Quando il buon Beppe Marotta scelse l'Inter, o l'Inter scelse lui, si ebbe la netta sensazione che le cose all'Inter potessero cambiare. Sì perché una delle "colpe" che un po' tutti, non solo i tifosi nerazzurri, imputano alla squadra è quella di non essere gestita in maniera seria e decisa, con regole chiare da far rispettare a tutti, e dove tutti hanno un ruolo ben preciso.
Sicuramente, Marotta, dall'alto della sua esperienza e con tutti i pregi di una persona per bene, seria, professionale, sapeva che sarebbe entrato in una società con un progetto futuro importante, ma con ancora tanto lavoro da fare sotto quel punto di vista. 

Però, forse, pensava che avrebbe avuto un tempo di inserimento un tantino più lungo prima di dover affrontare una grana così importante come quella con Icardi e Spalletti. 
Appena esplosa la bomba, Beppe era fiducioso di poter gestire la faccenda, in stile Juve, ma Spalletti ha sparpagliato le carte, parlando sempre in pubblico, e così una querelle che avrebbe dovuto risolversi in privato ed in fretta, non solo è ancora in piena attività, ma è anche di dominio pubblico.
Se prendiamo l'esempio di Bonucci a Torino con il famoso sgabello di Oporto, in quella situazione Marotta poté agire in accordo con Allegri e Agnelli, e la cosa fini' lì. Perché lì ognuno era parte di un ingranaggio e nessuno entrava in conflitto con le responsabilità altrui.

All'Inter, non è così, Marotta non ha fatto in tempo a pianificare la cosa, che Spalletti già in interviste ha cominciato a chiedere l'intervento della società e a prendere le sue decisioni. Poi c'è Moratti che quotidianamente intervistato dice la sua sul caso, sapendo di aver ancora presa sui tifosi, e così siamo ancora in alto mare.

È difficile avere la stessa libertà di manovra in un ambiente non ancora pronto a questa gestione.

Spalletti ha ragione e su questo non ci sono dubbi, ma la gestione della cosa è da rivedere. Se come dice lo stesso allenatore, prima viene la squadra, lui da allenatore, e quindi dipendente, dovrebbe fare le scelte giuste lasciando da parte il fattore personale. Si va in campo e per novanta minuti si è professionisti, poi al fischio finale ognuno per la sua strada, e la società avrebbe lavorato in merito cercando la soluzione migliore per tutti a fari spenti. Così è stato tutto un parlare, decidere in fretta, e si è fatto il male della squadra, sia tecnico, privandola del suo talento migliore nel momento clou della stagione, sia finanziario deprezzando di molto il valore del giocatore. 

A fine anno probabilmente se ne andranno tutti e due e Marotta ripartirà da un nuovo progetto, sperando di aver messo ogni ingranaggio nel posto giusto.