Secondo la teoria dell’evoluzione per selezione naturale, elaborata da Charles Darwin nel XIX secolo, ogni specie vivente deve vincere la propria sfida con il cambiamento per riuscire a sopravvivere: non sono ammessi errori, poiché perdere equivale indissolubilmente all’estinzione, e dunque all’eliminazione dalla lotta per la vita.  In un meccanismo di questo genere, solo i più forti possono costruire una certa continuità con il futuro, mentre gli altri, incapaci di inventarsi nuove soluzioni, terminano la propria esistenza senza quasi lasciare traccia del proprio passaggio. 

Anche nel calcio è possibile applicare quasi in pieno tale concetto, poiché alla fine non importa come ci riesci, conta solo giungere per primi alla meta, tagliando il traguardo in anticipo rispetto agli avversari. A quel punto, tutte le discussioni tirate in ballo in merito alle cause, attorno alle ragioni del successo, le attenuanti sollevate dai rivali, ogni argomento diventa superfluo, utile soltanto per intrattenersi in frivole chiacchiere da bar.
In fin dei conti chi vince ha sempre ragione, e lo sa bene anche il Milan, attuale capolista di questa Serie A, ormai ad un passo dal conquistare il suo diciannovesimo scudetto. Consapevole di non essere l’organico più forte del campionato, il club rossonero ha dimostrato però di meritare più di ogni altro il successo finale, vincendo gli ultimi due scontri diretti contro Inter e Napoli
Il successo di misura contro la Fiorentina, maturato nella scorsa giornata è un ulteriore segnale di come questa squadra sia ormai lanciata a pieno regime verso il titolo: un errore, quello dell'estremo difensore viola Terracciano, autore di un doppio regalo nei confronti di Leao, prima con un rinvio sbagliato, poi con una lettura errata sulla conclusione del portoghese, che può rivelarsi più che mai decisivo, visto quanto manca alla chiusura delle ostilità.
È molto probabile che il titolo arrivi proprio grazie a questi due successi, soprattutto se osserviamo l’impatto decisivo della vittoria in rimonta nel derby dello scorso 5 febbraio, quando la superiorità dei nerazzurri appariva, a tratti, quasi schiacciante: merito dei rossoneri, incapaci di arrendersi di fronte alle difficoltà, di lottare su ogni pallone e di crederci fino alla clamorosa doppietta di Giroud
Da quel micidiale uno-due, la formazione di Inzaghi ne esce frastornata, quasi sconvolta, impaurita: ne scaturisce un periodo in cui l’Inter comincia a cedere terreno, si perde in un gioco stucchevole, privo di concretezza, mentre il Milan certifica le proprie sicurezze, vince anche se senza impressionare, bada alla sostanza.

Lo si potrebbe definire un cammino agli antipodi quello delle rivali milanesi, con il Diavolo che quasi si traveste, interpretando le gesta della squadra guidata da Conte lo scorso anno, tenace, cinica, impenetrabile, a differenza dei cugini nerazzurri, incapaci di ritrovare la propria immagine migliore, distorta probabilmente, dalla mancanza di energie.
Un deficit sempre più tangibile sul terreno di gioco, soprattutto in alcune partite, come la clamorosa sconfitta subita dal Sassuolo a San Siro, in grado di imporsi 2 a 0 sui Campioni d’Italia: e così, passo dopo passo, il Milan si è avvicinato talmente tanto, da permettersi il sorpasso, che adesso, a 3 giornate dalla fine, con due punti di distacco, può significare molto più che un semplice acuto risonante dal clacson. 
Non a caso, personalmente credo che a questo punto della corsa, il campionato non abbia più nulla da dire: nessun avversaria del Milan presenta particolari obiettivi sulla propria tabella di marcia, ad eccezione di una Dea, con qualche fievole speranza europea, ma ormai lontana parente della straripante formazione ammirata negli ultimi anni. Gli altri due ostacoli, oltre all'Atalanta, a cui si somma la possibilità aritmetica di un pareggio, si chiamano Hellas Verona e Sassuolo, due buone squadre sulla carta, ma francamente prive di ambizioni, con zero motivi per opporsi alla voglia famelica di conquistare uno scudetto che manca da 11 anni.

Non me ne vogliano i tifosi rossoneri, ma giunti agli sgoccioli la situazione appare evidentemente definita: il Milan vincerà il titolo, dimostrando che un progetto può essere costruito anche grazie alle idee, alla creatività, valorizzando il duro lavoro di una classe dirigenziale in gamba, capace di valorizzare uno slot di risorse decisamente limitato.
E chissà cosa staranno pensando quelli che hanno deciso di andar via, la scorsa estate, quando sui propri contratti non erano stati apportati i numeri desiderati, come se nel calcio contassero soltanto i soldi, come se la carriera di un calciatore si misurasse sulla base di quanto ha guadagnato, e non in funzione di ciò che vinto.

Mancano soltanto pochi giorni, e sarà finalmente ufficiale, con la festa dei tifosi rossoneri pronta ad invadere le strade di Milano; la stessa città, che soltanto un anno fa celebrava i colori nerazzurri, ad oggi sbiaditi dallo scorrere del tempo.