Nel linguaggio tecnico con il termine “prospettiva” si intende una tecnica geometrica di rappresentazione delle immagini, attraverso cui è possibile osservare una figura sul piano. In quello comune, rappresenta invece la chiave di lettura per collocare nello spazio diversi punti di vista, che possono incastrarsi tra loro o respingersi come le tessere di un puzzle. 
Dal canto suo, il gioco del calcio simboleggia uno degli esempi più caratteristici di tale definizione, con orde di schieramenti avversi attorno all’importanza dei numeri, dei risultati, dell’intrinseco valore dell’intrattenimento in sé.  Parole che si inseguono, una dopo l’altra, spesso in rotta di collisione con la coerenza stessa di un discorso: la TV, i giornali, le pagine web, la radio, in ogni canale audiovisivo umanamente accessibile, arde la scintilla del dibattito.
Forse, è proprio la polemica, che da sempre ruota attorno a quella roteante sfera piena d’aria, la colonna portante di un meccanismo capace di generare continui spunti di interesse: se al contrario infatti, ci si limitasse ai complimenti nei confronti dei “vincitori”, si spegnerebbe tutto nel giro di un paio di click.

In Italia, sul fronte scudetto, la vittoria di misura nel lunch match delle 12:30 ha permesso al Milan di riprendersi la vetta a discapito dell’Inter, reduce da un pareggio allo Stadio Maradona di Napoli. I nerazzurri, rallentati da un calendario complesso, hanno lasciato troppi punti per strada, compresa la sconfitta nel derby, permettendo il sorpasso ai cugini rossoneri, trascinati da uno Stefano Pioli formato “special one”.
Quest’ultimo infatti, sembra che stia utilizzando una tattica psicologica simile a quella formulata da José Mourinho ormai una decina di anni fa, richiamando l’attenzione dei media su di sé, permettendo così ai propri calciatori di affrontare più serenamente le partite. Inoltre, se prima lo scudetto sembrava solo un sogno e non si perdeva mai occasione per ribadire che l’obiettivo dichiarato fosse il quarto posto, la situazione attuale appare totalmente rovesciata. 
Il linguaggio dell’allenatore rossonero non è più quello remissivo della scorsa stagione, adesso è aggressivo, veemente, quasi arrogante il più delle volte, attraverso frasi d’impatto come la massima “non siamo secondi a nessuno”
Un evidente segnale di come la sua squadra sia apertamente venuta fuori dal guscio, sentendo l’odore del sangue di un’avversaria più debole rispetto all’anno appena trascorso.
E così, a distanza di una stagione, lo stesso allenatore che prima proteggeva la propria squadra dalla bramosia di potere, adesso esce allo scoperto, diventando il generale dell’armata scudetto.
Un percorso mentale semplice, quasi banale, tipico dell’uomo medio, un personaggio incapace di andare incontro alle proprie ambizioni, poiché consapevole di non poterne sopportare il peso, qualora poi diventassero delusioni. 
Ad un certo punto che importa essere bollati come sovrani dell’incoerenza, che importa essere al centro della polemica, se poi alla fine, essa stessa è il fulcro di ogni gloria?
Che sia forse anche questa trasformazione un effetto della rivoluzione caratteriale indotta dal ritorno di Zlatan Ibrahimovic
Lui infatti, a differenza del proprio allenatore non si è mai nascosto, recitando il ruolo del leader fin dal primo momento: una coerenza nel tono, nel linguaggio, negli schemi comunicativi, che persiste fin da quando lo svedese era solo un ragazzino.

Se fino ad ora giocare a nascondino è stata la scelta più furba, adesso purtroppo non sarà più possibile, poiché quando decidi di fare la voce grossa non sono più ammessi passi indietro.