L'espressione "menare il can per l'aia" è una vecchia allocuzione nella quale si considera come il menare, ovvero dirigere il cane attraverso l'aia, che è  la piazzuola del contadino, dove ci si dovrebbe di più occuparsi di animali da cortile, sia solo una perdita di tempo, spesso improduttiva. Vuol anche semplicemente dire che si sta perdendo tempo, per imbrogliare altri soggetti, che attendono una qualche decisione oppure una presa decisa di posizione posta ad un interlocutore.  

L'espressione mi giunge spontanea pensando alla decisione del Tribunale del CONI, che contrariamente alle solite abitudini, invece di essere veloce e agire con celerità, si prende tempo, magari si bevono qualche caffè, e rinviano a domani ogni decisione sulla ormai "querelle" tra federazione e Juventus. E che sia una querelle lo dimostrano fatti ormai conclamati, manca solo il "coming out", che di solito sancisce i gusti sessuali. No! Qui devono confermare che c'è una lotta tra una società calcistica ed una parte nascosta (ma neanche tanto) di settori del calcio italiano che pensano di potere gestire e dirigere (menare appunto) il corso del risultato sportivo. La colpa della Juventus non è quella di avere rubato, ed infatti sarebbe troppo facile in quel caso. Becchi il ladro con la marmellata nelle mani ancora sporche, e tutto fila nel segno. La colpa della Juventus è stata quella di vincere troppo, e qualcuno non poteva accettare che continuasse a vincere. Ed allora si muovono i famosi amici degli amici, la lobby dell'articolo 4, per intenderci. Ma non sanno cosa fare! Allora che si fa? Si prova a rifare come Calciopoli, si intercetta solo una squadra, mentre intanto si briga per spartirsi le vesti come avvenne con un tale duemila anni fa. Anche lui dava fastidio ai Farisei, aveva osato sfidare il potere politico. E per di più stava vincendo! Non c'era storia, aveva anche molti amici potenti, ma corretti, non usavano mezzi sporchi, come invece fecero i suoi nemici, che usarono anche il falso e, persino qui si inventarono un reato che qualcun altro non trovava (vedi Pilato).  

Uscendo dal biblico, potremmo verificare che diciassette anni fa ci fu un vero colpo di stato, nel quale si usarono tutti i metodi abbietti e illegali per abbattere una potenza calcistica, che a loro dire vinceva rubando. Ma in quello stesso anno la squadra che dicevano rubasse, partecipò alla vittoria della Nazionale dell'ultimo campionato del mondo vinto, e in campo nella finale tra Italia e Francia,  giocarono almeno undici juventini o ex juventini. Alla faccia del furto! E quel che oltremodo indigna, fu che il buon Guido Rossi(pace all'anima sua, ma non credo) aveva anche provato a non fare partire per il Mondiale Lippi, Cannavaro e Buffon, così per colpire ancora di più la Juventus. Quindi si doveva fare il "botto" anche andando contro gli interessi della nostra amata Nazionale. Il palazzo dixit! E di solito quando la Nazionale vince un Mondiale, si provvede a indulti, grazie e cancellazioni di squalifiche, ma in questo caso, accidenti a loro, non fu permesso. Perché accidenti a loro? Beh, accidenti lo disse Guido Rossi, perché tutto pensava ma men che meno che si vincesse un mondiale in tutto quel casino! E fu la prova che il campo ha sempre ragione, anche contro le loggie e le amicizie insane che si formano attorno al mondo dello sport. Si fa una bella propaganda di come le squadre devono essere un esempio di sportività. I tifosi devono comportarsi bene ed esimersi di fare "Buu" ai giocatori di colore (sembra però  che il bianconero non sia un colore, quindi si perdona) ma non c'è ancora una norma che vieta di intrallazzare, di fare sporca politica e, soprattutto, di volere cambiare le gerarchie dettate dal campo di gioco. Ma allora l'articolo 4 per chi deve essere un dogma? Io direi per tutti, ma chi si erge a giudice, non è imputabile, e come il giudice e l'assassino commette il delitto e poi lo giudica, naturalmente a danno di altri! Forse quello che  calciopoli ci ha insegnato, non è fare pulizia nel calcio giocato, ma nel calcio amministrato. Ci vogliono regole che limitino il potere discrezionale di dirigenti e strampalati giudici, i quali non hanno nemmeno il pudore di nascondere le loro fedi calcistiche e si permettono di giudicare o portare procedimenti assurdi a carico di "nemici" di potere, come se si potesse fare come Giulio Cesare in Senato, trentatré coltellate e poi facciamo come i trentatré alpini ed entriamo non a Trento ma a Roma. E a Roma si dovrebbe fare quella breccia famosa,  a Porta Pia, e creare una nuova identità calcistica. I presidenti vogliono il potere, e come non sarebbe giusto pretenderlo se sono quelli che tirano fuori i soldi. Ma il potere di alterare i risultati o avere arbitraggi favorevoli non è altro che dittatura, un nucleo di oligarchi che fanno del male al calcio giocato, e vorrebbero consegnare coppe e campionati in "segreteria". Forse vi annoierò, ma un caso come quello di D'Onofrio, produce una sensazione oscura, come se sotto la cenere covasse un fuoco distruttivo, un Levatiano, mostro distruttivo, che si ingoia i nemici come Minosse nell'Inferno dantesco. E sembra ora che non sia successo niente. Avrei voluto vedere se, invece che il signor D'Onofrio ci fosse stato Pavel Nedved a spacciare droga, anzi a distribuirne quantità da narcotrafficante. Indubbiamente ora saremmo a continue paginate di giornali e interrogazioni parlamentari a non finire. Invece, tutto tace, sembra che  nessuno si sia accorto di nulla. E vi sembra una cosa normale? I giornalisti cosa fanno? "Abbozzano", come dicono a Roma? 

Intanto abbiamo assistito all'ennesimo tentativo di defilarsi. Il tribunale del Coni prende tempo (ormai una tattica consolidata). Facendo il paio con il tribunale ordinario di Torino. Qui si ha la sensazione che si aspetti chissà che cosa, se capita qualche notizia buona (e pessima per la Juventus) ma dubito che ci siano altre notizie, al netto di quelle inventate e sfacciatamente poco attendibili, spesso frutto di fantasie giornalistiche e di teoremi immaginari di inquirenti che ora poco alla volta, si stanno dileguando. La patata bollente in questo momento ce l'ha il tribunale del CONI, il quale deve ancora raffrontarsi con il precedente poco edificante dell'annullamento delle sanzioni a carico del Napoli, quando non si presentò a Torino perché aveva due giocatori infettati dal virus. E la sentenza di assoluzione fu uno schiaffo alle regole e al fair play di altre squadre che invece ottemperarono al provvedimento, andando a giocare a Napoli anche senza undici giocatori indisponibili. Se sono così magnanimi, perché dilungarsi nel giudizio? Il perchè è chiaro! Questa sentenza può mettere alla berlina due soggetti piuttosto potenti: Chiné e Gravina. Ma mentre Gravina si è già defilato, lasciando la questione ad altri e mettendosi nella posizione di terzo non incomodo, per il Procuratore calabrese c'è aria di epurazione. Questa, insieme a Santoriello è stata la sua battaglia personale portata avanti pensando di fare a fette tutti quanti, ma che oggi trova un muro forte. Il primo è il muro di una dirigenza che ha velocemente cambiato gli uomini, sostituendoli con soggetti non imputabili e soprattutto molto esperti in situazioni manageriali di diritto e di comunicazione. Quindi, non ha reclutato tutti quei consensi che pensava di ottenere, soprattutto tra gli addetti ai lavori. Il tifoso con la mente appannata, abbocca e gode in  queste situazioni, condite poi da indiscrezioni di ogni tipo. Ma gli addetti ai lavori non sono affatto contenti. In primo luogo, perché la puzza di bruciato si sente da lontano e per chi è uomo di sport, tutto questo tintinnar di catene non è una bella cosa. In subordine, preoccupa, perché se si instaura un tale clima di caccia alle streghe e si inventano  norme per  situazioni che prima non erano regolate se non in modo differente, la sensazione che ci possa cadere chiunque è più che una possibilità remota. E in un sistema dove comanda chi fa e disfa le regole a piacimento, la gogna arriva per tutti. Si rischia di cadere in uno stato di tutti contro tutti, e non ci sarà fiducia tra le persone che fanno parte del mondo pallonaro. 

Aspettiamo, e vediamo cosa partorirà questa corte così osannata, ma che potrebbe ricevere critiche molto severe. Ma spero che ricordino una cosa essenziale: il diritto deve sempre trionfare, riconducendo a suo vigore la sua essenzialità, dove la legge sia generale, ovvero diretta a tutti nel medesimo modo, e astratta, cioè per chiunque incorra nella situazione specifica, senza distinzione alcuna, rivolgendosi ugualmente a tutti. Ma soprattutto, vi prego, che sia "imperativa", ovvero che esista. Basta con tutte queste alchimie e invenzioni giuridiche che fanno solo perdere la fiducia degli onesti cittadini, i quali sperano che la giustizia ci consegni la certezza non del diritto, ma di non essere perseguiti per reati mai commessi, o peggio inesistenti. Buon lavoro!