Sinceramente ci si aspettava un’altra Juve. Infatti alla vigilia era stato facile pronosticarla nettamente favorita per la vittoria finale. Era la classifica (+ 24 sul Napoli) che autorizzava la previsione. Non solo, ma anche la maggiore esperienza internazionale e una indiscutibile superiorità tecnica, giustificavano ed avvaloravano ampiamente il pronostico. Ma il campo come al solito ha smentito i facili pronostici e le velleità bianconere, e ci ha fornito un verdetto chiaro e inequivocabile. Nel senso che ha vinto la squadra che si è dimostrata migliore. E la  vittoria, oltre ad essere meritata, non fa una piega.

La Juve aveva gettato fumo negli occhi in quei 20-30 minuti iniziali contro il Milan, dove aveva messo in evidenza un discreto palleggio e aveva dato l’illusione di poter disporre a piacimento del suo avversario. Ma oggi a mente fredda, dopo quello che si è visto contro il Napoli, si può dire che era stato un fuoco di paglia; probabilmente favorito anche da un certo timore reverenziale del Milan, che poi è andato via via scemando nel corso della gara. Insomma, la vera verità è che la Juve ha giocato decisamente male. Forse una delle peggiori, se non la peggiore partita dell’anno. Al contrario del Napoli, che ha confermato alla grande quanto di buono aveva fatto vedere contro l’Inter.
Vale a dire una disposizione tattica quasi perfetta, con la quale ha facilmente imbrigliato il palleggio spesso stucchevole della Juve. E poi la migliore condizione atletica e la grande voglia di vincere  hanno finito per fare la differenza. E il merito è quasi tutto di Gattuso, che a livello tattico  ha saputo leggere meglio di Sarri la partita. E ha saputo dare grande motivazione alla squadra, che nella Juve non si è vista. Tanto che se avesse vinto prima di arrivare ai calci di rigore, non ci sarebbe stato niente da ridire. Quindi onore a questo Napoli plasmato e targato Ringhio Gattuso. E onore anche ad Andrea Agnelli, che ha effettuato insieme al presidente ADL la premiazione dei giocatori del Napoli.
Si è trattato di un magnifico quadro, che riavvicina il calcio al cuore della gente. Soprattutto in un momento come quello che stiamo vivendo. Quasi una forma, se vogliamo nuova di fratellanza, non solo sportiva. Forse è la prima volta nella storia del calcio mondiale che due presidenti, il vincitore e il vinto, procedono insieme e col sorriso sulle labbra, alla consegna delle medaglie e del trofeo. Entrambi meritano un plauso. A cominciare da Aurelio De Laurentiis che ha avuto l’idea e per finire ad Agnelli che ha accettato di buon grado.

Ma al di là degli elogi al suo presidente, per la Juve si tratta di una sconfitta pesante, che rischia di lasciare tracce evidenti nel prosieguo della stagione. E che forse non è del tutto inaspettata, e che probabilmente viene da lontano. Vale a dire che arriva da una scelta (forse la seconda, se non addirittura la terza scelta) di un allenatore nuovo che è stata fatta in estate. E da un mercato invernale che si è rivelato “sciagurato” (vedi la cessione di Mandzukic).Purtroppo nel calcio, come nella vita, i nodi finiscono sempre per arrivare al pettine. Inutile ricordare che la Juve, dopo aver ingenerosamente liquidato Max Allegri, abbia fortemente inseguito Pep Guardiola, e non solo. E abbia poi dovuto virare su Maurizio Sarri; che non è stato accolto con canti e balli dal popolo bianconero. E che nonostante qualche tempo fa abbia dichiarato di sentirsi un “po’ gobbo” (come gli ultras bianconeri), non ha mai scaldato veramente il cuore della zebra. E la ragione è semplice: il gioco, dopo quasi un anno di lavoro, non si vede. E del famoso Sarrismo non se ne vede nemmeno l’ombra. Non solo, ma la squadra gioca decisamente male e sicuramente peggio di quella che ha lasciato Allegri.
Questa Juve non ha né capo né coda; perché se la vedi in fase difensiva ti dà sempre l’impressione di poter prendere goal. Mentre a livello offensivo non hai quasi mai la sensazione che possa fare goal. E' una squadra che pratica un palleggio per vie centrali e sulla trequarti campo,  che spesso risulta fine a se stesso; nel senso che finisce per non avere sbocchi. Inoltre non ha gioco sulle fasce laterali che vengono sfruttate pochissimo. E soprattutto non ha un punto riferimento in area di rigore. Vale a dire che non dispone di un centravanti vero. Di una prima punta che sappia dare profondità al gioco della squadra e che sappia creare spazio alle iniziative di Dybala e di CR7.
E poi, a dirla tutta, la squadra non gioca con quel sacro furore della passione e della determinazione, che ad esempio hanno messo in mostra i giocatori di Ringhio Gattuso. Insomma è una Juve che sotto certi aspetti sorprende. Ma in negativo, perché sembrava che tutto gli fosse favorevole. A cominciare dal calendario che gli proponeva prima la Coppa Italia, poi il campionato e nel finale la Champions. Anche Sarri, nei giorni scorsi aveva parlato di calendario favorevole. E aveva sottolineato che la possibilità di potersi concentrare su un impegno alla volta rappresentava  sicuramente un vantaggio. Naturalmente è presto per tirare le somme o per intentare processi. Ma è evidente che questo secondo insuccesso stagionale ( dopo aver perso la supercoppa nel dicembre scorso contro la Lazio), mettono già un segno meno al cammino della stagione bianconera. Certo restano le due competizioni più importanti, vale a dire campionato e Champions.

Ma se la condizione psico fisica della squadra è questa, non si possono fare certo salti di gioia. Perché la Lazio, che tra l’altro non ha avuto e non avrà altro tipo di impegno, si trova ad un solo punto di distanza. E resta ancora da disputare lo scontro diretto, che è vero è in programma allo Stadium. Ma giocando a porte chiuse e quindi senza il vantaggio del fattore campo, è come se il match si disputasse in campo neutro. Infatti basta vedere quello che sta accadendo in Bundesliga, dove si stanno registrando molte più  vittorie in trasferta  rispetto al passato con il pubblico, e dove il fattore campo in pratica risulta completamente azzerato. Inoltre non va dimenticato l’Inter di Antonio Conte, che nonostante i nove punti di ritardo (anche se tre potrebbero essere recuperati nel match con la Sampdoria sabato prossimo), resta pur sempre un avversario da non sottovalutare. E che potrebbe anche rientrare nella lotta per il titolo, soprattutto se davanti si dovesse rallentare l’andatura.
Infine resta la Champions, dove la Juve è attesa dal match di ritorno con il Lione. Si tratta di una partita che appare scontata, sulla carta. Come quella che sembrava col Napoli. Ma che potrebbe rivelarsi un vero e proprio tranello; perché la squadra di Garcia non ha nulla da perdere, e come quella di Gattuso, muore dalla voglia di fare un brutto scherzo agli uomini in bianconero. Non solo sarà difficile battere il Lione. Ma se la Juve resterà anche una lontana parente di quella vista contro il Napoli; difficilmente potrà sperare di vincere  su gara secca quarti di finale, semifinale, e finale della Champions.
E tutto questo senza essere pessimisti (nei confronti dei tifosi bianconeri). Ma solo con grande onesta intellettuale.