaginato le proverbiali rotelle come soluzione per la dissolvenza della minaccia.
Tuttavia, in questo caso, non bisogna certo affidarsi a S. Lucia per farsi luce in mezzo alle tenebre, perché in quei terreni spadroneggia da oltre cent’anni lo spirito di un’altra milfona, truccata giusto un filo come Cleopatra, matriarca indiscussa e vedova inconsolabile, alla ricerca perpetua del compagno perduto.
La cascina Cantina, come noto, prende il nome dalla vedova di un conte caduto in disgrazia. Da allora la Vecchia Signora governa i destini di chi prova ad insediarsi, rivendicando l’assoluta facoltà di scegliersi il partner, da comandare da remoto o mediante azione coercitiva diretta, ovvero con la possessione qualora dovesse opporre una certa resistenza (vedasi Gonte). A nulla è servito il progetto di riqualificazione e bonifica dell’area che, chiaramente, ha intaccato solo il suolo e le strutture: per spodestarla dal trono ci sarebbe voluto l’intervento dell’esorcista.
La luna piena squarcia il cielo di una tarda serata d’estate, le nuvole sono state inviate a terra per l’occasione, una cornacchia fuma tranquilla da un anno godendosi una ricca pensione, e una civetta gufa da un albero il prossimo allenatore.

Negli anfratti delle segrete della Continassa si decide il futuro della nuova Juve. Intorno ad un tavolo, Agnelli Arrivabene John e Lapo Elkann, con quest’ultimo in trance ancora prima di iniziare la seduta. Si evoca a gran voce lo spirito della Vecchia Signora per illuminare il nuovo percorso, che non tarda a fare la sua apparizione da una coltre di polvere bianca, ma solo perché si materializza dallo zainetto di Lapo.
L’immagine imponente della vedova si prende la scena: il suo volto presenta canuti ricci pettinati a fatica all’indietro, un’arcuatura del naso tendente all’aquilino, grosse borse in cui trovano rifugio occhi profondi e due orecchie importanti che tagliano il faccione in senso trasversale, tra mascelle pronunciate e regolari. Il presidente bianconero rimane impietrito, non può non notare la grande somiglianza col rimpianto Avvocato: sempre più marcata col tempo, pare piuttosto la reincarnazione dello zio. Una figura atavica a metà tra una tardona e l’anziano parente, che probabilmente non ha aiutato Lapo, ancora alla ricerca della felicità ornitologica, tra passere e uccellini.
Il tavolo inizia a tremare, i piedi dapprima sbattono sul pavimento e poi cominciano a levitare qualche centimetro da terra, ma la catena non può spezzarsi e le prese delle mani si saldano l’un l’altra. Lapo rinsavisce per un attimo e teme il terremoto, la Vecchia Signora gli dà una sberla sonora e lo riporta all’inferno di quella realtà. Agnelli siede smarrito e impaurito tra Maurizio Arrivabene e John Elkann, come un agnello tra il lupo e la volpe, con la Vecchia Signora che pare destinare attenzioni soprattutto al nuovo dirigente, con un tono tanto perentorio quanto dolce, che si potrebbe definire più paternalistico che materno.
Agnelli riprende il controllo dei muscoli ammutinati e gli ordina di avere un sussulto. Facendo ricorso all’esigua scorta di coraggio prova a reclamare il diritto di dire qualcosa al riguardo. Se non altro, almeno per dare la buonasera. Cerca di attirare l’attenzione in tutti i modi ma gli riesce solo di smuovere come un tic isterico i due folti cespugli sulla fronte. Alzerebbe persino la mano se potesse spezzare la catena, e quando decide di svincolare impavido un dito dalla stretta con Arrivabene, nota qualcosa di estremamente familiare: un costosissimo Rolex sul polsino della camicia. D’un tratto tutto diventa più chiaro: tra discendenti diretti e figli illegittimi, l’unico che non c’azzecca nulla nelle questioni degli Agnelli è proprio colui che porta il suo cognome.
In effetti, i tratti somatici sono inequivocabilmente quelli dell’Avvocato, l’atteggiamento pure, e ora si capisce anche il perché di una sicurezza tanto ostentata, persino quando durante l’incontro bacchetta ripetutamente gli Elkann, accusandoli apertamente di essersi mangiato bevuto fumato e tirato buona parte del patrimonio di famiglia. Con i gemelli diversi, il damerino e il birichino, che incassano senza proferire parola. Come peraltro fanno dalla nascita.
Il presidente Agnelli prende lentamente coscienza ed arriva persino ad abbozzare una teoria tutta sua, senza nemmeno convocare il CdA dei Jlacchè per un supporto. Per un attimo si compiace di questo, non accadeva da più di quarant’anni di elaborare un processo mentale elementare e indipendente, da quando davanti ai suoi genitori, al quinto anno di età, la prima parola che pronunciò non fu “mamma” o “papà”, ma “zio”. Un’iniziativa che gli valse, in qualche modo, una benedizione perpetua.
Agnelli si dà quindi una risposta sul perché, considerando lo sconfinato impero di famiglia, a lui tocchi gestire solo la squadra di calcio. Come a dire che in uno sfarzosissimo hotel di lusso, dove gli Elkann ne sono gli Amministratori Delegati, il suo incarico consiste nello spazzare il campo da tennis. Nemmeno il tanto agognato parco auto con la collezione di Ferrari, dove la Maserati è l’utilitaria che si usa come mezzo per lo smaltimento dei rifiuti e contratti in nero. In fondo, che il buon Maurizio fosse un raccomandato, tutt’altro che predestinato, il presidente Agnelli l’aveva capito da un pezzo, ma d’ora e in avanti sarà piuttosto da considerare come il nuovo cugino da cui guardarsi le spalle. Con ogni probabilità, quello più potente e pericoloso.
Intanto la Vecchia Signora rompe gli indugi e richiama l’attenzione per indicare la nuova strategia bianconera: dopo il calcio gasato di Sarri che le ha procurato una fastidiosa aerofagia e il calcio liquido che l’ha trasformata in una dolorosa dissenteria, è giunto finalmente il momento di somministrare qualcosa di solido, anche se poi significa andare in bianco per un po’. Ed ecco che il nuovo tecnico (ma non troppo) Allegri sarà il nuovo compagno. Una vecchia fiamma per una Vecchia Signora, evidentemente più consona ad un calcio antico.

La nebbia si dirada, nel cielo tornano a brillare le stelle e le stelle della Juve si eclissano. A cominciare da CR7, che sposta subito i suoi affetti altrove in ordine di priorità: il suo ego, le supercar, Georgina, figli naturali e figli in provetta. Dybala invece manda il certificato medico fino alla scadenza degli obblighi contrattuali. Al contrario, De Sciglio ha un’erezione spontanea.
La Vecchia Signora ha dettato la sua sentenza, ci vuole dunque un sacrificio per suggellare il nuovo inizio. I potenti discendenti e Agnelli si alzano dal tavolo per individuare la vittima sacrificale da offrire in suo tributo. E mentre Nedved se la fa addosso accucciandosi a tal punto che viene scambiano per un cockerino, più in là, semi imboscata dietro una siepe, in una Jeep si consuma il peccato testando a fondo le nuove sospensioni. I rampolli e il pollo si avvicinano furtivamente, i finestrini appannati non lasciano vedere nulla all’interno dell’auto, e si odono solo ansimanti bisbigli: “tiki tika toka tutto”, poi dei colpi decisi “Pep Pep Pep..” e infine un lamento per sfinimento “gooodol”. Un attimo più tardi un dito disegna sul lunotto un cuore con dentro le scritte Fabio e Lele.
Un’onta inaccettabile per la Vecchia Signora: copulare impunemente nel regno dove il bello è bandito da tempo, e da quest’anno ribadito con forza che vincere non è importante, ma il progetto di un calcio diversamente giocato è l’unica cosa che conta.
Per fare irruzione nell’auto c’è bisogno di un gorilla, giustamente il pollo e i rampolli non rischiano l’unghia per aprire lo sportello. Si propone Chiellini che, con fare deciso, entra in auto afferra per un braccio Paratici. All’improvviso irrompe Irrati, il quale si affanna a dichiarare che per lui assolutamente non è fallo da rigore. Agnelli ringrazia ma stasera non serve. Piuttosto sarebbe servito contro l’Inter, quando quel Giuda si è venduto per 30 yuan. Poi il presidente paga la moretta e la lascia andare via, non prima però di averle consegnato un biglietto da visita. Non si sa mai, con la carestia dei tempi a venire, un po’ di divertimento clandestino può sempre tornare utile.
Tutto è pronto per il sacrificio, con Paratici impalato sotto un rovo di spine. La dama bianconera fa il suo ingresso sottobraccio al suo nuovo compagno: il becchino col ghigno. Perfettamente a suo agio in un posto lugubre come il cimitero, Allegri cosparge il rovo di calcio liquido infiammabile e accende il fuoco.

Giustizia è dunque fatta: d’ora in avanti inizia la nuova avventura targata Allegri 1.0 (2.0 non pareva appropriato al suo modus operandi). Il becchino si presenta dichiarandosi pronto a lottare per lo scudetto, allo stesso tempo si dice inferiore solo ai nerazzurri, che restano di conseguenza i favoriti. L’allenatore juventino svela poi il nuovo progetto tattico: l’halma dei morti viventi. Dopodiché chiede a Chierubini giocatori funzionali come Khedira, Mandzukic, Barzagli e Van Bommel, più i rinnovi a vita di Lurch (Szczesny) e Spongebob (Spongebob), nonché dei soldatini Rugani, De Sciglio e Bernardeschi. Ma Arrivabene offre solo carne fresca, toccherà ad Allegri, semmai, farli diventare degli zombie.
Lo stesso Allegri che qualche mese più tardi, chiamato a tenere fede a quanto dichiarato sull’altare dinanzi la sposa cadavere, mostrerà al mondo di cosa è capace, resuscitando l’Inter che puzzava di morto, e rilanciandola come da pronostico. Non è stato nemmeno facile, perché c’era fin troppo entusiasmo prima della partita contro i nerazzurri. Di conseguenza, con una genialata, ha messo da parte il calcio diversamente giocato piazzando tutti gli offensivi nella metà campo avversaria, con il risultato che gli stessi giocatori si sono sentiti spaesati ad agire a quelle latitudini, abituati come sono a ripartire in contropiede a 80 metri dalla porta.

È quasi mezzanotte, la Vecchia Signora torna la Vedova Allegra, e ringrazia chi ha deciso di sposare il nuovo progetto di calcio funesto, rinunciando, tra l’altro, a proposte davvero interessanti: portare il Real Madrid a giocare come il Real Oviedo, partecipare all’edizione di ballando per la terza stella o piuttosto riciclarsi all’isola dei famigerati. Erano chiaramente opportunità affascinanti, tuttavia la chiamata di un calcio dell’oltretomba è quello che più si addice al becchino. È la morte sua.
Per di più, in questa stagione, non dovrà nemmeno vincere, figuriamoci convincere. Alla Vecchia Signora basta e avanza rifarsi su quella insolente della Dea, tanto giovane quanto signorina di facili costumi che, col suo malizioso scosciare, in questi anni ha ammaliato i tanti beoti del bel calcio.

PS. Ben ritrovati a tutti, mi siete mancati...