Spesso sentiamo parlare della grinta di Gattuso. E’ diventata un segno distintivo della sua immagine – un autentico cavallo di battaglia. La grinta di Ringhio, sta ad indicare una determinazione particolare. Una sorta di “anema e core” – come direbbero gli amici napoletani.
Gattuso ha trasferito alla prima squadra gli stessi metodi di gestione del gruppo che per molti anni ha adottato con la Primavera rossonera. Metodi, sicuramente validi per i ragazzi, visti i risultati ottenuti, un po’ meno, forse, per guidare degli adulti, dei professionisti. Ma questo può essere opinabile.

Comunque il riferimento al suo modo di lavorare consente di analizzare da vicino la grinta di Gattuso. Che si estrinseca soprattutto in una grande gestualità mista ad una platealità, che in certi frangenti della gara lo fanno apparire come uno fuori dalla grazia di Dio.
Il Padreterno mi perdonerà per l’ardito accostamento.  
Insomma diciamo che  non  sembra azzardato parlare di una sorta di tendenza comportamentale alla Gattuso che si è trasferita alla squadra. Lo si nota guardando le partite, dal comportamento dei giocatori, dai contrasti di gioco, nelle rincorse dell’avversario, e dalla reazione, quasi sempre “focosa” alle decisioni dell’arbitro sul terreno di gioco, che vengono interpretate sempre come una ingiustizia subita.
Un esempio per tutti: la reazione di Gattuso verso il quarto uomo per un fallo laterale non accordato pochi secondi dopo l’inizio della partita di ieri sera.

Rino Gattuso, detto Ringhio, quest’anno è stato già messo in discussione diverse volte. Molti i nomi che sono circolati per la sua successione. Prima Antonio Conte, poi Arsene Wenger, l’ultimo papabile della serie.
Diciamo che i buoni risultati dell’ultimo periodo hanno fatto acchetare i rumors, ma l’orientamento della Dirigenza, meglio della Proprietà, secondo il parere dei più, è quella che il buon Rino faticherà ad arrivare alla fine della stagione, quando – sicuramente – verrà sostituito.
Sarà giusto? Forse sì, forse no. Gattuso, dal canto suo, sta studiando da grande tecnico: è già un buon allenatore, ma forse grande non lo diventerà mai. A meno che non decida di normalizzare la sua famosa “grinta”, ma in quel caso perderebbe anche l’appellativo di Ringhio.

Non c’è quindi da stupirsi se poi il Pipita Higuain combina un macello nel finale della partita per un  semplice cartellino giallo subito dall’arbitro.  Qualcuno adesso correrà subito a giustificare l’attaccante con la considerazione che era un ex col dente avvelenato – che va capito – che aveva voglia di rivalsa – che era arrabbiato perché aveva sbagliato il rigore e cose di questo genere.
Voglio dire, alla fine della corsa, che l’uomo che sta in panchina rappresenta un punto di riferimento dei giocatori in campo. E le loro  reazioni, a livello inconscio, di fronte ad un atteggiamento sobrio o davanti ad una gestualità accompagnata da un’espressione costantemente  esacerbata risultano sempre di segno opposto. Naturalmente è una considerazione di carattere generale.

Se la devo dire tutta, il buon Ringhio mi perdonerà, sulla panchina di una grande squadra vedo sempre un uomo con l’aplomb di gente come  Fabio Capello o  Alex Fergusson.