La batracomiomachia è di scena.
Da un lato Antonio Cassano, dall’altro Josè Mourinho.

Ognuno di voi (lettori talmente sfaccendati da leggermi) decida per sé chi sia la rana e chi il topo; di certo, entrambi i combattenti sanno perfettamente quale ruolo giocare e quale utilità trarne.

L’uno fa lo streaming-guastatore, dispensando pronostici da Cassandro e lanciando frecciate da Cupido birichino. E son frecciate che fanno innamorare una moltitudine informe di appassionati, che gremiscono gli spalti eterei di arene, dove il sangue non scorre mai abbastanza. Un ruolo perfetto, il suo, perfettamente cucito addosso a un ex poeta maledetto del pallone, che oggi continua a campare di cassanate e cassandrate e a maledire a destra e a manca.  

Benedetto fu, invece, il giorno in cui Bobo Vieri s’inventò la sua Tv: una trovata più geniale del FantAntonio con gli scarpini, l’anti mainstream in salsa pallonara, il quartetto Cetra dell’opinionismo sportivo.
E il sorcietto Antonio spopola ancora. Si mette lì, acquattato e microfonato, ed ingaggia battaglie, che talvolta diventano cruente. 

Come quando fuori piove, anzi diluvia. Sì perché è diluvio universale, è tempesta, è calamità, è la guerra contro lo Special one. È acqua, aria, terra e fuoco che s'incontrano e si scontrano e viene giù il cielo, il mondo, il mare, tutti i luoghi e tutti i laghi. 

Anche lui gioca il suo ruolo, di allenatore a tutto tondo e rotondo come un cerchio che trova sempre la sua quadratura. Sempre.
Mou allena, Mou fa la formazione, Mou dirige dalla panchina, Mou fa il mercato, Mou fa opinione. E litiga, se c’è da litigare Mou litiga. Un po’ per carattere, un po’ per strategia, la rana nuota in ogni stagno possibile e immaginabile e gracida senza indugi, se da qualche tombino metropolitano o dalla campagna di provincia esce fuori un sorcetto a sfruculiarlo. Perché lo stagno è suo e nessuno può esserne re. 

Ed è un fiume in piena. Racconta fatti, svela segreti, conia detti, mescola lingue, idiomi e linguaggi… una tempesta! Una poggia di rane tipo Magnolia, che si abbatte sul malcapitato interlocutore e lo travolge di strafottente crudezza.
Vero o falso, giusto o sbagliato, bianco o nero, poco importa: sono gli anatemi di José e lui ci ha costruito sopra una carriera. Una carriera vincente. Perché Mou vince, per questo è speciale, perché alla fine vince sempre. 

Eccola qui, l’eterna battaglia tra topi e rane, tra l’irriverenza e l’arguzia, tra le parole in libertà e quelle misurate pure quando non lo sembrano. È Cassano contro Mourinho, è il talento sprecato contro l’intelligenza ben utilizzata. È il sole che, proponente, filtra dalla persiana, mentre l’uomo osserva tra le fessure e aspetta il momento giusto per contrattaccare.

E in mezzo ci stiamo noi, spettatori pazienti del pallone e delle sue batracomiomachie fuori campo. 
E in fondo ci piace anche per questo. Perché, cantava Renato Zero, “piuttosto che a una setta di porci è meglio un mondo in mano a sorci” … vallo a dire a Mou.