Nel calcio vige una legge insita nella stessa natura del gioco, che è sport di risultato e non di prestazione. Non conta creare occasioni né quante palle-gol metti insieme né come le crei. Non conta quanto arrivi vicino alla rete, se sfiori palo o traversa né se colpisci i legni né se è il portiere avversario a sventare il pericolo. Contano solo i gol e ne devi fare uno in più degli avversari o, al massimo, quanti ne fanno gli avversari, se ti basta il pareggio. Tutto il resto è fuffa, rave e fave, affari vari e perdite di tempo che hanno senso negli sport di prestazione, dove c'è una giuria. Lì si può discutere di tutto ed è il limite di quegli sport. Nel football, ed è il suo punto di forza, la devi mettere dentro e ieri sera il Napoli si è aggiudicato il confronto diretto contro il Milan grazie al legame naturale e inscindibile fra calcio e gol. Prima i partenopei hanno trasformato il penalty procurato dall'eccellente Kvaratskhelia. Poi hanno realizzato la rete della vittoria con un colpo di testa decisivo di Simeone. Il Milan ha destato un'ottima impressione di insieme, ma poiché non si trattava di ginnastica artistica, ai fini del risultato quell'ottima impressione vale quello che vale: un sacro tubazzo.

Nei due campionati precedenti, il Napoli aveva sempre vinto a San Siro, mentre il Milan aveva sempre preso i 3 punti al San Paolo. I partenopei hanno confermato il trend a loro favore anche per questa stagione. Toccherà al Milan, al ritorno, confermarlo a proprio vantaggio. Un obiettivo non facile, visto l'equilibrio di questa sfida che, come tutti i confronti diretti, è da tripla.
I rossoneri mancavano di Leao, ma hanno creato ugualmente diverse e valide occasioni da gol partendo da sinistra, come accade quando c'è il portoghese. E hanno realizzato decisamente meno di quanto creato, come accade loro a volte anche quando c'è Leao, che a sua volta non è uno stoccatore e spesso non finalizza a dovere le sue stesse invenzioni. Il Napoli non aveva Osimhen, ma ha realizzato lo stesso due gol. In un certo senso, l'impatto degli assenti sul match non è stato troppo rilevante.
Nel primo tempo, Kvaratskhelia ha costretto Calabria e Kjaer al fallo da ammonizione. Per questa ragione, nella ripresa, Pioli ha sostituito il danese con Kalulu.
L'impressione è stata che abbia sostituito anche Calabria con Dest per l'identico motivo, anche se il tecnico ha poi attribuito la sostituzione a un affaticamento muscolare. Forse Pioli ha detto la verità o forse no, magari proprio in quanto il neo-entrato Dest ha commesso il fallo da rigore che, nella ripresa, ha portato alla trasformazione di Politano. In ogni caso, qualunque ne sia stata la motivazione, la sostituzione di Calabria con Dest è stata opportuna quanto quella di Kjaer con Kalulu. I tifosi, infatti, che se la prendono con Dest per il fallo da rigore, dimenticano quanto Calabria abbia dovuto faticare contro l'avversario giorgiano. Questo signore è un pessimo cliente per qualunque difensore, per cui quel fallo da rigore avrebbe potuto causarlo anche lo stesso Calabria, magari prendendosi in aggiunta il secondo giallo e la conseguente espulsione. Per una volta, quindi, che Pioli è stato reattivo e ha letto bene la partita, non è il caso di criticarlo. Kvaratskhelia si sarebbe accanito dal lato di Calabria proprio per ottenere il secondo cartellino.

Spalletti ha giocato con successo una carta importante al rientro dopo i primi 45'. Ha mandato la squadra all'attacco per sorprendere gli avversari i quali, avendo attaccato per tutto il primo tempo, non si aspettavano la sortita partenopea. La mossa ha pagato in quanto ha portato al rigore trasformato da Politano. Eppure l'episodio decisivo non è stata questa mossa, come non lo è stato il conseguente rigore. Col Napoli in vantaggio, Pioli ha giocato subito la carta d'emergenza ovvero Diaz. Un po' perché il Napoli stava rifiatando in difesa e un po' per il desiderio di riscatto rossonero, il baricentro della partita si stava spostando nella metà campo azzurra. Diaz e Messias sono entrati poco dopo il 20' al posto di un ottimo Krunic e di Saelemaekers. Col Napoli arretrato, Diaz si è trovato per una fase di partita a galleggiare stabilmente in posizione più avanzata del solito, come era accaduto per ampi tratti del match contro la Dinamo e ciò ha disorientato i partenopei. Non solo, ma giocando più spostato a destra rispetto a Krunic, impiegato sulla mancina, Diaz ha liberato De Ketalaere sulla sinistra. Il belga lanciava Hernandez per il traversone che smarcava Giroud alla deviazione. Pari e patta, anche se solo temporaneamente.
Il problema è stato che, come sempre quando gioca Diaz, date la lunghezza del letto e quella della coperta, se la coperta è più corta del letto, qualche parte del letto stesso è destinata a rimanere scoperta. Poco dopo, infatti, Simeone ha difeso bene una palla fra tre avversari e, non avendo nessuno vicino, ha dato la sfera lunga indietro sulla mezza sinistra dei suoi, dove si trovava Mario Rui solo soletto e solingo. Il giocatore azzurro non era marcato da nessuno e aveva tutto il tempo di aggiustarsi la palla e darla lunga per la testa di Simeone. Tomori era sì in ritardo sul centravanti napoletano, ma il vero nodo stava tutto  nella prateria in cui si era trovato Mario Rui al momento del cross. Era la zona, la solita maledetta zona, di Brahim Diaz, per capirci.

Pioli aveva avuto una buona motivazione contingente per l'ingresso di Diaz. Il Milan, difatti, aveva subito un gol ed era già il secondo tempo. Il trascorrere dei minuti in svantaggio avrebbe innervosito la squadra, quindi il tecnico ha provato a giocare il jolly di un giocatore, Diaz, prettamente offensivo (dopo il gol, al 72° e al 74°, lo spagnolo tascabile si sarebbe fatto vedere ancora in zona medio-avanzata). Il problema era che, dopo il pareggio, iniziava la fase decisiva del match, nella quale la fascia mediana del territorio rossonero è stata riempita solo saltuariamente e a singhiozzo. Il campo lasciato a Mario Rui, che avrebbe potuto anche avanzare indisturbato per diversi metri e tirare dal limite dell'area, è stato eccessivo. La mossa Diaz, quindi, ha prodotto benefici immediati, svaniti poi rapidamente col passare dei minuti.
Nel finale è entrato Adli al posto di De Ketalaere, che magari era stanco, ma che a 20 anni potrebbe anche fare una partita intera. Forse non era il belga che doveva uscire, perché era Diaz che non serviva più in quei frangenti.
 Adli, comunque, si è battuto bene, anche se ha perso un contrasto a centrocampo che avrebbe dovuto vincere. In sostanza, tuttavia, ha dato l'impressione di essere un centrocampista di ruolo, seppure offensivo e non specializzato in interdizione, che al posto di Diaz e con De Ketalaere avrebbe garantito maggiore equilibrio senza perdere in inventiva.

Al fischio finale, i rossoneri potevano mettere sulla bilancia un solo gol rispetto ai due del Napoli. Certo avevano preso 2 traverse con Giroud e Kalulu, ma poiché non si gioca a calcio per colpire i legni della porta, di quelle traverse se ne è fatto la birra. Pioli dal canto suo, ha gestito bene i cambi a inizio ripresa e le critiche per l'uscita di Calabria vanno respinte come ingiuste e miopi. D'altro canto, pur non sbagliando in sé la sostituzione Krunic-Diaz, perché è arrivato il pareggio poco dopo, Pioli ha dimostrato di essere prigioniero dell'affetto calcistico che nutre nei confronti dello stesso Diaz. Lo spagnolo tascabile è bravo e serio, ma è una seconda punta che deve giocare in uno schema che lo faccia giostrare non lontano da Giroud per sfruttarne il lavoro. Il suo impiego a centrocampo, se può dare risultati in presenza di un certo atteggiamento degli avversari, nel complesso crea molti problemi e lo testimonia la libertà, vergognosamente sconcia, concessa a Mario Rui in occasione del gol partenopeo. E se capisco che il tecnico è Pioli e ha diritto di decidere, mi sento di dover segnalare, come faccio da tempo, che il tecnico è prigioniero dell'equivoco legato a Diaz. Tale equivoco costa punti e, alla lunga, risulta favorevole agli avversari. Adli ha bisogno ancora di crescere, ma è di ruolo a metà campo come Krunic.

In un certo senso, il pallone è davvero di Pioli, che ha diritto decidere chi è opportuno che giochi e quando, questo non si discute. Ma un equivoco tattico resta un equivoco tattico, a prescindere da chi ha portato il pallone.