Ci siamo quasi. Tra poche ore allo Stadium tornerà a rotolare il pallone.
Si ricomincia con Juve-Milan e con in palio la finale di Coppa Italia. Sono trascorsi 94 giorni dall’inizio del lockdown e per quanto è successo a causa del Covid 19, non ci sembra nemmeno vero che si possa tornare a giocare al calcio. Come prima. Perché il mondo si è capovolto, e la nostra vita è cambiata. E anche il calcio non se la passa tanto meglio. Niente strette di mano ad inizio gara. Niente abbracci dopo un goal, niente pubblico sugli spalti. Quello che ci aspetta è un calcio “asfittico”. E’ come se gli mancasse un po’ l’aria. Perché gli vengono a mancare quegli elementi che lo  hanno reso e che ne fanno lo sport più bello del mondo. E adesso, a causa del Coronavirus, è diventato il calcio a porte chiuse. Anche se non mancano i tentativi per cercare di “ripristinare” lo spettacolo che era in grado di offrire il “vecchio” calcio. Come in Bundesliga, dove come si è visto, hanno pensato di mettere sulle tribune  dei cartonati al posto dei tifosi. Vale a dire dei cartoni con l’immagine degli spettatori, allo scopo di simularne la presenza. Per fortuna, in questo caso, che ci sono le TV, che sono diventate come una sorta di ossigeno per la sopravvivenza di questo sport. Perché senza di loro, avremmo rischiato di rivedere il calcio probabilmente solo dopo la scoperta del vaccino per il Covid 19.
Anche se a dire il vero si sta tentando in tutti i modi di riportare il pubblico negli stadi. La Juve ha già chiesto alla Federazione di poter far tornare i tifosi allo Stadium, e lo hanno fatto anche il Sassuolo e il Cagliari. Insomma c’è una gran voglia di ritornare alla vecchia normalità.
Quella che si sta cercando anche al Milan. Ma questa è una normalità che riguarda l’assetto e la gestione della Società, che forse mai come in questo momento è stata messa in discussione. Perlomeno da quando il Fondo Elliott ne ha acquisito la proprietà. E l’incontro/scontro che c’è stato nelle ultime ore a Milanello fra l’AD Gazidis e Ibraimovic ne è una dimostrazione lampante. Nel senso che ha riportato sotto la luce dei riflettori tutta quella serie di decisioni che ha preso la Società in questa stagione, che hanno creato un grande malumore in seno alla tifoseria rossonera. Basta pensare all’allontanamento di Boban, che solo un anno fa era stato scelto proprio da Gazidis per guidare l’area tecnica, insieme a Maldini. Oppure alla scelta di Rangnick come nuovo direttore sportivo/allenatore della prossima stagione, che in pratica ha esautorato il ruolo e la figura sia dello stesso Maldini che di Stefano Pioli. Pare che Ibra abbia rimproverato a Gazidis la scarsa presenza a Milanello. Ma credo che la scelta di incontrare la squadra per parlare di riduzione degli stipendi sia ancora più grave. Perché alla vigilia di una partita che risulta fondamentale per la stagione, non si va a comunicare ai giocatori che gli darai meno soldi. Ma, al contrario, per cercare di caricarli, gli proponi quanto meno un premio.
Insomma è un Milan “incerottato” quello che si appresta ad affrontare la Juve allo Stadium. Sia fuori che dentro al campo, dove la situazione non è tanto migliore; perché le assenze di Ibra, Castillejo e Hernandez, pesano come un macigno. Soprattutto quella di Ibra, che è il faro della squadra, e non solo del reparto offensivo. Comunque Pioli da diversi giorni sta provando la soluzione alternativa che prevede l’impiego di Rebic come unica  punta; con dietro un trio di trequartisti formato da Chalanoglu, Paquetà e Bonaventura. Sono affidate a loro e all’iper offensivo  assetto tattico (sulla carta) del 4-2-3-1, le speranze di ribaltare il pronostico della vigilia che vede la Juve nettamente favorita. Infatti ai bianconeri, potrebbe bastare anche un salomonico 0-0, per ritrovarsi nella finale del 17 giugno.

Comunque anche la Juve ha i suoi problemi. Anche se la pandemia del Covid 19, si è rivelata in questo caso una buona alleata, perché ne ha fatto scemare il ricordo e li ha fatti entrare nel dimenticatoio. A cominciare da quello della permanenza di Maurizio Sarri sulla panchina bianconera per la prossima stagione. Una permanenza che era stata messa fortemente in discussione all’indomani della sconfitta col Lione in Champions. E nonostante che poi ci sia stata la convincente vittoria sull’Inter in campionato, la situazione nell’ambiente bianconero non è che sia cambiata poi tanto. Anzi, tutt’altro. Per cui la partita di ritorno con il Lione rappresenta la vera cartina di tornasole di tutta la stagione bianconera. E sarà probabilmente l’esito di quella gara a decidere il futuro di Maurizio Sarri. Infatti, in caso di sconfitta, sarà molto difficile che la Juve, che ha come obiettivo stagionale proprio la Champions, lo possa confermare sulla panchina anche per il prossimo anno.  

Quindi si può dire che se il Milan non ride, la Juve non gode. Comunque i bianconeri, al di là della situazione che riguarda il futuro di Sarri, sul piano tecnico sembrano arrivare a questa semifinale di Coppa Italia in condizioni migliori. Certo l’assenza di Higuain pesa, perché è vero che Sarri avrebbe comunque puntato sul tridente Douglas Costa, Dybala, e CR7. Ma senza il Pipita verrà a mancare l’unica vera alternativa a disposizione per l’attacco. E si potrebbe rivelare un bel problema. Inoltre Sarri non sembra ancora aver risolto tutti i suoi dubbi sulla formazione da mandare in campo. Quello che è certo è che confermerà il suo ormai  canonico 4-3-3. Ma qualche interprete è ancora in discussione come ad esempio a centrocampo dove il ruolo di regista, che sembrava di sicuro affidato a Bentancur, è tornato nelle ultime ore in ballottaggio. E vede Pjanic in grande risalita nelle gerarchie del tecnico bianconero. Staremo a vedere, anche se credo che finirà per giocare il giovane uruguagio.

In conclusione si può dire che ci si avvicina a questa “ripresa” con una sensazione che è un misto di attesa e di circospezione. Ed in fondo predomina la “paura”, che un imprevisto possa rovinare tutto. Nel senso che possa sbucare fuori un nuovo positivo e che la stagione non possa essere terminata regolarmente. E si debba ricorrerre a quei piani B (Play Off e Play Out) e C (Algoritmo), tanto decantati dal presidente della Federcalcio Gabriele Gravina. Il quale, nell’ultimo Consiglio Federale, ha visto trionfare tutta la sua linea politica; ma ne ha messo a nudo anche la grande contraddizione che si trascina dietro. Vale a dire che tutte le decisioni assunte riguardano soprattutto la serie A, che è il nostro campionato più importante. E nella votazione finale del Consiglio, gli unici rappresentanti che hanno votato contro la linea di Gravina sono stati proprio quelli della Serie A.
Non ci resta, in generale, che sperare nella buona sorte. Infatti, per finire regolarmente la stagione bisognerà fare affidamento soprattutto sul letargo del Covid 19. Altrimenti ci dovremo sorbettare il trilling degli spareggi o addirittura l’alchimia dell’algoritmo.
Buon calcio a tutti…