Giocare o non giocare? Completare il campionato, come viene richiesto da UEFA e FIFA, oppure  chiudere ”baracca e burattini” e pensare alla prossima stagione? 
E’questa la grande disputa che sta catalizzando l’attenzione di tutti i Media nazionali. E nella disputa, come succede sempre in Italia, si confrontano due partiti, e la cosa strana è che sono quasi della stessa grandezza.

Ma ancora più strana appare la posizione del capo dello sport italiano (CONI) Giovanni Malagò, che in diverse occasioni si è già espresso “non a favore” della ripresa del calcio. Non solo, ma si è distinto pure per essere uscito dal seminato, vale a dire per aver sconfinato dalle sue competenze, in almeno due occasioni.
La prima quando ha messo il naso sui diritti televisivi della Serie A, che sono i soldi che vengono pagati dalle televisioni (Sky e Dazn) ai Club che partecipano al nostro massimo campionato. Soldi sui quali si regge quasi tutta l’architettura del sistema calcio italiano. E che se non ci fossero, con ogni probabilità, non ci sarebbe il calcio, perlomeno ai livelli che conosciamo. E probabilmente non ci sarebbero nemmeno gli altri sport nazionali.
E la seconda, ancora più clamorosa (l’ultima in ordine cronologico), quando ha detto che il calcio oltre alla ripresa e al completamento del campionato, deve avere un piano B. Il quale deve prevedere l’assegnazione dei posti Champions ed E.League, le promozioni e le  retrocessioni. E la: “non assegnazione dello scudetto”. Incredibile ma vero. Ha detto proprio così. C’è da chiedersi a che titolo lo abbia fatto. Nel senso che sarebbe bello poter capire sulla base di quale considerazione abbia deciso di sentenziare una cosa del genere. Come se in Italia non ci fosse un Presidente della FIGC  (Gabriele Gravina), al quale compete - sentito il Consiglio Federale -  l’eventuale decisione in merito all’assegnazione o meno dello scudetto, nel caso in cui non si dovesse riprendere a giocare. Una decisione, dove peraltro avrebbero voce in capitolo anche il presidente della Lega di sere A e le altre Istituzioni del calcio.

Insomma, basterebbero solo queste due uscite infelici per assegnare a Malagò due inevitabili cartellini gialli. E per somma di ammonizioni, la conseguente squalifica con relativo ritorno a casa. Infatti è stupefacente il fatto che il Capo dello Sport Italiano non consideri che il calcio italiano è un’azienda, nella quale risultano occupati circa 250 mila lavoratori. E di questi, solo circa un migliaio sono calciatori. Tutti gli altri sono semplici dipendenti che lavorano nel calcio a vario titolo (medici, fisioterapisti, magazzinieri, addetti alla manutenzione dei campi, addetti al marketing, ecc.), e che guadagnano stipendi normali come ogni altro dipendente di una qualsiasi azienda italiana. Il calcio, è un'azienda che per il contributo che dà al PIL del Bilancio dello Stato occupa il quinto posto della graduatoria delle aziende italiane più importanti. Solo e soltanto per questo motivo è necessario che l’azienda calcio debba riprendere la sua attività. Così come l’hanno già ripresa aziende come ad esempio la Fincantieri spa di Trieste, e tutte le altre che stanno aspettando dal Governo il via per poter riprendere a lavorare. Forse non abbiamo ancora ben capito che se non riprendiamo a lavorare, tra poco tempo, finiremo per morire più di fame che di Covid 19.

Il paese Italia ha bisogno di riprendere a camminare. Perché se rimaniamo chiusi in casa, finiremo per fare tutti la fine del famoso topo!  Certo, sappiamo tutti bene che dovremo correre dei rischi. E che ci dovremo velocissimamente abituare a convivere col Covid 19. Ma non abbiamo alternative. O ricominciamo a lavorare, cercando di schivare per quanto sarà possibile, il Covid 19 e torniamo a riportare i soldi a casa che ci permetteranno di continuare a vivere. Oppure la nostra sorte sarà destinata ad essere quella prospettata sopra.

Intanto si aspettano le decisioni ufficiali del Governo. Nelle ultime ore, si è svolta una Call Conference tra il Ministro Spadafora e i vertici del nostro calcio, nella quale non si è deciso niente. Il Ministro, si è limitato a “prendere tempo” e a rimandare ogni decisione a data da destinarsi. Come è noto all’ordine del giorno c’era l’esame del Protocollo elaborato dalla Commissione Medico Scientifica della Federazione, in merito alle problematiche legate alla possibile ripresa degli allenamenti nella massima sicurezza per atleti e tecnici delle società sportive. Comunque Spadafora ha lasciato uno spiraglio, nel senso che ha comunicato che: “nei prossimi giorni, dopo un confronto con il Ministro della Salute e il Comitato tecnico scientifico, emaneremo le disposizioni aggiornate in merito alla possibilità e alle modalità per una ripartenza degli allenamenti”.

Staremo a vedere. E’ chiaro che oltre alle decisioni da prendere, bisogna anche fare presto. Il trascorrere del tempo sarebbe inevitabilmente portatore di ulteriori sventure. Basta pensare che nel Galles è già fallita una Società di calcio per colpa del Covid 19. Si tratta del Rhyl Football Club (al momento in serie B - ma 2 volte vincitore della Premier gallese) che ha annunciato di aver avviato formalmente la messa in liquidazione della società: "La difficile decisione è stata presa dal Consiglio di amministrazione dopo aver considerato l'impatto finanziario della sospensione di tutte le attività calcistiche a causa del Covid 19”. Il  Rhyl ha anche chiesto un sostegno  alla Federazione gallese (FA), la quale ha dichiarato  di non essere in grado di poter aiutare il Club. In considerazione anche  del fatto che molte altre società in tutto il Galles saranno costrette nei prossimi mesi ad affrontare le stesse  difficoltà finanziarie.

Naturalmente la realtà italiana è diversa. Ma il pericolo è il medesimo. Occorre far presto, perché non si può sperare che ci portino a casa il vaccino contro il Covid 19. In qualche modo, dovremo andarlo a cercare. E una di queste possibilità è anche quella di uscire di casa e tornare a calcare i campi da gioco. Nell’attesa di trovarlo veramente.