Gustavo Giagnoni per molti fu l’uomo dal colbacco per le sue qualità umane che dimostrò sempre nel corso della sua carriera e vita.

Era nato nel 1933 ad Olbia (SS) 8° di 10 figli. Si avvicinò al calcio in un Campetto d’Oratorio, come Seminarista, a Lanusei, nella sua Sardegna. Dopo un po' di tempo si accorse di non essere portato per la vita ecclesiale, Ne parlò con i genitori che fortunatamente lo compresero. Tempo dopo lo vide giocare in parrocchia Gino Colaussi, l’ex ala sinistra della Nazionale italiana campione del mondo nel 1938, che lo volle all’Olbia. Trascorso solo un anno in quella squadra, si trasferì a Reggio Emilia, poi nel Mantova dove rimase quattro stagioni fino ad esordire in serie A, quando, sotto la guida di Edmondo Fabbri, il Mantova veniva soprannominata la selecon per i colori sociali (verde – oro) e il bel gioco prodotto.
A 36 anni Giagnoni smise di giocare e incominciò la sua carriera di allenatore su proposta della sua società.
Quando era a Mantova, all’inizio della sua carriera di allenatore, un tifoso di quella squadra gli regalò un colbacco.
Venuto a Torino dopo pochi mesi,  fin primi freddi prese ad indossarlo con continuità e molti tifosi granata lo notarono e piano piano si identificarono con lui . Da quel momento egli non potè evitare di indossare il colbacco quando sedeva in panchina, qualunque fosse la stagione, Non si poteva immaginare, fotografare, filmare Giagnoni senza il colbacco. Gli stessi tifosi incominciarono ad indossarlo, come simbolo della loro condizione sociale operaia, cui emblematicamente anche Giagnoni apparteneva, vista l’empatia con il pubblico granata per il carattere e spirito dimostrato da allenatore del Toro.
Giagnoni arrivò a Torino nel 1971 
sostituendo Cadè dopo una annata burrascosa. Rapidamente entrò nel clima Granata del Filadelfia, uomo inviso ai compromessi, pieno di orgoglio e passione. Si immedesimò molto nella cultura granata, probabilmente per delle sintonie fra la sua indole e l’ambiente. Parlava con tutti anche con i tifosi, tutti i giorni. Il suo obiettivo era far risorgere il Torino ai livelli che competevano a questa società.
Il periodo di Giagnoni al Toro non fu lunghissimo, ma molto intenso, tanto che la Storia di Giagnoni è una vicenda da Toro.
La prima impresa importante fu il campionato 1971- 72.
Nel primo anno il Torino con lui allenatore, lottò per lo scudetto e per un solo punto arrivò secondo. Fu il campionato scippato a Genova , da un certo Lippi della Sampdoria, il 12/03/72.
Gli adulti più adulti ricorderanno che il Toro era passato in vantaggio ad inizio partita. Pensò di gestirla, invece fu punito da un terribile uno-due della Sampdoria a fine primo tempo. Nella seconda frazione di gara il Torino si buttò in avanti cercando il goal del pareggio che riuscì ad Agroppi con un bel colpo di testa a pochissimi minuti dalla fine.
Sfortunatamente Lippi respinse quel pallone, sebbene dopo che aveva già oltrepassato la linea di porta di circa 30 cm., negando il pareggio al Toro. L’arbitro, Barbaresco, con comportamenti ambigui e indecisi, non convalidò affatto il goal, nonostante le proteste dei giocatori del Torino. Il Giudice di gara nel 2013 ammise l’errore e si scuso: bontà sua, meglio tardi che mai!!
Poi la pietra miliare di quell’anno, il 26/3/72 nel derby il Toro  batte la Juve per 2 – 1 con Sala su punizione e Aldo Agroppi, un castigamatti, rimontando il goal di Anastasi.

Ma la Juve conservò un punto di vantaggio e lo scudetto fu suo, senza dover disputare il temuto spareggio con il Torino.
L’Annullamento del Goal di Agroppi a Genova fu probabilmente fra i fatti che fecero dire a Giagnoni in una sua intervista: “A Torino non c’era posto per il Toro, ma soltanto per la Juve. Noi dovevamo sempre perdere, non dovevamo neanche contrastarla, io invece ho ridato dignità al Toro ed ho fatto in modo  che tornasse a vincere…”. Espresse questi concetti con il sorriso sulle labbra, con la massima schiettezza e soddisfazione.
A questo episodio se ne aggiunse un secondo. In un’intervista Giagnoni avrebbe affermato qualcosa contro gli arbitri che favorivano continuamente la Juve fino a spingersi a dire (se ricordo bene ndr): “Se mi accorgo che nel calcio vincono soltanto i “soldi” smetto subito”.
Apriti cielo! Di colpo si trovò contro la Federazione e tutti gli arbitri, Fortunatamente Giagnoni riuscì a rettificare affermando che era stato il suo accento Sardo a fa capire “soldi”, ma in effetti lui aveva detto “soliti” e così la squalifica fu decisamente meno grave.
Questa sua anti – juventinità era molto accattivante per tutti i tifosi del Toro che ne fecero un personaggio col colbacco e la sciarpa, regalatagli dai tifosi granata.

Uno dei capolavori di Giagnoni si realizzò nel Derby di ritorno dell’annata 1972-73 giocato il 4/3/1973: egli riuscì ad approntare e mettere a punto lo schema a triangolo di una punizione dal limite che chi ha potuto vedere il goal ricorda così: Agroppi finge di prendere la rincorsa per tirare, invece salta il pallone, calcia Sala appostato vicino alla sfera, ma non tira in porta, passa una palla tesa a Rampanti, appostato più avanti in piena area nei pressi del dischetto del rigore, aggirando la barriera juventina; nel frattempo Agroppi si infila nella difesa bianconera e dall’altra parte della barriera, riceve da Rampanti un pallone secco e teso, che lui appoggia comodamente di piatto: palla in rete. Goal!
Esplosione dei giocatori del Toro e dello stesso Giagnoni, per un  goal costruito a tavolino e riuscito alla perfezione.

Ricordò Giagnoni: “Nel Derby il Toro segnava spesso su punizione, quella volta aspettavano Sala o Ferrini, e chissà quali contromisure per evitare la rete su calcio piazzato aveva preso Vycpalek, lui che al mattino di quella domenica aveva affermato che il Toro nel Derby di quel giorno non avrebbe segnato su punizione”. Invece dopo la triangolazione perfetta, segnò Agroppi!”, proprio sotto la Maratona che donò un tripudio alla squadra per quel goal così bello, veloce, da sembrare una carambola di biliardo, sorprendendo tutti gli Juventini che rimasero praticamente immobili. Scirea chiese inutilmente il fuorigioco. Giagnoni, felice per il goal, abbracciò con fervore tutti i giocatori del Toro che gli venivano vicino.
Come se non bastasse, In precedenza Causio si era fatto espellere perché aveva preteso di misurare personalmente la distanza degli avversari da un calcio d’angolo. L’arbitro, avvertendo lai sfiducia (probabilmente sentendo qualche epiteto di troppo sul suo operato), cacciò Causio negli spogliatoi con quello che oggi si direbbe “un rosso diretto”.

Successivamente accadde il famoso incidente con Causio, raccontato dallo stesso Giagnoni in un’ intervista, dopo alcuni anni: avvenne nel  Derby del 9/12/73 vinto della Juve 1-0.
Dopo il goal di Cuccureddu, alla fine della partita, Causio si avvicinò applaudendo la panchina di Giagnoni che cercò di evitare lo scontro, come raccontò 25 anni dopo: “Lo vidi venire troppo vicino e lo fermai dicendogli: gira alla larga, non fare il furbo, io non sono tipo da accettare certe cose”. Nonostante l’avvertimento di Giagnoni, Causio si allontanò e poi si girò offendendo l’allenatore (“vai a…” secondo il Colbacco). A quel punto Giagnoni, uomo dall’alto profilo morale, perse le staffe e scattò, come lui stesso raccontò: ”Spostai il guardialinee che cercava di fermarmi (squalificato per avermi aiutato dato che aveva sentito ciò che Causio mi aveva detto) e gli mollo un cartone, di quelli che ogni tanto… con tutta la rabbia che avevo in corpo”. Causio cadde a terra tramortito. Fortunatamente “lo colpii allo zigomo, senza lesioni eventualmente punibili penalmente.”
Dopo la partita si recò ad Olbia, a casa dei genitori, parecchio turbato e con loro volle riflettere sui fatti, ricevendo rimbrotti dal padre toscano e apprezzamenti dalla madre sarda che gli disse (in Sardo): “Hai fatto bene!”.
Il martedì successivo, tornato a Torino, temeva la reazione negativa della gente. Quando arrivò al Filadelfia, invece, scoprì di essere diventato un eroe; c’era una folla enorme di tifosi ad aspettarlo. Giagnoni racconta: “Appena la gente mi vide, cominciò a inneggiare, a battermi le mani, a sollevarmi di peso. Almeno cinquecento persone in tripudio per me e solo perché avevo steso uno juventino. Mi commossi.”
Le pene commisurate dal Giudice sportivo furono di 2 giornate di squalifica per entrambi i protagonisti della disputa
. Giagnoni si è sempre dichiarato pentito del suo gesto, anche dopo molto tempo. Nonostante ciò, il legame con molti tifosi con questo episodio si consolidò alquanto.

Ci fu un altro episodio clamoroso che riguardò Paolino Pulici.
Qualche anno prima Pulici era stato acquistato dal Legnano, inserito nella primavera dove segnò numerosi goal. Quindi fu lanciato in prima squadra in serie A nel 68/69 da Edmondo Fabbri e messo successivamente in coppia con Gianni Bui per farlo crescere. Per due anni fece pochi gol ma ne sbagliò tantissimi, molti “già fatti” colpendo una miriade di pali. Quando arrivò Giagnoni realizzò una doppietta con il Vicenza e poi nulla per parecchie giornate. L’allenatore lo osservò per un po' di tempo, capì il motivo della discontinuità del giocatore, poi lo convocò; lo tolse di squadra e lo mise tutti i giorni a tirare in porta da tutte le posizioni ripassando alcuni fondamentali. Paolo Pulici non gradì la mossa del suo allenatore, la contestò, ma obbedì. Poi capì, si impegnò, imparò a fare goal, maturò ed è grazie a Giagnoni che gli anni dopo vedemmo Puliciclone! E Giagnoni una volta di più dimostrò di sapere sempre cosa mancava ad una squadra.

Nelle tante interviste visionate per scrivere questo pezzo, negli articoli letti, l’immagine di Gustavo Giagnoni appare subito come una figura vera. Infatti fu rispettato da Ferrini sia come avversario che come allenatore; il capitano granata diede la sua garanzia sulla schiettezza e di sincerità di quell’uomo. La sua vera dimensione la trovò al Toro, col suo Colbacco e la sua sciarpa inventando il tremendismo, riuscendo a trasformare talvolta il Toro nella squadra più forte del dopo Superga. Quando, corteggiato dal Milan, fu allontanato da Pianelli, pianse nel dover lasciare il Toro e gli rimase sicuramente una grande ferita che stentò a rimarginarsi. Infatti Giagnoni non si consolò nemmeno quando il Presidente Pianelli ammise che il suo più grande errore fu proprio il licenziamento dell’ allenatore Giagnoni,.
Successivamente Gustavo Giagnoni ebbe una lunga ed importante carriera da allenatore che lo portò, anche alla guida di Cagliari, Milan e Roma.

Gustavo Giagnoni morì l’8 Agosto 2018 all’età di 85 anni a Folgaria, sua città d’adozione. Il 2018 fu un anno terribile per i granata: Giagnoni mancò dopo Bonetto e Mondonico. Venne a mancare nella sua casa bellissima, ricca di quadri antichi e di cimeli che dimostravano la sua cultura, non soltanto calcistica. Per suo volere il suo colbacco e la sua sciarpa sono stati consegnati post mortem al Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata.

Gustavo Giagnoni è stato un grande allenatore al Torino, il primo a portare il Toro in vetta alla Classifica 22 anni dopo la catastrofe di Superga, precisamente il 16/04/72 battendo per 1-0 l’Atalanta a 4 giornate dalla fine. Ancora oggi è uno degli allenatori e personaggi del calcio torinese più amati e rispettati. Si può senz’altro affermare che Giagnoni fu il precursore del Torino dello scudetto, che mise le basi a quel Torino diventato molto forte e che potè considerarsi veramente rinato per la sua rabbia agonistica e il suo tremendismo, da lui innescato a voce durante le partite, un po' come il Trombettiere del Filadelfia innescava il quarto d’ora granata.
Ricordandolo con colbacco e sciapa, lo salutiamo con un affettuoso:
Ciao Gustavo

 “Maroso”