Il prossimo 20 Novembre si aprirà  la ventiduesima edizione del campionato mondiale di calcio maschile, anche conosciuta come FIFA World Champion. Quest'ultima è sicuramente una delle manifestazioni sportive più attese di sempre che mette a confronto tutte le migliori nazionali del mondo. Un torneo che siamo da sempre abituati a vivere durante la prima parte della stagione estiva, subito dopo la fine dei campionati nazionali dei club. Questa edizione sarà molto particolare, dato che andrà in scena in un periodo atipico come quello autunnale. Sicuramente non sarà solo questo a caratterizzare questo evento. Oltre al fatto che non ci sarà la nazionale italiana, una delle nazioni ad aver vinto di più in questa competizione dopo il Brasile, ciò che  rende peculiare, in negativo, è che verrà giocato in un paese, il Qatar, che ha fatto parlare molto di se generando molte polemiche su molteplici aspetti e tematiche.
Tra le tante, possiamo menzionare le critiche rivolte al paese che viene ritenuto molto arretrato, in cui la parità di genere sembra essere pura utopia, uno stato che nega i diritti umani, che è contro le persone gay. Riguardo quest'ultimo punto sono state pronunciate delle parole molto forti dall'ambasciatore dei Mondiali in Qatar che ha detto: “L’omosessualità è una malattia mentale". Dichiarazioni che fanno molto pensare, che rendono tristi e  vanno in maniera paradossale contro lo spirito e i valori dello sport che è da sempre sinonimo di libertà, passione ed un'unione.

Un altro aspetto è sicuramente quello dello sfruttamento. Per la prima volta la manifestazione si tiene in un Paese mediorientale e non sono mancate le polemiche relative al numero di operai morti nella costruzione degli stadi e di tutte le strutture che sono state predisposte per ospitare e intrattenere i tifosi. Quello che più fa impressione è un dato: 6.500 operai sono morti negli ultimi undici anni, da quando cioè il Paese ha iniziato una frenetica attività edilizia in preparazione al Mondiale. Ciò significa lavoro intensificato, uomini sfruttati, vite che valgono meno dei soldi.
Improvvisamente sembra di essere catapultati nell'epoca egizia, in cui gli schiavi venivano trattati nella stessa maniera per costruire le piramidi.
Questo accostamento dovrebbe richiamare la nostra attenzione e farci riflettere, ponendoci la seguente domanda: com'è possibile che viviamo nel ventunesimo secolo, ma è come se vivessimo nell'epoca dell'antico Egitto?