Sono ormai anni che si lamenta il fatto che il nostro calcio ha un gap tecnico e finanziario nei confronti delle antagoniste europee, ed in particolar modo nei riguardi delle squadre inglesi, tedesche e spagnole. In Francia, a parte il Paris Saint Germain, si registra poca consistenza.
Ma le ultime performance delle nostre squadre hanno rivitalizzato la nostra bistrattata categoria pallonara e ci ha consegnato un bel quintetto nelle tre semifinali delle principali coppe europee. Inter e Milan, in Champions, si troveranno a contendersi la finale, in virtù del sorteggio che le ha messe di fronte nel prossimo turno di semifinale, e che quindi sancirà d'obbligo una squadra italiana nell'ultima partita che assegnerà il titolo. L'Inter ha eliminato lo "spauracchio" Benfica, che comunque non è sembrato neanche lontano parente della squadra che eliminò la Juventus nei gironi eliminatori. Il Milan ha invece distrutto le aspirazioni del Napoli, che credeva quest'anno di vincere tutto ma che, come ormai di consueto, ha forse festeggiato in anticipo, come lo scudetto perso in albergo nel 2019.
Nel calcio non è tutto matematico, e nemmeno automatico, e non basta nemmeno giocare il calcio più bello di tutti, perché vince chi è più essenziale, ovvero chi sa trovare i guizzi giusti nei momenti più opportuni della partita. E se vogliamo essere precisi, questo Napoli non è più il Napoli dell'inizio di campionato. Le scorie si sentono, come gli infortuni e lo scadimento di forma, che ogni giocatore può patire. Mentre sia il Milan che l'Inter, hanno saputo riprendere il bandolo della matassa dopo un periodo per niente positivo, ma si sa che la Champions moltiplica le forze. Nell'altra semifinale si affrontano Manchester City e Real Madrid, due corazzate potenti, difficili da battere, ma come disse qualcuno, la palla è rotonda e sa solo lei dove rotola. 

In Europa League abbiamo invece la Juventus, quest'anno sempre nell'occhio del ciclone, che affronterà in semifinale il Siviglia, formazione "rognosa" e avvezza alla competizione, avendola già vinta quattro volte. La Roma troverà il Bayer Leverkusen, altra squadra molto ben organizzata, teutonica, e perciò molto pericolosa. Potrà essere finale italiana, o con un'italiana, oppure saluti a tutti e arrivederci alla prossima competizione.  
Nella Conference League abbiamo la sola Fiorentina, che incontrerà il Basilea, squadra abbordabile, seppure abbia spesso messo in crisi club molto blasonati. Nell'altra Az Alkmaar, olandese, troverà il West Ham United, squadra inglese molto ben attrezzata. La Fiorentina dovrà giocare con molta attenzione per evitare di finire come nella partita del Franchi contro il Poznan, squadra polacca, che dopo avere preso quattro gol in casa, stava per fare l'impresa vincendo tre a due a Firenze una partita da cardiopalma. 

Alla fine su dodici squadre semifinaliste abbiamo cinque squadre italiane, una tedesca, due spagnole, due inglesi, una olandese ed una svizzera. Nessuna francese, portoghese e grandi club come Bayern, Chelsea, Arsenal (che domina il campionato inglese) Paris S.G., Barcellona, Borussia Dortmund, Manchester United e Liverpool sono fuori dai giochi, forse inaspettatamente. Comunque le polemiche non sono mancate, come nel Paris S.G., dove lo spogliatoio ha dato segni di implosione, o al Bayern, alle prese con un ricambio generazionale da completare. Il Barcellona è ormai in crisi finanziaria e tecnica, come il Liverpool,  irriconoscibile per l'insolita involuzione tecnica e di gioco. 

Questo dimostra che non sempre i soldi fanno la differenza, e nemmeno un bilancio florido, come si pretende a volte da squadre che hanno patito situazioni difficili assicura il successo sperato. Nel calcio come già citato, nulla è scontato, e definire in anticipo una protagonista incontrastata come la vincitrice certa è esibizione di faciloneria. La pelle dell'orso la si vende quando l'orso è stato ucciso, non prima. Ed ogni partita ha la sua storia, strana ed irripetibile, e  la Champions ci ha abituato a sorprese e scene di follia collettiva da film giallo. E non potrebbe avere sceneggiatore più abile del caso e della sorte. 
Abbiamo troppo presto recitato il "de profundis" al nostro calcio, pronosticando una veloce uscita di scena delle nostre formazioni, ma il dio del pallone ci ha sorriso benigno, almeno fino ad ora, e soprattutto ha portato punti Uefa per le prossime competizioni, mantenendo il numero delle nostre rappresentative  che potranno presentarsi alle prossime gare europee. Era già successo nel 2003, quando tutti osannavamo il calcio  lnglese e tedesco, ma in finale Champions arrivarono Juventus e Milan, in quel di Manchester, dove trionfarono i rossoneri. 

Ma la mina vagante è sempre lei, il Real Madrid, campione in carica e dominatrice delle coppe negli ultimi cinquant'anni. Vinse le prime cinque Coppe dei Campioni negli anni sessanta, quando poteva esibire campioni come Di Stefano, la "Saeta Rubia" (la saetta bionda), Puskas, Gento, Santamaria, Del Sol ed altri fenomeni indimenticabili. Ora esibisce altri campioni come Benzema, Rodrigo, Camavinga, Valverde, Vinicius, Modric, Kroos ed un fuoriclassse in panchina, Carlo Ancelotti, un altro italiano. E se dobbiamo esaltare il successo  delle squadre italiane, dobbiamo anche valorizzare la nostra categoria di allenatori, perché al comando delle cinque squadre abbiamo quattro mister italiani, ovvero Vincenzo Italiano per la Fiorentina, Massimiliano Allegri per la Juventus, Simone Inzaghi per l'Inter, Stefano Pioli per il Milan, con l'unica eccezione di Mourinho, per la Roma. 
Certo che il nostro campionato, con tutte le polemiche e le diatribe legali che hanno occupato le pagine dei giornali, ha partorito una bella pattuglia di squadre che hanno fatto fin qui una bella figura. Non fa bella figura seguire questo continuo cacciar di streghe, di inquisizioni e di voglia di riformare il calcio, non con regole fatte a tavolino, ma a colpi di indagini, sospetti e spesso incongruenze su situazioni che a mio avviso sono ingiudicabili con il canone dell'uomo della strada. Dovrebbero invece essere valutate da persone che sanno di calcio, che conoscono le situazioni dentro e fuori dal campo, e non da giuristi improvvisati esperti di faccende calcistiche, delle quali hanno solo la visione illuministica e giacobina, alla ricerca del consenso dirigenziale, ma distruggendo risorse e capacità di sviluppo sportivo e di crescita tecnica e finanziaria. Chi fa calcio, supporta soldi e competenze,  forma dirigenti e allenatori, i quali formano calciatori e futuri uomini. Qualcuno pensa davvero di potere esercitare un potere senza rivali solo perché pensa di perseguire chissà quale interesse, se non il proprio o di qualche amico connivente? 
Ma così distruggerà il nostro calcio, impoverendolo e dandone un'immagine all'estero di forte negatività, allontanando investimenti e la passione verso un campionato che non sa ancora oggi che classifica potrà avere alla fine della regolare  sessione di partite.
Vogliamo questo, oppure facciamo una bella discussione e mettiamo innanzitutto delle regole nuove, e che soprattutto siano rispettate da tutti, e non a piacere di qualcuno e dispetto di altri?
Il calcio è fatto anche di soldi, montagne di soldi, pare un indotto solo per il nostro panorama di circa dieci miliardi di euro. Possiamo permettere che quattro esaltati, che invece di svolgere un incarico che prevede onore ed onestà intellettuale, si prodighino a distruggere capitali e persone, al  solo scopo di appagare la loro passione da tifosi e lobbisti di faccende poco chiare e  giochi politici oscuri?
La risposta la dobbiamo dare noi, guardandoci allo specchio e chiedendoci: ma così, non andiamo tutti a gambe all'aria?
E senza tacchetti!