Ci sono partite che vanno giocate fino in fondo, anche se si è consapevoli della forza di un avversario che, con ogni probabilità, alla fine avrà la meglio. Ci sono sfide che non vorresti mai affrontare, ma che ti si presentano davanti all’improvviso e ci si accorge di non essere preparati. Sono battaglie in cui bisogna lottare allo stremo per difendere ogni millimetro dall’avanzata del nemico, anche se ti verrebbe di alzare bandiera bianca per abbandonarsi al destino. E invece non bisogna rendergliela facile, perché già restare quanto più lungo in partita vale quanto una vittoria. La più importante.

Questo è un omaggio alla memoria di un Giovanni Custodero, un eroe che ha combattuto come un leone per opporsi ad un nemico infame, un ragazzo che avrebbe dovuto vivere la bellezza e la spensieratezza dei suoi vent’anni e che si è ritrovato presto a dover fronteggiare la battaglia più dura, quella per la vita.

L’ex portiere del Cocoon Fasano, una squadra di calcio a 5 che milita in C2, all’età di 23 anni scopre di essere malato di una rara forma di sarcoma osseo in stato avanzato. Come troppo spesso accade, queste terribili diagnosi arrivano quando si è già sotto di 2 gol a pochi minuti dalla fine. Una malattia terribile che lo costringe prima all’amputazione di una gamba, poi gli aggredisce i femori, successivamente clavicola e cranio costringendolo a cinque delicati interventi e a ripetute sedute di chemio e radioterapia. Ma non è così che va raccontata la storia di Giovanni, non è così che ci si ricorda del Guerriero. E spero di essere all’altezza del messaggio che ci ha lasciato, perché merita di essere raccontato.

Probabilmente molti avranno conosciuto Giovanni pochi giorni prima dalla sua scomparsa, quando un suo post - tremendamente lucido e coraggioso - è rimbalzato sulle home page di molti siti online.
Con poche righe raccontava di trovarsi alla “battaglia finale, faccia a faccia col suo nemico”, consapevole che lo stesso “è forte dall’energia con la quale è stato nutrito negli anni”, ammettendo di essere ormai troppo stanco. Si trattava di un saluto a tutti coloro che lo hanno conosciuto, amato, accompagnato e sostenuto durante la lunga lotta alla malattia, prima di “alleviare il dolore fisico e la sofferenza” facendo ricorso alla sedazione profonda tra le braccia dei suoi cari.

Ho voluto lasciare alcuni passaggi originali del suo post perché non potrei descrivere meglio le emozioni di quel messaggio, dolce e allo stesso tempo struggente. Mi ha profondamente colpito e mi commuove ancora mentre sono qui a scrivere, ma sento intimamente di doverlo fare, di volerlo fare. Infondo finora ho scritto principalmente di storie che trattano le vicende di uomini normali che si atteggiano ad eroi, come potrei mai sottrarmi dal raccontare la vita di un eroe travestito da uomo normale, che ha combattuto la sua battaglia più difficile. E non ha perso.

“The Smiling Warrior”, come lo avevano soprannominato gli amici, aveva deciso di raccontare la sua testimonianza sui social, condividendo le tappe della terribile malattia senza mai dimenticare di omaggiare la bellezza della vita, lottando sempre col sorriso. In poco tempo la sua battaglia è diventata un simbolo per molte altre persone nelle stesse condizioni, ma soprattutto si è propagata fra le coscienza di moltissimi italiani. Anche il mondo del calcio non ha fatto mancare la propria vicinanza, e alcune società sportive hanno promosso una raccolta fondi nel derby tra Monopoli e Virtus Francavilla e in occasione della partita tra Lecce e Juventus lo scorso ottobre. Lo stesso Gigi Buffon ha lanciato un appello con videomessaggio. Senza dimenticare i vari personaggi dello spettacolo, tra questi Pio e Amedeo.

La vita è un dono talmente prezioso che non bisogna permettere a niente e nessuno di rubarcene nemmeno un secondo, e fa schiumare rabbia che uno splendido ragazzo debba privarsene così giovane. Ma poi leggi un post dalla pagina di Facebook di Giovanni e capisci che lo spirito deve essere un altro: “Che senso ha stare a pensare alle cose brutte che la vita ci mette davanti, quando basta solo aprire gli occhi e guardare oltre le nostre paure per accorgerci di quante cose belle ci circondano”, le sue parole.

Con l’età si imparano a conoscere tante storie tristi come quelle di Giovanni che si fa fatica ad accettare. Tuttavia fanno parte della nostra esistenza. Ognuno le affronta esorcizzandole come meglio può, di sicuro la forza della fede aiuta moltissimo, fungendo come palliativo alle sofferenze terrene, nonché come assicurazione per l’aldilà.
Personalmente mi domando se nel frattempo non si possa fare qualcosa anche quaggiù, specie per tutte quelle malattie che potrebbero essere arginate, o addirittura sconfitte, se solo prese in tempo. Se la prevenzione è così fondamentale, perché spesso si arriva tardi alla diagnosi? Un fattore così importante non può essere lasciato al libero arbitrio, perché non è consentito a tutti di venire accolti dal primario con tutte le attenzioni del caso al verificarsi del primo sintomo sospetto. A mio avviso, bisognerebbe rivedere un po’ tutti i protocolli in tal senso, perché se fin da piccolissimi siamo indirizzati all’istruzione, all’educazione, allo sport ecc., che sicuramente sono tutte cose fondamentali per star bene e avere una vita piena (e come fare soldi!), forse sarebbe il caso anche di lavorare sulla coscienza di quello che viene prima di tutto: la salute.

Ma queste sono considerazioni che esulano dal contesto, a questo punto non serve neanche recriminare. Che poi è proprio questa la differenza tra uno qualsiasi che, come me, si chiede come affrontare le sfide impossibili che la vita ci potrebbe un giorno riservare e il Guerriero che, senza nemmeno pensarci un attimo, ha preferito l’elmo allo scudo per combattere la sua battaglia più difficile. E la “corazza se l’è costruita poco a poco trovando una forza che forse non sapeva di avere”.

Il suo messaggio d’amore e di speranza si propagherà a lungo come un eco, con un appello a vivere la vita in tutta la sua bellezza.
Intanto, in rete nasce un’iniziativa per intitolare il nuovo palazzetto dello sport di Fasano “Palacustodero”, sarebbe davvero lodevole.
La mia speranza è che la maglia del “Smiling Sarrior” diventi presto simbolo della lotta al cancro, e che in tantissimi possano contribuire alla ricerca. In fondo si tratterebbe di farci del bene omaggiando le gesta di un eroe autentico, e comunque sempre più utile di collezionare le maglie di miti farlocchi.


R.I.P. Guerriero