Ieri Pioli ha mandato in campo un Milan cortissimo, raccolto in non più di 30 metri, che non pressava alto ma a centrocampo.
Alla fine del primo tempo, il vantaggio di 1-0 con gol di Leao appariva troppo stretto per i rossoneri, al di là del penalty sbagliato da Kessie.

Nella ripresa, il pensiero di tutti, anche del tecnico, è andato alla Champions e il Diavolo si è allungato, sfilacciandosi pericolosamente, ma la Lazio aveva Immobile, in un periodo nerissimo. Pioli intuiva che Rebic aveva voglia di lasciare il segno e toglieva l'autore del vantaggio, Leao, per fare posto a Ibra. Mossa riuscita, in quanto il croato chiudeva il match servendo allo svedese una palla al bacio, di quelle che chiedono solo di essere messe in porta. Il match di ieri può essere condensato in queste parole.

Come detto, Pioli ha schierato una squadra molto corta, raccolta in 30 metri, con ogni probabilità per soffocare l'attitudine delle squadre di Sarri alla manovra con scambi di prima in verticale. E' stata una mossa molto azzeccata, perché i biancocelesti non ci hanno capito molto e, se il Milan ha racccolto meno di quanto la manovra avrebbe meritato, è stato solo perché Giroud era in Tribuna, Ibra in panca e al centro c'era un Rebic molto motivato e in palla, senza essere però un centrattacco.
Raccolto in un fazzoletto, il Diavolo si guardava bene dal pressare alto, facendolo una ventina di metri più indietro, a centrocampo, per non allungare le distanze con la difesa. Questa sarebbe stata costretta a salire troppo, se il pressing si fosse alzato. Solo intorno al 30° c'è stato un accenno di pressing alto, cercato peraltro, vista soprattutto la posizione assunta da Rebic e Diaz. Si è visto subito, tuttavia, che la squadra si sarebbe allungata e il tentativo si è spento lì.
Pioli puntava sui movimenti aggiranti di Leao, autentica ala sinistra, per scardinare la difesa degli aquilotti. A tale scopo, aveva chiesto a Hernandez di non accentrarsi in posizione di mezza ala a supporto di Diaz. Il francese, infatti, saliva largo da vero esterno a dar man forte al portoghese e per prendersi sulle spalle un po' delle attenzioni della difesa. Leao faceva un figurone, mentre Diaz, per quanto potesse giocare avanzato, era solo fra un nugolo di avversari. Si batteva, peraltro, con coraggio, ma perdeva tutti i contrasti e qualche volta inciampava anche sul pallone. Nell'azione del gol, eseguiva lo stesso taglio di Krunic in occasione del 3° gol contro il Cagliari, ma andava troppo oltre, rischiando di inficiare per fuorigioco il gol di Leao. E' bravo e ci saranno partite in cui potrà mostrarlo.
Il gol di Leao veniva da un'azione personale del portoghese, che sfruttava con bravura ed eleganza l'attimo in cui la Lazio, disorientata, si era sfilacciata provando ad attaccare. Dopo aver maramaldeggiato fino all'area di rigore, serviva a destra in area per Rebic, a suo agio nei movimenti larghi, che gliela restituiva perfetta per un calcio di rigore in movimento. Il portoghese realizzava, mentre, allo scadere del 1° t., era Kessie che non sfruttava un penalty vero, da lui stesso procurato con la complicità di un Immobile nel peggior momento della carriera. La traversa negava il gol all'ivoriano, con Reina spiazzato che ormai si affidava ai miracoli del Padreterno. Deve aver pregato con tanta devozione che è stato accontentato. Buon per lui, ma peccato per Kessie!

Nella ripresa, il pensiero della Champions prevaleva sulla sicurezza mostrata da Pioli e dai suoi nel 1° tempo.
La difesa indietreggiava per non sprecare energie, senza che Florenzi scalasse mai in posizione di terzino aggiunto e meno che mai lo facesse Saelemaekers, subentratogli. Il belga restava quasi sempre molto avanti. I rossoneri, così, si sfilacciavano
, ma per quanto la Lazio riuscisse a far viaggiare la palla, cercando soprattutto Luìs Alberto nella zona di Calabria, il terzino destro sputava l'anima e, seppure in difficoltà, lo tamponava con efficacia. Del resto, la Lazio aveva un uomo in meno, Ciro Immobile, che sembra entrato in una spirale negativa.
Nonostante l'evidente ridotta efficienza, questo Milan della ripresa poteva aggiungere un altro fiore all'occhiello del tecnico rossonero. Infatti, Pioli, al momento di far entrare Ibra, toglieva Leao, che aveva raccolto allori a sufficienza, ma lasciava Rebic, intuendo la voglia del croato di lasciare un segno più tangibile della propria partita, oltre all'assist per Leao del primo tempo. In occasione di una ripartenza ragionata, portava la palla sulla sinistra, accontentandosi di far indietreggiare i difensori in affanno, poi serviva Ibra, ma solo dopo aver atteso con pazienza che lo svedese fosse in posizione giusta. Il suo assist può essere paragonato a quello di Bruno Conti a Paolo Rossi per il raddoppio in Italia - Polonia, semifinale dei mondiali del 1982. "Mettimi dentro" sembrava dire allo svedese.
Pioli si era ripromesso di cambiare spesso il modo di giocare per rendere la squadra imprevedibile. Ieri lo ha fatto benissimo, dal momento che perfino un tecnico di grande bravura come Sarri non ci ha capito moltissimo. Deve, comunque, stare attento a non dimenticare le proprie stesse felici intuizioni. Il Milan che tira indietro la difesa, oltre al doppio centrale in funzione di frangiflutti, deve aggiungere un quinto uomo, che nelle amichevoli e contro la Sampdoria è stato l'esterno destro di centrocampo. Se non vuole rinunciare all'apporto di detto laterale in avanti, Pioli deve farne rientrare un altro, anche se la mossa più felice sarebbe proprio quella di insistere sui ripiegamenti profondi dell'esterno destro. E' un'intuizione sua, una delle migliori da quando è in rossonero. La sfrutti di più, anche perché non apre il fianco a molte contromosse dei tecnici avversari. Per il resto, Pioli è stato l'artefice, principale della vittoria.

Una parola su Bakayoko, che è stato protagonista di un quarto d'ora da incubo. Ha sbagliato tutto, rischiando anche di farsi buttare fuori per un intervento inutile e cattivo. L'infortunio che lo ha costretto a uscire fa quasi pensare a un malanno politico, tirato fuori giusto per sottrarsi a un momento di confusione senza uscita. Ai suoi detrattori, però, ricordo che anche la prima avventura di Baka iniziò con prestazioni indecenti, ma Gattuso continò a schierarlo e diventò un punto di forza della squadra.

Terminerei con un pensiero alle rivali.
Il Napoli ha battuto la Juventus e non c'è da dire altro. A sua volta, la Juventus è stata sconcertante contro il Napoli, forse perché, dopo aver contato troppo a lungo su San Ronaldo, ora i giocatori sono impreparati a vincere senza l'arrivo di Lancillotto che scatena il Quarantotto e tutto a posto va. Il Milan non la sottovaluti, perché ha ancora un parco giocatori importante e, prima o poi, si libererà del fantasma del fuoriclasse ormai andato. Quanto all'Inter, si sapeva che si era indebolita, perché chiunque si indebolisce privandosi di gente come Hakimi, il Lukaku visto in campionato e Conte, che è stato il geniale creatore di quel Lukaku. Manca anche Erikssen, il cui impiego, l'anno scorso, ha lanciato i nerazzurri verso il titolo. Marotta è stato bravissimo a indebolire la squadra il meno possibile, ma una certa perdita di potenziale è stata inevitabile. Il pareggio contro la Sampdoria, tutto sommato, ci sta, perché non esistono campionati di sole vittorie e i nerazzurri saranno sul pezzo per lo Scudetto fino all'ultimo. L'Atalanta è forte, ma è legata all'intensità del  rendimento, che deve essere sempre non inferiore al 90%. Qua e là, quindi, perde sempre quel mucchietto di punti che le preclude lo scudetto, ma alla fine, quantomeno per la qualificazione alla Champions, ci sarà di certo. Consiglio, però, a tutti di seguire fino all'ultimo la Roma. Ieri sera ho visto la ripresa del match contro il Sassuolo, che mi a ricordato un match di pugilato degli anni '80, quello tragico fra Ray Boom Boom Mancini e il coreano Kim Duk Koo. Lì si andò avanti per quasi 15 riprese a furia di "Un pugno io e uno tu", ieri per fortuna si è andati avanti a forza di un più rilassante"Una palla gol per me e una per te". Come ha fatto notare Mourihno, la Roma ha vinto nella stessa misura in cui poteva perdere. Non capita spesso una partita così, per cui, una squadra come quella capitolina, non la perderei di vista. Non fatelo neanche voi.

Ora il Milan va ad Anfield Road, rientrando nella dimensione europea che, per tradizione, le è più consona.
Non è spocchia, lo dicono i manuali di Storia.