Questo nuovo campionato (a porte chiuse), dato che è innegabile che rispetto a quello pre-Covid 19 (con i tifosi) è un’altra cosa, sta facendo emergere delle nuove verità. Una di queste riguarda il valore tecnico delle squadre, che in questo secondo campionato da poco avviato, emerge con maggiore frequenza, quasi con una certa sistematicità. Vale a dire che le partite finiscono per essere vinte, quasi sempre, ma siamo molto vicini alla parola, sempre, dalle squadre che sulla carta vengono accreditate di una maggiore qualità tecnica. Infatti si tratta di un dato che sta emergendo sempre più con chiarezza, e rappresenta, forse, una delle maggiori se non la maggiore novità di questo nuovo calcio.

Infatti in queste prime tre giornate del post virus ci sono state poche sorprese, e forse tra le più eclatanti si possono considerare il pareggio del Sassuolo con l’Inter a San Siro. Oppure quello del Milan con la Spal. Per il resto si fa fatica a trovare risultati a sorpresa. Nel senso che la vittoria delle squadre più forti a livello tecnico (sulla carta) si è quasi sempre concretizzata. E il motivo di tutto questo è legato con molta probabilità al fattore campo; che con le porte chiuse - in pratica - è stato completamente azzerato. E non è un caso che fino ad ora si siano segnati molti più goal rispetto a quanto accadeva prima del lockdown. Proprio perché la mancanza del pubblico, sotto certi aspetti, mette la squadra che gioca in trasferta nelle stesse condizioni psicologiche della squadra che gioca in casa. In pratica, questo nuovo campionato ha azzerato le partite in casa e quelle in trasferta, ed è come se tutte le partite si giocassero in campo neutro. Insomma il fattore campo, vale a dire l’aiuto del pubblico amico fra le mura di casa, non esiste più. Per cui non esiste più lo spettro di dover giocare ad esempio al Camp Nou, dove è atteso il Napoli nel retour match col Barcellona negli ottavi di Champions. E va da sé che questa novità, se così si può chiamare, rappresenta un vantaggio non da poco;  che naturalmente nel caso della formazione italiana non può che farci piacere. Ma è innegabile che l’aver azzerato il fattore campo, non solo ha cambiato il calcio al quale da oltre un secolo ci eravamo abituati, ma, se vogliamo, ha dato vita ad un nuovo tipo di calcio. I cui effetti e la cui entità ancora non è possibile quantificare. Vale a dire, il fattore campo quanto incideva sul risultato delle partite e di conseguenza sul campionato? E quali sono i criteri da prendere in considerazione per stabilirne con certezza la sua grandezza in termini di percentuale? Due domande che solleticano non solo la nostra curiosità, di modesti addetti ai lavori, ma soprattutto quella dei tifosi, che bramano di tornare quanto prima a fornire il loro aiuto alla squadra del cuore.

Un’altra “verità” che sta emergendo riguarda la direzione di gara da parte degli arbitri, i quali in assenza del frastuono che di solito proviene dai tifosi presenti allo stadio, stanno dimostrando nelle loro performance una puntualità e una accortezza maggiori, rispetto al periodo precedente (quello con i tifosi). Nel senso che gli arbitri, non subendo affatto l’effetto emozionale legato alla presenza del pubblico, si vengono a trovare nelle condizioni psicologiche ottimali per poter dirigere al meglio le partite. E forse il fatto che da quando si è ripreso a giocare si siano assegnati anche molti calci di rigore non è un caso. Ma potrebbe essere la risultante di un'applicazione diversa e di una concentrazione totale. Certo, potrà sembrare strano che un arbitro possa subire a livello emotivo la presenza del pubblico. Ma anche gli arbitri, essendo uomini, sono soggetti alle emozioni come qualsiasi altro essere umano. Naturalmente fino ad ora siamo a livello di sensazione; vale a dire che ancora non ci sono dati concreti grazie ai quali si possa affermare che senza la presenza dei pubblico, un arbitro, in generale, possa arbitrare meglio. Ma si tratta di una sensazione che va in quella direzione.

L’ultima verità riguarda gli allenatori del campionato. E in particolare quelli che vengono squalificati dal Giudice Sportivo. Recentemente abbiamo registrato i casi di Antonio Conte (squalificato nella partita interna col Sassuolo). E quello di Simone Inzaghi, appiedato dalla Giudice nel match vinto dalla Lazio contro il Torino. In entrambi i casi abbiamo visto i due tecnici seduti in tribuna, ad una distanza di circa 20-30 metri dal campo di gioco e dalla quale hanno potuto gridare e richiamare i propri giocatori. E nella sostanza hanno potuto guidare la propria squadra. Come se  la squalifica inflitta dal Giudice Sportivo non fosse esistita. Naturalmente non è la prima volta che succede. Lo sapevamo già. Da sempre, succede questo. E nessuno se n’è mai preoccupato. Tanto che ognuno di noi lo ha sempre accettato come un fatto normale.
Ma l’assenza del pubblico ha evidenziato il “problema”. Vale a dire: che senso ha squalificare un allenatore per una o più partite se poi gli si consente, a pochi metri di distanza, di continuare a fare tranquillamente il suo lavoro? E’ evidente che si tratta di un’anomalia della nostra Giustizia Sportiva o forse sarebbe meglio dire, del nostro vecchio sistema calcio. Se un allenatore ha subito una squalifica; nel senso che è stato punito per aver commesso un’infrazione, non può e non deve poter continuare a svolgere il proprio lavoro. Altrimenti, non solo viene sminuito il valore e lo scopo della Giustizia Sportiva, che è quello di applicare delle regole comportamentali che devono valere per tutti gli addetti ai lavori. Ma soprattutto viene sminuito il valore etico dello sport.
Di conseguenza, urge una modifica del regolamento della nostra Giustizia Sportiva. Vale a dire una nuova norma che preveda che un qualsiasi tesserato (allenatore, giocatore, ecc), se soggetto a squalifica, non può e non deve accedere allo stadio. Perché sedere in tribuna con telefonini a portata di mano, e soprattutto con la possibilità di poter interagire con il campo di gioco direttamente e a voce, sinceramente,  sembra quanto meno una cosa risibile. Non solo. Ma ne va di mezzo, sotto certi aspetti, anche la stessa credibilità, del nostro sistema calcio.