Nelle prossime ore il Comitato Tecnico Scentifico (Cts) darà l’ok alla ripresa degli allenamenti collettivi, probabilmente a partire dal prossimo 18 maggio. E’ il primo passo, che si aspettava  da giorni, che dovrebbe portare poi alla ripresa effettiva del calcio con il completamento dei campionati interrotti per l’insorgere del Covid19.Il Cts a dire il vero è in ritardo rispetto alla tabella di marcia che si era data. Perché l’ok alla ripresa doveva arrivare nella giornata di domenica, e questo piccolo slittamento in avanti, non fa altro che confermare le perplessità del Comitato e la difficoltà con la quale è arrivato a prendere  questa  decisione. D'altronde le dichiarazioni contraddittorie del Ministro Spadafora, che è in stretto contatto col Comitato, avevano già fatto capire che  al suo interno non c’era un consenso totale verso la ripresa del calcio.
E l’incontro fra il Cts e la Commissione Medica federale che doveva servire per mettere a punto il protocollo sanitario, di fatto ha confermato una diversità di vedute e soprattutto non ha risolto, in modo favorevole per il calcio, il problema della gestione di eventuali nuovi calciatori positivi. Era questo il nodo principale da sciogliere. Nel senso che bisognava stabilire le modalità e il percorso da seguire nel caso in cui  si dovessero riscontrare nuovi casi di  positivi. Ma purtroppo, tutto è rimasto come prima. Vale a dire che il Cts ha confermato la sua linea d’azione, che nel caso di un nuovo positivo prevede la quarantena per tutto “il gruppo squadra”. Tutto il contrario di quanto aveva richiesto la Commissione Medica Federale che in proposito prevedeva l’isolamento e la quarantena del solo giocatore interessato.
Per cui, a questo punto, la ripresa del calcio -  non tanto gli allenamenti collettivi sui  quali non ci sono più dubbi – resta appesa al classico filo. Perché basterà un solo nuovo caso di calciatore positivo e si finirà col chiudere bottega e andare tutti a casa. Non ha senso. E non appare nemmeno logico riprendere l’attività con questa spada di Damocle sul collo. Perché sarà praticamente impossibile riuscire ad evitare anche un solo singolo contagio. Basta pensare che, pur dovendo giocare a porte chiuse, le 20 squadre della serie A muovono come “gruppo squadra” circa 100 persone a testa. Per cui si tratta di tenere sotto controllo circa 2 mila persone in totale. Di conseguenza è facile intuire che le possibilità di poter completare il campionato sono di pochissimo superiore allo zero.

Comunque non stanno messi meglio in Germania, dove hanno studiato un protocollo sulla carta  - per eventuali casi di nuovi positivi è previsto l’isolamento e la quarantena del solo calciatore e non dell’intera squadra  -  migliore di quello italiano. Ma che presenta già delle falle che rischiano di compromettere la stessa ripresa della Bundesliga prevista per il prossimo 16 maggio. Infatti è emblematico quanto sta accadendo alla Dinamo Dresda (seconda Divisione), fanalino di coda del campionato, che nella terza tornata di tamponi ha riscontrato due nuovi casi di contagio. La falla del protocollo è venuta alla luce a causa  dell’intervento delle Autorità Sanitarie locali  che hanno disposto la quarantena  e l’isolamento (della durata di due settimane)per tutta la squadra anziché per i soli soggetti risultati positivi (come previsto dal protocollo della Bundesliga).
Sul caso è prontamento intervenuto il capo della Lega tedesca Christian Seifert, che pur mostrandosi fiducioso sul futuro, ha dichiarato: "Sapevamo di doverci preparare a questo e rispettiamo le decisioni delle autorità. Con la Dinamo Dresda in quarantena per due settimane, non c'è motivo di mettere in discussione la prosecuzione di tutto il campionato. Stiamo parlando di due partite rinviate sulle 81 in programma. La situazione diventerebbe insostenibile solo nel caso in cui i casi dovessero aumentare".
Ma è evidente che dalle parole di Seifert emerge una grande incertezza proprio su quel futuro per il quale per primo  si è dimostrato ottimista. Nel senso che se le cose stanno così, allora anche la ripresa del calcio tedesco è appeso allo steso filo dal quale pendono le sorti del calcio italiano.Insomma non voglio essere all’improvviso pessimista. Soprattutto dopo che a più riprese mi sono espresso fortemente  a favore della ripresa del calcio e per il completamento del nostro campionato maggiore. Ma non riesco più a capire, e sinceramente non vedo più la luce in fondo al tunnel. E sto cambiando idea sul futuro del nostro calcio. Un po’ come è successo al presidente del Brescia Cellino, che dopo essere stato un feroce oppositore alla ripresa del campionato, ha cambiato idea e si è dichiarato improvvisamente  a favore.

Purtroppo ho paura che anche Cellino sia caduto nel tranello nel quale mi sono impelagato io; che ho creduto sin da quando è cominciata questa tragedia del Covid 19, che tutto potesse tornare, non come prima, ma in una dimensione che in qualche modo potesse ricordare “quel prima”. Credo che il protocollo sanitario, così come ci è dato da sapere, non è in grado di garantire veramente la ripresa del nostro calcio. Perché il rispetto di questo protocollo presuppone l’esistenza della certezza di un rischio di contagio uguale a zero. Cosa a mio modesto parere assolutamente impossibile da conseguire.
E allora mi chiedo che senso può avere autorizzare gli allenamenti collettivi dal prossimo 18 maggio. Non vorrei, e qui torna in ballo la mia  ben nota malizia, che questa autorizzazione che sta arrivando dal Comitato Scentifico, serva solo come specchietto per le allodole. Come un voler tenere a freno le cose. Come un voler tacitare gli inevitabili mugugni e le polemiche, che si sarebbero levate  subito con forza da più parti, verso una decisione sfavorevole alla ripresa. In soldoni voglio dire che nel momento in cui si dovesse riscontrare un nuovo positivo. A seguito del quale diventerebbe inevitabile la chiusura definitiva della  stagione, nessuno potrà o potrebbe dire che la la colpa di tutto quanto è da attribuire al Comitato Scentifico o alle Istituzioni che rappresenta.
A noi, che rimaniamo nella speranza di un futuro da poter raccontare, non resta che attendere.