I Mondiali in Qatar hanno suscitato, giustamente, comprensibilmente, una enorme ondata di critiche. 15 mila operai morti per le condizioni pessime di lavoro per costruire degli stadi, non si possono cancellare con un goal o l'assist del secolo. La violazione dei diritti umani a partire dalle condizioni subite dalle persone omosessuali, non sono bazzecole.
Però, come accade sempre, il calcio giocato ad un certo punto prende il sopravvento e poi si dice mai più. Ma il mai più nei Mondiali è una presa in giro colossale. D'altronde se si vanno a vedere alcune edizioni della competizione più importante nel nostro Pianeta, per quanto riguarda il calcio, si è giocato in situazioni tutt'altro che concilianti con i diritti umani.

Come nell'Italia del dittatore fascista Mussolini, come nell'Argentina del dittatore Videla, come negli USA, dove si applica la pena di morte, come nella Russia del dittatore Putin, come in Qatar e come come accadrà nuovamente nel 2026 dove le critiche e le preoccupazioni sembrano essere focalizzate più sul format che sul fatto che per si giocherà in alcuni Stati degli USA dove ancora oggi si viene condannati a morte! Perchè negli USA la pena di morte esiste e non è meno grave del negazionismo per i diritti umani che esiste in Qatar o in Russia. Il calcio ed il sistema si sciacquano insieme la coscienza con gli spot, con gli slogan, con la fascia con scritto no razzismo o non discriminazioni. Parole vuote e prive di significato.

Insomma, forse ci si deve rassegnare al fatto che non cambierà mai niente, che ci sono interessi più importanti che prevalgono e prevarranno sempre e non resta che alzare bandiera bianca e concentrarsi sul calcio giocato? Probabilmente sì. Così è stato ad esempio in Russia, con i Mondiali più spettacolari degli ultimi anni, così è in Qatar, con i Mondiali meno entusiasmanti di sempre per il calcio giocato, a parte Messi, il resto è noia, è il nulla, è scontato e banale come finire in galera per esporre una bandiera LGBTQ+ negli stadi del Qatar costati 15 mila morti!