Ci troviamo ad aprile in una sfida che non avrei voluto. Poche chances contro questa squadra ispirata e convinta. Gioca un calcio arioso, chissà perché continuiamo con provinciale senso di sudditanza a chiamarlo europeo.
È un calcio italiano condotto da un allenatore italiano e che certamente non trascura la difesa, nostra vera gloria nazionale. La sua grande forza, a parte i due satanassi davanti davvero in stato di grazia, è data dal suo centrocampo, il più armonico e forte in assoluto, che protegge adeguatamente una difesa che trova nel granitico Kim e nei due esterni, fantastico Di Lorenzo ma soprattutto Rui nel suo anno migliore interpreti perfetti.
Possiamo sperare nei refoli tagliagambe di scirocco in questa meravigliosa città di cultura e di mare, amico del Ponentino che agisce maliziosamente, infiacchendole, sulle squadre romane.

Sembrerà strano, ma questa sfida, almeno per quello che posso ricordare, essendone praticamente non solo coetaneo ma pure conterraneo, pure di antiche famiglie amiche, desidero proprio farla partire dal Golden Boy, che ci castiga entrambi, non con il Napoli, ma praticamente sì. Quasi diciassentenne, in odore di Juve, poi soffiato alla Signora con il Pepe che obbliga Viani ad andarlo a prendere, proprio nell'aprile del 60 rifila una rete storica sul campo del Napoli che viene applaudita dallo sportivo pubblico partenopeo a scena aperta, una fucilata di potenza lanciata con la grazia di un cherubino.
Ma Gianni non si era limitato alla prodezza sul campo  partenopeo. Nello stesso campionato, a poco più di 16 anni, quest'anno ne compie 80, ahi ahi tempus fugit, nel settembre del '59 i suoi grigi ci rifilato tre pappine al Moccagatta, con 3 reti del funambolico Tacchi, il Khvara di allora, ispirato dai magici e imprevedibili lanci del Gianni. Incroci storici.
E Gianni entra di maturità e prepotenza nel secondo incrocio con i partenopei. Campionato '67-'68.
È l'inizio del magico ciclo Rocchiano che mi sta nel cuore, ma si sa che i vecchi sono nostalgici e la nostalgia è un grande antidoto alla rabbia, alla paura della fine e alla tristezza dei tempi sprecati.
Ma questa è la vita. Milan e Napoli. È un grande Napoli che arriva secondo piuttosto staccato. Ha un grande giocatore di centrocampo Montefusco e proprio José e Barison artefici nella prima Champions. Per non dimenticare Cane' il Politano/Lozano di allora. Al Fuorigrotta, allora si chiamava anche così, finisce 1 a 1 e a Milano, Rivera, sempre lui apre le danze, Paolone ci castiga, potente ala sinistra dal piede non fine ma di grande intensità, e solo il giovincello Pierin Prati, un poco ancora il Khvara di allora la chiude al 90esimo.

Strani gli incroci nel calcio.
E vengo al terzo amarcord e la chiudo perché i vecchi diventano noiosi. '86-'87, era del Berlusca, grande Napoli del Pibe de Oro. L'altro aurifero non c'è più e sarebbe stato bello vederli insieme sul campo. A Milano 0 a 0 ma al San Paolo il Pibe ci castiga. Altro incrocio, Virdis da' uno squillo guarda caso proprio ad aprile ma il Napoli festeggia uno scudetto strameritato come quest'anno.
E sempre perché il calcio è davvero uno scaramantico incrocio, sarà proprio Virdis in una partita storica e memorabile, l'anno successivo a portare il Milan allo scudetto. Ancora inizi di maggio, il primo. Il Pibe pur segnando non può nulla contro una squadra che gioca come il Napoli di oggi e ancora una volta il pubblico del San Paolo applaude la tecnica e la dimostrazione di un gioco superiore. È il Milan del visionario Sacchi, Italiano, prima che europeo. Nel Napoli ci sono dei grandissimi, Bruscolotti come Di Lorenzo, Bagni, Giordano, Careca e il divino Diego.

Sfide storiche. Si apre un altro ciclo? Chissà. 
Spalletti si nasconde, teme i corsi e ricorsi, fa bene, ma questa volta Napoli può davvero giocarsi la finale. E il vecchio diavolo sarà comunque un osso duro... Questo è certo!