Fermate il calcio, sospendiamo lo sport. Che senso ha produrre decreti e continuare a lanciare appelli se poi non siamo disposti nemmeno a privarci di una passione, non certo di una necessità?
Perché pretendere che i calciatori debbano giocare, sudare e strusciarsi quando si invitano gli italiani a mantenere le distanze dal prossimo?
Si chiude la Lombardia limitando gli spostamenti solo per motivi eccezionali, ma possono comunque transitare le squadre di calcio. Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere, con buona pace del partito “tanto è solo un influenza”. Non ho grande fiducia in questo governo e nelle politica in generale, amo le istituzioni ma troppo spesso riflettono vizi e difetti di questa società. Apprezzo l’impegno del Premier e dei suoi ministri che, fin dai primissimi giorni, sono in trincea. Eppure si nota l’affanno nel contenere un emergenza che dilaga, con provvedimenti che sembrano rincorrere il problema piuttosto che prevenire e limitarlo.

Quando osservo tavoli decisionali che proliferano di autorità ho la sensazione che l’obiettivo principale si perda tra le chiacchiere. Siamo un grande Paese, anzi grandissimo, tuttavia poco disciplinato o avvezzo alla salvaguardia del bene comune. Nemmeno la psicosi pare possa fermare l’imbecillità nelle zone di massimo contagio. Molti, troppi continuano a strafottersene come se nulla fosse, altri pensano esclusivamente a curarsi dei fatti propri. Avrei preferito usare termini più appropriati ma non voglio scadere nel volgare.
Ho una sorella, mio cognato e due splenditi nipoti nella zona rossa, fanno quello che gli si chiede, quello che serve in questo momento, mentre notano ancora famiglie che caricano in auto le valigie e lasciano la città, le ultime tra stanotte e le prime ore dell’alba.
Anch’io vorrei i miei cari lontano dal focolaio ma serve buon senso, e poi, come avevo previsto la scorsa settimana, il Covid 19 è arrivato anche qui viaggiando per più di mille chilometri insieme a chi ha pensato di scappare (e no di lasciare) dalla zona rossa. D’altra parte il virus ormai ha toccato tutta la penisola, chissà se queste persone capiranno mai che potrebbero aver fatto del male a tanta gente, o forse anche peggio. Paura, ignoranza o menefreghismo alimentano il contagio, e se le autorità non ritengono di dover intervenire legalmente spero almeno che questi scienziati vengano sopraffatti un giorno dalle proprie coscienze. Personalmente, accertate le responsabilità, li obbligherei a contribuire all’emergenza, nella misura in cui questa situazione sta mettendo in ginocchio l’economia e obbliga lo Stato, già indebitato di suo, ad erogare risorse in continuazione. Ma siamo nel campo dell’utopia.


Intanto siamo tutti eccitati perché ritorna la serie A, e la partitissima di questa sera è attesa più del vaccino stesso. Era necessario? Non credo. Perfino Balotelli, che tutto sembra tranne un illuminato, invoca legittimamente la sospensione del campionato. Anche se non riesco a immaginarmelo a casa nel rispetto delle raccomandazioni, ma questo è un altro discorso. Lo stesso Tommasi si chiede se sia giusto continuare, e se lui sta al mondo del calcio come un sindacalista alle aziende, diamogli almeno la facoltà di poter dire che una cosa l’ha fatta per proteggere i diritti della categoria, sia pure di privilegiati. Intanto centinaia di tifosi nerazzurri caricano l’Inter prima della sfida scudetto. La “salute pubblica” pare non interessi più come prima. La partita a porte chiuse serve per eliminare l’effetto trasferta, questa era la speranza della stragrande maggioranza degli interisti. Evidentemente un trofeo è più importante di tutto. A questo punto diamogli lo scudetto e fine dei giochi: non credo si facciano particolari problemi a festeggiare da terzi. Ancora meglio se lo assegnassero alla Lazio, che più di Juve e Inter lo meriterebbe. Fondamentalmente non me ne frega nulla, parliamo di sport.

Mi scuseranno quanti leggendomi trovino uno stile diverso di quello che generalmente prediligo, aggiungo che del Covid19 me ne sbatterei il giusto se non fosse che ci vuole senso civico nel rispetto della collettività. Mi offrirei anche per la benedetta sperimentazione se ce ne fosse la necessità, dovrebbe infastidirmi e rimbalzarmi come un nomination del grande fratello o una trasmissione della D’Urso. Probabilmente la sensibilità verso questa infezione risente della condizione di una persona che amo e che difficilmente potrebbe sfangarla se colpita, e parliamo di una giovane donna. Allo stesso tempo sono sicuro che il peggio deve ancora venire.
E l’Italia non sarà mai come Wuhan, che in queste ore si prepara ad uscire dell’isolamento. Zhang dice una cosa giusta quando sostiene che dovremmo prendere esempio dai cinesi che, fin da subito, hanno rispettato le direttive statali. Ma noi non siamo cinesi, anche se ci sentiamo i migliori del mondo. In mancanza di disciplina e senso di responsabilità non si può contare nemmeno sull’incisività dell’azione di governo, che inevitabilmente rispecchia limiti di una classe politica inadeguata. Forse arriverà il momento in cui si costringeranno i cittadini a restare a casa, obbligando ad indossare gli indumenti di protezione individuale a chi deve muoversi per necessità.
Basterebbe un mesetto in queste condizioni per isolare il Covid19, sarebbe comunque meglio che navigare a vista e rimandare qualcosa che a questo punto appare inevitabile.
Invece non si riesce nemmeno a fermare lo sport, figuriamoci un aperitivo in centro.
Di questi minuti il tentativo del Ministro Spadafora di fermare il campionato a cominciare dalla partita delle 12.30 tra Parma e Spal, per ora solo rimandata. Tuttavia il presidente della FIGC non se la sente, giusto per non lasciare dubbi sul fatto che siamo in mano a dei clown. E questo per sottolineare, ancora una volta, la difficoltà di decidere nella democrazia delle chiacchiere (e magari fosse una repubblica delle banane). In fondo è pur vero che “Gli italiani perdono le partite di calcio come se fossero guerre e perdono le guerre come se fossero partite di calcio” (Winston Churchill).