Con il posticipo della durata dei contratti dei calciatori, la FIFA ha risolto quello che sembrava in prima istanza un problema irrisolvibile per la ripresa e il completamento del campionato di Serie A. Infatti si è parlato a lungo del 30 giugno come una sorta di deadline insormontabile. E l’idea che si potesse sforare quella data prestava già il fianco all’ipotesi, che se lo sforamento fosse avvenuto veramente, il calcio, anziché sul campo, si sarebbe giocato soprattutto nei tribunali.
Quindi la FIFA ha liberato veramente “il campo” per fare sì che si possa tornare a giocare e completare i campionati nazionali e a ruota le coppe europee senza limiti di tempo; perché i contratti in essere resteranno in vigore fino a quando la stagione non sarà terminata. E lo stesso principio verrà applicato anche ai contratti che riguardano la prossima stagione. Per cui questi accordi entreranno in vigore solo al momento dell’effettivo inizio della stagione ventura.

Pertanto adesso la parola passa al Covid 19 e successivamente al Governo e alla FIGC. Nel senso che in base all’andamento dell’emergenza sanitaria, spetterà alle Istituzioni l’onere di stabilire le date per la ripresa degli allenamenti e quella ancora più complicata per la ripartenza del campionato.
E in proposito alcuni Media hanno già formulato almeno due ipotesi che a prima vista sembrano quantomeno bizzarre, ma che potrebbero rivelarsi - se l’emergenza Covid 19 non dovesse arretrare nemmeno di un millimetro -  come una soluzione possibile per il completamento del campionato. Si tratta di ipotesi che prevedono entrambe di concentrare le 20 squadre che partecipano alla Serie A in una località ben precisa, all’interno della quale si dovrebbero far disputare le restanti 124 partite che ancora mancano alla conclusione del campionato.
L’idea è nata da una iniziativa della NBA americana, che per completare il campionato di basket al sicuro dal Coronavirus, avrebbe pensato di affittare la città di Las Vegas, dove concentrare le squadre che partecipano al torneo e metterle tutte in quarantena per due settimane. E poi, una volta raggiunta l’immunità da parte di tutti i giocatori, si tornerebbe a giocare e si potrebbero disputare le partite che ancora mancano per completare la stagione 2019-2020 della NBA.
La stessa cosa si vorrebbe fare in Italia con la nostra Serie A. E le due ipotesi fino ad ora formulate prevederebbero di concentrare tutte le squadre nella regione Molise oppure nientemeno che a Roma. E il motivo di queste scelte sarebbe stato dettato dal basso numero di contagi che si è verificato fino ad ora nelle due realtà territoriali rispetto al resto dell’Italia. Per cui una volta effettuata la scelta, e naturalmente dopo che ogni squadra abbia risolto tutti i problemi di quarantena dei propri giocatori, si darebbe il via alle partite giocate. E la bizzarria sta tutta qui. Perché per poter giocare quasi in contemporanea 10 partite per ogni turno di campionato si dovrebbero utilizzare anche campi di calcio dove di solito giocano squadre che partecipano a campionati dilettanti (1-°2°-3° categoria - promozione regionale, ecc.).
Certo per il pubblico non ci sarebbe alcun  problema, dato che sicuramente le partite dovranno essere giocate tutte a porte chiuse. Ma pensare che squadre come Juve, Lazio, Inter e via dicendo, si possano adattare a giocare in campi di calcio dove di solito ci sono spogliatoi angusti,  e  dove spesso si riscontrano i problemi anche del semplice riscaldamento dell’acqua per le docce, sinceramente la vedo dura. E non tanto per lo spirito di adattamento dei calciatori, che già di per se sarebbe alquanto difficoltoso. Ma per le norme igienico sanitarie,  e soprattutto per il rispetto delle regole del distanziamento sociale  che in situazioni di questo genere sarebbe praticamente impossibile da osservare.

Sinceramente, spero tanto che non si arrivi mai ad una soluzione di questo genere. Meglio aspettare magari qualche mese in più, nella speranza che l’emergenza da Covid 19 possa quantomeno rallentare. E poi tornare a giocare nelle condizioni il più possibile simili a quelle che abbiamo lasciato. Siamo già preparati al fatto che le condizioni precedenti non torneranno più. Ma, anche in questa situazione psicologica precaria, dobbiamo fare in modo che il nuovo che dovremo affrontare sia il meno debilitante possibile. E che non ci costringa a ricominciare veramente daccapo. Perché correremmo il rischio di non farcela.  

Intanto le squadre si stanno già organizzando per fare rientrare in Italia i giocatori che sono tornati nelle rispettive nazioni. La Juve (9) e l’Inter (7) sono le squadre con il maggior numero di defezioni. E con ogni probabilità tutti rientreranno alla base subito dopo Pasqua, per poter scontare la quarantena obbligatoria di 2 settimane, e per  potersi riaggregare ai compagni di squadra.

E si muove anche la FIGC. Infatti nelle ultime ore si è riunita in video conferenza la Commissione Medica Federale, presieduta dal prof. Paolo Zeppilli, per l’analisi e la definizione di un protocollo di garanzia per il mondo del calcio in merito alla ripresa dell’attività sportiva. Il presidente della FIGC Gabriele Gravina ha introdotto i lavori e fra le altre cose ha dichiarato:”  Per il ruolo che il calcio ricopre, sono convinto che potremo dare un contributo importante a tutto il paese”. Poi ha proseguito mettendo in risalto che: “ l’obiettivo della Federazione è quello di tutelare la salute degli atleti, degli arbitri, dei componenti degli staff e di tutti gli addetti ai lavori” E ha concluso il suo intervento con l’auspicio che: “Se e quando dovessimo avere luce verde per una graduale ripartenza,  il mondo del calcio si deve far trovare pronto”.

La Commissione Medica Federale ha ultimato i lavori con la presentazione di una bozza per il settore professionistico nella quale vengono indicate le modalità da seguire per la formazione della squadra. E per seguire a livello clinico i componenti dell’intera rosa (calciatori, allenatori, medici, fisioterapisti, magazzinieri, ecc.). Non solo, ma prevede anche tutta una serie di  esami diagnostici da effettuare a cura del medico sociale e del medico di squadra (test molecolari, test sierologici, esami del sangue generali, ecc.).

Insomma, la macchina del calcio sta cercando di mettere a punto il motore, nella speranza che il Covid 19 gli conceda una tregua, e gli consenta di mettere nel serbatoio “il carburante necessario".



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