Non sempre le cose vanno come si era previsto.
A ricordarmelo di recente è stata Cristina, una mia buona amica, nonché cliente del mio studio. Donna tutta d’un pezzo, divide la propria vita tra una famiglia con ben 4 figli e un’azienda di produzione ben avviata. Una che non ama farsi aiutare, se non quando è proprio necessario. Una che difficilmente si piega di fronte alle difficoltà, a meno che queste non la chiudano in un vicolo cieco, così com’è successo poco tempo fa. Agli inizi di febbraio, una mattina mi ritrovo Cristina di fronte all’entrata del mio ufficio; erano le sette e mezza del mattino (un’ora e mezza prima dell’apertura al pubblico). Data l’ora, nonché la sua espressione, ho capito subito che qualcosa che non andava o che quantomeno la preoccupava nel profondo. Bevuto insieme un caffè ed esauriti rapidamente i convenevoli, Cristina mi racconta dunque il motivo della sua visita. - “C’è qualcosa che non va.” mi dice “Rispetto a quanto previsto, il fatturato è in netto calo e i costi sono aumentati senza motivo. Non ti avrei disturbato, ma quanto la banca mi ha chiamato per dirmi che stiamo per andare in rosso, sono andata nel panico”.
In altre parole, rispetto a quanto aveva programmato o meglio, quanto aveva previsto e pianificato per l’anno attualmente in corso, le cose sono andate in maniera diametralmente opposta, almeno per questo inizio d’anno. Compresa la sua preoccupazione, decido di farmi un giretto dalle sue parti, programmando magari una due giorni di analisi interna. Il timore è che ci potrebbe volere molto più tempo, quando invece ecco che l’origine del problema si palesa quasi subito. E questo non perché il sottoscritto sia un fenomeno, ma per una motivazione nettamente più concreta.

Programmare non è una cosa semplice. Sebbene tale pratica non abbia nulla a che fare con le previsioni balzane di una chiromante, essendo un processo decisamente più empirico, essa riguarda pur sempre l’immaginare, anzi calcolare, eventi futuri e relativi effetti. Capacità medianiche o sfere di cristallo a parte, le probabilità di prevedere con precisione come andrà l’azienda tra un anno non sono poche; sono tendenti allo zero. Ciò nonostante, se si hanno abbastanza informazioni valide nelle proprie mani, si può comunque comprendere la direzione che l’impresa potrebbe prendere. E questo vale per tutte le aziende, comprese quelle concernenti il settore Calcio Professionistico.
Per capirlo, prendiamo in esame la situazione del Milan nell’ultimo semestre. A inizio stagione, a settembre, l’obiettivo della società rossonera è stato chiaro sin da subito: raggiungere la qualificazione alla prossima Champions League. A pretendere un simile risultato non è solamente il peso del blasone, ma soprattutto delle chiare e palesi esigenze di bilancio. Risultato, dopo appena dieci giornate l’obiettivo appare quasi fuori portata. Come mai? Qual è quel evento o meccanismo imprevisto che ha mandato all’aria un’intera pianificazione? Ebbene, dopo aver visto diverse (fortunatamente non molte) situazioni aziendali simili, ho imparato che le dinamiche in queste situazioni sono quasi sempre simili.
In particolare, un periodo imprevisto di crisi o flessione dei risultati si deve a uno o più di questi 4 fattori: 

    • Crisi o flessione del settore di mercato a cui l’azienda appartiene
    • Eventi straordinari deleteri
    • Crisi di liquidità
    • Pianificazione parzialmente o totalmente errata

L’ordine con cui ho definito tali quattro fattori non è a caso, perché parte da quelli più facili da riconoscere, procedendo sino a quelli che meritano delle riflessioni molto più profonde. In altre parole, se i primi tre fattori si possono escludere, allora l’origine del problema è quasi sicuramente nella pianificazione di partenza. Pianificare non significa infatti solo prevedere, ma programmare processi e azioni concrete. Il difficile non sta tanto nel prevedere una situazione futura, ma nel decidere le azioni giuste affinché essa si realizzi. È creare il piano attraverso cui l’intera organizzazione si adopera per raggiungere un obiettivo preciso. Una cosa seria, che se viene completamente cannata (come si dice a Oxford), se si è fortunati porterà “solo” a mancare  l’obiettivo, se madame sfiga ci mette invece lo zampino si rischia una crisi globale dell’azienda. Nel caso di Cristina, la previsione era stata fatta bene a mio avviso, ma le azioni per concretizzarla non lo erano altrettanto. L’obiettivo di partenza di Cristina era infatti quello di aumentare la produzione e, per raggiungerlo, ella aveva previsto di acquistare nuovi macchinari e assumere nuovi dipendenti. Detta così, non fa una piega. Dove stava il problema, dunque? Che i macchinari non erano proprio nuovi di fabbrica (e dunque già un po’ usurati), nonché tutti i nuovi assunti (così come buona parte di quelli già presenti) erano giovanissime risorse, appena uscite da scuola o dall’università. Una cosa stupenda a mio avviso quest’ultima, ma che, come tutte le cose, può avere dei lati oscuri iniziali. Nel caso specifico, scarsa esperienza e un adattamento allo stress ancora tutto da raffinare. Risultato, il problema dell’azienda di Cristina stava sostanzialmente in: 

    • Alta presenza di errori e di scarti nelle commesse (qui il motivo di crescita di costi imprevisti)
    • Clienti scontenti consegnati alla concorrenza, a causa di commesse sbagliate e con ritardi importanti (qui la ragione del calo di fatturato)

Se guardassimo al Milan di quest’anno, troveremmo molte assonanze con la situazione appena raccontata. Il progetto pianificato dalla società rossonera a inizio stagione prevedeva infatti: 

    • Una rosa giovane (sino all’arrivo di Ibrahimovic, la più giovane per età media della serie A)
    • Un allenatore dotato, ma con zero esperienza in grandi squadre, nonché con uno stile tecnico totalmente antitetico a quello del suo predecessore, Gattuso
    • Un obiettivo molto ambizioso, come la qualificazione in Champions League, cosa che manca al Milan da oltre un lustro

Progetto dunque ambizioso, quanto paradossale nelle proprie componenti. Per definizione infatti, i progetti giovani sono una sorta di investimenti a medio-lungo termine. Progetti che possono portare a grandi risultati, ma mai, o quasi mai, nel breve periodo. Difficile credere, così come folle pianificare, che un simile progetto potesse raggiungere un risultato che manca da oltre un lustro, al primo tentativo. Se poi condiamo il tutto con un allenatore dalla personalità fragile e una società che deve affrontare ben altre difficoltà, il naufragio è servito. Per riassumere, la pianificazione della stagione attuale in Casa Milan appare non essere stata fatta con tutti i sacri crismi della situazione. Dimostrazione palese, l’improvviso cambio di rotta operato durante il mercato invernale, ovvero l’acquisto di Zlatan Ibrahimovic, il quale non è proprio un rookie. Scelta che ha fatto apparentemente svoltare la stagione del Milan, dimostrando come questa squadra non sia scarsa, ma necessiti di esperienza. 

Ora, io sono dell’idea che mancare l’obiettivo non sia sinonimo di fallimento. Nel caso di Cristina, l’aver trovato il problema le sta ora permettendo di apportare dei correttivi alla sua strategia operativa.
Nel caso del Milan, l’arrivo di Ibra pare essere stato un primo segnale di ritorno alla realtà, almeno per buona parte della dirigenza. È stato insomma la dimostrazione che la pianificazione di settembre aveva delle pesanti tare. Sebbene l’obiettivo sia quasi del tutto perso, non è detto che l’intera stagione sarà fallimentare. Non lo sarà, se questo terzo di stagione ancora da giocare sarà sfruttato al fine di evitare gli errori del passato, ovvero di basare il prossimo progetto sui sogni, ergo sul nulla più abissale.

Come dice il detto, errare è umano, ma perseverare è diabolico. Lo so, dato che qui si sta parlando del Milan, potrà sembrare ironica la cosa, ma tale ironia si spegne in fretta se si pensa che il tempo non è infinito e gli anni buttati sono già stati molti. 

“Non saper rimediare a un errore è cosa peggiore dell’errore stesso.” - Baltasar Gracìan



Un abbraccio

Novak