Fa discutere, e non poco, l’intervista rilasciata nelle ultime ore  da Gabriele Gravina a Sky Sport. In particolare ha sorpreso l’enfasi con la quale il presidente della Federcalcio ha parlato della ripartenza del nostro calcio. Come se si trattasse di una grande vittoria conseguita dalla FIGC. Già in precedenza, subito dopo l’incontro col ministro Spadafora, Gravina  si era espresso in questi termini: “La ripartenza del calcio rappresenta un messaggio di speranza per tutto il Paese. Sono felice e soddisfatto, è un successo che condivido con il ministro per lo Sport Spadafora e con tutte le componenti federali. Il nostro è un progetto di grande responsabilità perché investe tutto il mondo professionistico di Serie A, B, C e, auspicabilmente, anche la Serie A femminile". Concetti che poi ha ribadito, anche se con parole diverse, nell’intervista concessa ai colleghi di Sky.

Devo dire, con grande sincerità, che si fa una grande fatica a condividere l’entusiasmo del presidente della Federcalcio. Perché siamo gli ultimi in Europa (fra i campionati che contano) a riprendere a giocare. Inutile ricordare che la Bundesliga ha ripreso il 16 maggio scorso, la Liga spagnola riprenderà il prossimo 8 giugno. E la Premier inglese  tornerà in campo il 17 dello stesso mese. Non solo, ma siamo gli unici in Europa (55 Federazioni affiliate all’UEFA), ad aver  adottato un Protocollo sanitario che prevede la quarantena di tutto il “gruppo squadra” per due settimane, nel caso di un nuovo positivo. Per cui la ripartenza, ormai, si può considerare anche sicura; mentre la possibilità che il campionato possa arrivare alla conclusione appare quasi impossibile. Perché basta considerare che in ogni turno di campionato, si potranno mettere in movimento circa 3000 persone (300 per ogni partita). E di conseguenza le probabilità che ci scappi un nuovo positivo, sono molto alte.
Pertanto, in questo caso, scatterebbe automaticamente il piano B. Così lo ha definito il presidente Gravina, quello dei Play Off e dei Play Out.  Si tratta di un vecchio progetto, forse del primo pensato dal presidente Federale che lo aveva prospettato sin dall’inizio della crisi sanitaria. E che poi era stato accantonato, perché non lo voleva nessuno. Il progetto prevede la divisione della classifica attuale in tre fasce di cui la prima, destinata alla lotta scudetto, per la quale sono previste due opzioni. La prima prevede un Play Off tra le prime 6 squadre dell’attuale classifica. Mentre la seconda vedrebbe la partecipazione delle prime 8 squadre della graduatoria. E in entrambi i casi Juve e Lazio, partirebbero sempre dalle semifinali.Ad esempio, nell’ipotesi  delle 8 squadre entrerebbero nella lotta scudetto l’Hellas Verona (-28 dalla Juve), Milan (- 27 dalla Juve), Napoli (-24), ecc. E pensare di far rientrare nella lotta scudetto squadre che si trovano a distanze siderali dalla prima in classifica, sembra a livello sportivo, un vero controsenso.
Ma non finisce qui. Perché il presidente Federale ha parlato anche dell’esistenza di un piano C. Che entrerebbe in gioco, nel caso la situazione sanitaria dovesse precipitare e non fosse possibile giocare nemmeno i Play Off. A questo punto scatterebbe questo piano che prevederebbe la cristallizzazione della classifica al momento dello stop definitivo del campionato. E in questo caso verrebbero presi in considerazione i punti in classifica di ogni squadra, che moltiplicati per un algoritmo previsto dalla Federcalcio, determinerebbero la posizione finale della squadra.In proposito il presidente Federale ha precisato: “Nel caso in cui il campionato dovesse subire una interruzione definitiva (il piano C) bisognerà ricorrere ad un algoritmo che approveremo prima della partenza del campionato, lo proporremo al Consiglio Federale dell’ 8 giugno. Un algoritmo che terrà conto di diversi fattori, sempre legati a risultati e a elementi oggettivi della classifica di ciascuna squadra perché si arrivi alla definizione di questo campionato”.

E a questo punto si entra nel mistero più fitto. Nel senso che riuscire a capire le motivazioni dell’uso di un algoritmo per determinare una classifica , che è stata già determinata dal campo, diventa una sorta di rebus, quasi un giallo come se si dovesse individuare il colpevole all’inizio del racconto. Ad esempio, supponiamo che lo stop definitivo si verifichi quando mancano 5 partite alla fine del campionato. E ci sia una classifica già definita nei punteggi. Vale a dire che la prima in classifica (supponiamo) ha 60 punti. La seconda ne ha 59. E la terza ne ha 58. A questo punto, con l’impiego dell’algoritmo che cosa si fa? Voglio dire: la terza che ha 58 punti, moltiplicati per questo algoritmo può vincere lo scudetto? Non rimane che sperare nel meglio. Anche perché gli appassionati del calcio, dopo il Covid 19, non ce la farebbero a sopportare una cosa del genere.
In ultimo, sempre in merito alla ripresa, bisogna dire che ancora da parte della Federcalcio, non è stata spesa nemmeno una parola sulla possibilità di riaprire gli stadi ai tifosi. Mentre in altri paesi europei come la Polonia, Serbia e Ungheria, hanno già deciso di riaprire gli impianti. Ad esempio nel campionato polacco, dal prossimo 19 giugno sarà consentito l’ingresso negli stadi per una capienza ridotta al 25%, mentre in Ungheria hanno adottato il criterio di far occupare ai tifosi un posto ogni cinque previsti nello stadio.  
Quindi credo che la riapertura degli stadi sia possibile anche in Italia. Perché se si riaprono i ristoranti, i bar, le palestre, i centri benessere, e tra poche ore anche i cinema e i teatri, non si riesce a capire perché non vengono riaperti anche gli stadi del calcio. Naturalmente tenendo conto del distanziamento sociale e di tutte le regole necessarie. Dato che se è possibile fare jogging con un amico, mantenendo una distanza di due metri, la stessa cosa può essere fatta in uno stadio, dove si potrebbero individuare i posti da occupare incollando sui seggiolini magari dei triangolini colorati. E il rispetto delle regole potrebbe essere assicurato dagli steward  presenti in ogni impianto.
Tra l’altro, la presenza del pubblico, non solo ridarebbe linfa allo spettacolo in sé, ma rappresenterebbe un’autentica boccata d’ossigeno per tutte le società. E in particolare per quelle della Lega Pro che non percepiscono nemmeno un euro dai diritti televisivi e che sono quelle destinate  a dover fare la maggiore fatica nella ripresa del nostro calcio.