La Juve non può vincere per sempre, mi pare piuttosto ovvio. Nemmeno il tifoso più accanito, con un QI superiore a MI9, potrebbe mai sperare di continuare nella collezione perpetua di trofei nazionali. Anzi, perfino l’opinionista Cassano, dopo una lunga e attenta riflessione, è giunto alla conclusione che quest’anno la Juve potrebbe anche non vincere il campionato. E la legge di grandi numeri rischia di riabilitare anche i pronostici del sig. Padovan. Perché un passaggio a vuoto può capitare, si direbbe fisiologico. Se poi, in casa Juve, si voleva insidiare il record del Rosemborg con 13 titoli consecutivi, allora si doveva prolungare con Allegri. In fondo lo scudetto della Juve viene celebrato dai suoi fedeli come una festività calendariale qualsiasi, che arriva tutti gli anni. E accolto dai milioni di anti juventini come il 2 novembre. Eppure, tra i tifosi bianconeri, c’è chi addirittura scambierebbe un bel po’ di trofei nazionali per una coppa dalle grandi orecchie, e non sono nemmeno pochi. Tra questi, probabilmente, anche un certo Andrea Agnelli.

Ma un anno sabbatico non si baratta regalando lo scudetto all’Inter, per di più grazie all’icona del 5 maggio, nonché di una stella scolpita nel marmo dello Stadium. E poi c’è quel Marotta lì che, dato per rottamato, si conferma un top manager, a dispetto dei damerini irriverenti dai capelli fonati che credono di essere all’altezza della Vecchia Signora, forse più ruffiani che competenti. No, lo scudetto all’Inter sarebbe difficile da digerire, piuttosto che sia la Lazio a festeggiare. Ancora meglio se si dovesse suonare la nona sinfonia in faccia alla ferocia di Conte e in barba ai 200 milioni investiti da Marotta sul mercato, tanto è improbabile parlare di progetto con il tecnico salentino. Dopo una stagione al massimo dei giri più facile che imploda schiacciato dal suo stesso ego. Ma del destino dei neroazzurri importa fino ad un certo punto, perché le fortune della Juve sono inversamente proporzionali a quelle dell’Inter, e viceversa. E se la Champions resta l’obiettivo principale, ancorché difficile e agognato, sarebbe fondamentale confermarsi e vincere ancora in Italia, pur senza convincere. In caso contrario ci sarebbe da ridere. In caso contrario significherebbe cestinare l’opportunità di diventare un top club con un progetto adeguato agli standard europei, e dopo solo una stagione abdicare al 532 famelico e provinciale (vds Inter e Lazio), omologato per la difesa meno battuta, puntualmente sculacciato oltre confine. In caso contrario, nonostante gli investimenti, il fatturato, il monte ingaggi, il bel gioco di Sarri e CR7, ci sarebbe da piangere, a cominciare da Paratici.

Intanto anche il mercato invernale scivola via, mentre una Juve tutt’altro che irresistibile arranca per poter distanziare le inseguitrici. E viaggia con 7 punti di ritardo rispetto la scorsa stagione. Forse, dopo tanti anni trascorsi ad osservare beatamente lo shopping compulsivo di chi era chiamato a rimediare ai disastri estivi, si poteva tranquillamente ammettere di non essere stati da meno per aver toppato qualche operazione, provando a dare un senso ad una sessione di mercato lunga un mese. Invece si è cazzeggiato, impegnando più di 40 milioni per un centrocampista che arriva a giugno ma che  sarebbe tornato utile nell’immediato, nella ricerca della plusvalenza fittizia attraverso scambi di profili da 0 a 0, cioè che non spostano nulla, provando a piazzare giocatori fuori dal progetto, dagli ingaggi da top player ma che nessuno se li ca(ri)ca. In un mercato dove Politano vale 23 milioni, Barrow una ventina e Petagna poco meno, la Juve non riesce a disfarsi di uno dei centrocampisti più forti d’Europa (cit. Paratici), che tra l’altro non torna utile nemmeno nelle partitelle del giovedì con Sarri. Misteri della fede, bianconera.

In attesa dei verdetti che contano, quelli che tra maggio e giugno chiudono la stagione sentenziando vittorie e fallimenti, a quanto pare il popolo juventino ha già inchiodato Paratici sul banco degli imputati, reo di aver contribuito a rendere insipida una Juve che andava soltanto puntellata con sapienza, al fine di virare con decisione su un progetto in grado non solo di mangiarsi la concorrenza, ma anche di aggredire e sbranare gli avversari per 90 minuti. A Sarri, per ora, gli si riconoscono le attenuanti generiche, al massimo rischia il favoreggiamento per molestie alla Vecchia Signora. Di ben altro spessore le accuse verso il massimo dirigente bianconero, su cui pena l’esilio al posto di Ausilio nell’Jnter di Zhang.

Paratici, in un dichiarazione rilasciata prima della partita tra Napoli e Juve, analizza il momento di appannaggio degli azzurri sottolineando che troppo velocemente nel calcio ci si dimentica di quanto di buono si è fatto in passato. È una carezza alla dirigenza partenopea ma probabilmente ripassa la sua tesi difensiva. Ma è  un arringa che non potrà mai reggere in un ambiente ultracompetitivo e plurimilionaro, dove ogni stagione si misura con il raggiungimento degli obiettivi. Tuttavia, Agnelli tende una mano al suo dirigente, assicurandogli assistenza legale con il team di avvocati che hanno difeso per anni la Juve da calciopoli, prendendo schiaffi in tutti i gradi di giudizio. Paratici ringrazia e piuttosto prova a difendersi da solo.

I tempi biblici della magistratura ordinaria condannerebbero un Paratici ormai in pensione, sempre se dovesse passare la legge sulla prescrizione. Con la giustizia sportiva il dirigente bianconero potrebbe avvalersi della scadenza dei termini, ma solo se la condanna arrivasse quando sarà passato a lavorare con gli specialisti dell’Italian job, ovvero degli onesti. Sfortunatamente, davanti ai propri tifosi non c’è cavillo giudiziario che possa scagionare un colpevole, e il processo sarà di tipo sommario. In pochi mesi si arriverà al verdetto, che non potrà mai essere impugnato.

Il P.M. (Pubblico Menzognero) querty passa quindi alla formalizzazione dei capi di accusa nei confronti del sig. Paratici:

  • aver dichiarato di avere le “idee chiare” quando invece erano poche, e ben confuse;
  • aver illuso il popolo juventino con il progetto del bel gioco, e qualcuno oggi addirittura rimpiange Allegri;
  • non essere riuscito ad acquistare un solo giocatore funzionale al 433 o 4312 di Sarri;
  • non essere riuscito a piazzare giocatori fuori progetto dall’ingaggio pesante;
  • aver provato a cedere quelli che ti mandano ancora avanti la baracca, soprattutto un certo Dybala;
  • aver puntato su parametri 0 che Sarri non sa che farsene, soprattutto su Rabiot che al massimo poteva tornare utile ai ritmi compassati del gioco di Allegri, ma che fondamentalmente non vale Parolo benché costi quanto Eriksen;
  • elargire ripetutamente laute commissioni a Raiola senza riuscire a portare a Torino Haaland. Chissà, almeno un giorno potrà tornare Pogba;
  • non imparare dagli errori (vds Mandzukic) e prolungare a Khedira. Tra l’altro trattare anche quello di Matuidi per ordine di Raiola. E stiamo parlando di ingaggi pesantissimi per profili scartati dal calcio che conta, al massimo piazzabili dagli arabi, nemmeno in MLS (perché da;
  • pensare di fare un gioco propositivo cambiando allenatore, senza capire che nessuno potrà mai fare miracoli con un centrocampo del genere, dove Matuidi anziché correre lungo la mediana addirittura agisce abusivamente nella trequarti, talvolta più avanti dello stesso Dyabala;
  • non riuscire a piazzare Pjaca nemmeno pagando parte dell’ingaggio, che poi, se effettivamente il ragazzo è pronto, magari potrebbe risultare uno dei pochi funzionali al 433;
  • aver fatto tanta confusione con i terzini, dove Alex Sandro non ha alternative e non salta l’uomo da 3 anni e a destra agisce impunemente l’uomo di coppa (della Lazio) e un Danilo che resta un brutto anatroccolo perché difficilmente diventerà mai un cigno, al massino De Scinho;
  • prediligere le plusvalenze alle necessità tecnico-tattiche, probabilmente per rimediare alle sanguinose operazioni passate (e qui il contabile Marotta non gli ha insegnato nulla);
  • aver chiuso due sessioni di mercato senza che nessuno degli acquisiti risulti effettivamente un punto di forza della squadra;
  • aver gestito la vicenda Emre Can da dilettanti allo sbaraglio, peraltro bocciato dopo un solo anno. Soprattutto riuscire nell’impresa di svalutare un parametro zero di appena 26 anni.

Naturalmente si attendono sviluppi e le imputazioni potrebbero perfino aumentare, intanto questo tragico scenario pone Paratici con le spalle al muro, difficile che possa uscirne immacolato.
La vittoria dello scudetto senza gioco, con qualche punto in meno e alcuni grattacapi di troppo, significherebbe fare peggio dello scorso anno. Sempre che si riesca a vincere di concerto con la Coppa Italia, perché la Supercoppa è già andata e Allegri un paio di trofei nazionali almeno li portava a casa.
L’unica speranza per il dirigente bianconero è che la Juve possa finalmente trionfare in Europa, in tal caso potrebbe chiedere la concessione dell’indulto.
L’amnistia proprio no, perché le cazzate comunque rimangono.