La stanza s’illuminò di un fioco bagliore proveniente dall’alto. Una luce debole, incapace di rivelare le fattezze dei vari membri del gruppo, ognuno seduto al proprio posto attorno alla grande tavola rotonda. Mino si avvicinò col suo fare orgoglioso, lo sguardo fermo e rigido, ma che dietro nascondeva un turbinio di emozioni difficili da controllare. Tutti si voltarono a guardarlo. Lui lo percerpì, anche se fu incapace di incontrarne lo sguardo. Sapeva perché era stato convocato d’urgenza. Lo sentiva sotto la pelle. Sebbene avesse cercato d’illudersi che la questione non avrebbe lasciato strascichi, alla fine aveva dovuto rassegnarsi all’evidenza dei fatti. E di ciò ne ebbe certezza quando, alzatosi in piedi, il suo pari posto esattamente all’altro capo del tavolo disse poche, ma gelide parole. 

- Hai fallito, Mino - 

Lo so, messa così sembra l’incipit di un thriller dei nostri tempi. Una situazione molto lontana da quella che potrebbe essere la realtà. Ma se per un attimo volessimo giocare con la fantasia - ed essendo appassionato di scrittura, un po’ ne ho da dispensare -, potremmo scoprire come la nostra immaginazione potrebbe ben dipingere cos’è il calcio al giorno d’oggi. 

Per quanto cerchiamo da tempo di smentire l’evidenza, lo sport che più amiamo oggi è ostaggio di una cerchia sempre più ristretta di persone. E, no, quando dico ciò non mi sto riferendo ai club e ai blasoni più importanti d’Europa. Proprio come nell’incipit romanzesco che mi sono permesso di proporvi, i veri despoti economici del calcio moderno tirano le fila dall’ombra che li cela, e questo nonostante siano tutti personaggi pubblici molto in vista. Se infatti quello dei procuratori non è ufficialmente un organo di potere occulto, de facto è sicuramente una cerchia assai potente, che da anni fa il bello e il cattivo tempo in termini di calciomercato. Richieste d’ingaggio sempre più esose. Commissioni di scambio che aumentano di un anno con l’altro. Trattative sempre più tenute sul filo del raosio, con la minaccia che se le cose non vanno secondo i loro piani, i loro assistiti se ne vanno senza lasciare un euro nelle casse del club. Questo e molto altro sono stati in grado di fare diversi procuratori - quelli più potenti e senza scrupoli almeno - portando degli effetti talmente deleteri che, non esagero a dirlo, sono i principali complici della decadenza che sta investendo l’intero settore. Decadenza segnata da uno squilibrio finanziario che si aggrava ogni stagione, con monte ingaggi che continuano a salire anche in epoca di pandemia, mentre i ricavi crollano e i conti non tornano. Da tempo club ed enti organizzatori cercano una soluzione a un problema che ora è impossibile nascondere, senza riuscire mai a trovare la giusta quadra. Anni fa, si cercò di liberalizzare la professione, credendo che permettere l’accesso a una platea più grande di professionisti avrebbe messo i bastoni tra le ruote agli oligarchi di settore. Il risultato fu deludente, tanto che ci volle poco prima che le istituzioni facessero una poderosa marcia indietro. Situazione che portò non pochi a pensare come, che piacesse o meno, contro il gigante Golia ci fosse poco da fare e che nessun Davide dal cuore impavido avrebbe potuto fare nulla. Questo sino a quando un certo Maldini, col Milan alle sue spalle, decise di compiere l’inaudito: sacrificare un proprio pupillo, perdendoci tra l’altro parecchio, pur di non assogettarsi più al volere del despota. Un gesto inaspettato quanto estremo, in quanto ciò ha comportato un enorme sacrificio da parte della società rossonera. Un sacrificio che però potrebbe rappresentare solamente l’inizio di una reazione a catena molto più ampia. Invece che trattarsi di un fatto isolato, mosso dall’insofferenza di un club stufo di essere vittima dei procuratori, quella del Milan potrebbe essere solo la prima tessera a cadere, con un po’ di fortuna e qualche solida alleanza, potrebbe dar via a un effetto domino di proporzioni ingenti. Un vero e proprio attacco al potere, di cui l'obiettivo finale sarebbe sovvertire i rapporti di forza che oggi muovono il calcio internazionale. 

Certo, smantellare l’attuale sistema comporterebbe comunque dei rischi. Di com’era messo il calcio prima delle legge Bosman si può dire tutto, tranne che fosse un sistema efficace. In quella lontana epoca, i calciatori erano - senza se e senza ma - assoggettati al volere unico delle società. Gli scambi avvenivano spesso senza il loro consenso e se qualcuno voleva svincolarsi da questo sistema, anche se si trovava in scadenza di contratto, doveva comunque arrivare a patti con il club di appartenenza. La riforma che seguì per qualche anno fu un vero e proprio toccasana per le sorti dei giocatori. Con l’andare del tempo però, l’ago della bilancia prese a spostarsi pericolosamente dalla parte di questi ultimi o, meglio ancora, di coloro che li rappresentano. Dall’essere schiavi delle società, i giocatori sono diventati servi consapevoli - e, perché no, compiaciuti - dei propri procuratori in grado di riempirli di grano. A rimetterci è stato l’intero sistema calcio che oggi, vicino alla fine di questa maledetta pandemia, vede il proprio mondo ridotto in macerie. E la ricostruzione, sempre che si possa realmente effettuare, sarà lunga e colma di ostacoli. 

Come ci ha insegnato il passato, leggi, normative e trattative collegiali servono a poco. L’unica cosa che potrebbe veramente scuotere il sistema, costringendo la nuova classe dominante a ravvedersi, è una forte presa di posizione da parte dei club. La mossa del Milan per ora è solo un sassolino gettato in un vasto oceano, ma che lascia viva ancora qualche speranza. Per volontà o necessità, molti club oggi colmi di debiti dovranno rivedere la propria struttura di costi. Il che, se il sistema non dovesse cambiare, significherà vedere perdere molti talenti, i quali potrebbero agglomerarsi tutti in pochi centri di potere calcistico, ovvero quei club in grado di indebitarsi sino ben oltre il mento. Alternativa a questa disastrosa situazione molto più orrida dello spauracchio superlega, potrebbe essere la creazione di un vero e proprio fronte contro il dominio dei procuratori. Se infatti ci è riuscito il Milan a prendere coraggio, la cui perdita di Donnarumma è stata un sofferto sacrificio, è mio parere che molte altre potrebbero unirsi a questa guerra fredda. Ovviamente, i club potranno ben poco senza la spalla solida delle istituzioni che, forti della volontà di diverse società, allora sì saranno in grado di legiferare norme solide in grado di dare una sterzata a questo sistema decadente. Se mi chiedete esattamente COME ciò possa accadere, mi duole ammettere che non sono un giurista né tantomeno sono fornito di sfera di cristallo. Detto ciò, si potrebbe cominciare promulgando un salary cap per gradi, che permette ai grandi Club - e non solo - di ridurre i propri monte ingaggi esorbitanti. In parallelo, il calcio giovanile e femminile hanno sempre più bisogno di risorse economiche per sostenersi: perché allora non ultra-tassare le commissioni richieste dai procuratori ai club, per trovare i fondi necessari? Ebbene sì signori miei, sto proponendo una vera e propria patrimoniale; per il lancio delle pietre dovete attendere solo qualche minuto. Nell’attesa potete intanto prendervi un caffé e mangiare una pizzetta al buffet. 
Scherzi a parte, quanto appena accaduto potrebbe tranquillamente esplodere e dissolversi come una bolla di sapone. Nulla è certo sulla lunga strada del nostro cammino. Tuttavia, per una volta qualcuno ha deciso di urlare con voce forte il proprio NO al sistema. E se la cosa dovesse diffondersi anche solo a pochi altri, quantomeno avremo modo di dire a noi stessi che, sì, è ancora possibile che tutto possa cambiare e il calcio possa sopravvivere. 

La seduta fu aggiornata come tutti si erano aspettati. Una semplice lavata di capo e una rapida revisione degli obiettivi di breve termine. Senza dire null’altro, tutti i partecipanti si ritirarono lasciando Mino solo con i suoi pensieri. Uno in particolare: una rivoluzione era alle porte. Lontana. Invisibile. Quasi solo una sensazione, eppure chiara e vivida di fronte ai suoi occhi…

Un abbraccio

Igor