Rudy si guardò allo specchio: era in forma smagliante! Non dimostrava la sua età, perché ci metteva un sacco di vita nei suoi anni. Così, sicuro di sé, scese le scale con la rosa sorretta da una mano, di traverso al petto. Così apparve nell’arco al fondo delle scale, dove si fermò un attimo per cercare lei.
Non dovette impiegare molto per trovarla, la vide subito, vicino al bar che lo stava osservando tra le luci soffuse molto delicate. Lei si mosse e lui le andò incontro. La rosa fu scambiata con un lungo bacio.
La cena fu deliziosa, la conversazione squisita, i due si accorsero del feeling che si era creato fra loro, e i loro sguardi, le loro parole, le mani che talvolta si sfioravano crearono presto un’atmosfera idilliaca fra i due, come se tutto l’universo, che si stesse espandendo all’interno del loro animo, fosse solo la stanzetta dove erano seduti.
Dopo quella piacevolissima serata, lui accompagnò al suo appartamento Lory, lentamente, molto lentamente affinchè la serata avesse una propria conclusione. Quando arrivarono alla porta di lei, Lory lo guardò intensamente, lo baciò, e gli disse:
“Ti prego Rudy, aspetta ancora un momento; vedrai… sarà più bello”.

Rudy le sorrise, le prese la mano e gliela baciò. Guardò a lungo la porta che si chiudeva, quindi andò in camera sua con un sospiro per consolarsi con una bella risata e con una bionda vicino al suo letto. Quella birra però fu assai amara per Rudy.

Andò a letto e cercò di dormire, senza riuscirvi. Nemmeno la luna, ancora quasi piena, riempiendo di luce argentea, riuscì a metterlo di buon umore, nemmeno la voce del suo mare. Si sentiva un po’ preso in giro, anche se cercava di comprendere il punto di vista di Lory. Eppure l’aveva sentita sciogliersi fra le sue braccia in quell’insenatura in mare e non si sbagliava sui suoi sguardi invitanti a cena. Dopo circa un’ora era tutto silenzio, non un rumore in tutta la casa. La birra era finita, pensò di andare a prenderla al piano di sotto. S’infilò una vestaglia, tanto da basso non c’era nessuno. Uscì senza far rumore dalla sua stanza, ma il pavimento in legno scricchiolava come la tolda di un veliero, il corridoio era buio e lui si muoveva come un sonnambulo. Si arrestò ed istintivamente guardò l’ingresso della porta della stanza di lei. La porta era vetrata con un vetro molato e da dentro provenivano i bagliori di una fiamma, unica luce nel corridoio. Si chiese se lei fosse sveglia e cosa bruciasse; fece un altro passo verso l’ingresso, per vedere meglio ed in quell’esatto istante la porta scattò e si aprì.
Apparve lei, con alle spalle un caminetto la cui luce metteva in risalto il suo corpo mascherato da un ampio pigiama di seta molto leggero.
Rudy rimase assai meravigliato, ammirando quella bellissima ragazza che gli faceva segno col dito di avvicinarsi. Lui cautamente lo fece cercando di trattenere il feroce desiderio che ormai stava per avere il sopravvento. Si avvicinò e lei lo baciò; il bacio fu dolcissimo, ma ancor più dolci le sue parole:
“Vieni, ti aspettavo. Questa… è la notte giusta.”
Rudy entrò, lei lo fece accomodare su una poltroncina di fronte al caminetto ormai quasi alla brace. Lei si inginocchiò contro, appoggiando il capo contro le sue gambe, fino a scivolare su una pelliccia d’orso ai suoi piedi, di fronte al caminetto. La pelliccia, per quella notte, fu il loro giaciglio dove il loro amore si manifestò per sempre, alla luce della luna che penetrava nella stanza con la sua luce argentea. I loro sentimenti scattarono all’unisono, e lei - pensò Rudy - aveva auto ragione a rimandare, tanto che l’attesa ebbe già l’aroma della festa.
Si amarono perdutamente come quella notte fosse l’ultima per loro ed alla fine lui riuscì a farla sentire unica, unica donna che aveva amato essendo amato.

Due giorni dopo era l’ultimo giorno di vacanza di Rudy. Lei, a colazione, gli manifestò il desiderio di passare con lui quell’ultima giornata. Rudy fu ben contento della proposta e chiese quale fosse il suo programma.
Oggi c’è un buon vento, facciamo un giro in barca?”.
“Rudy scrutò l’orizzonte con il binocolo, poi, un po’ rattristato sconsigliò l’uscita:
“Il vento è troppo forte, a folate, e il tempo non mi piace, secondo me girerà a tempesta”.
Comandante, si fidi di me, conosco questo mare e questo vento. Non ci porteremo troppo al largo, dai: due ore per salutare il mare e siamo di ritorno”.
Rudy accettò mal volentieri.
Conosceva il mare e quello che aveva visto non gli piaceva.
Dopo un’oretta si trovavano al molo, Lory si imbarcò e lui diede una forte spinta da poppa alla barca e da lì ci saltò dentro prendendo il mare. Rudy notò che le onde erano già un poco alte, ma non disse nulla.
Lory pilotò la nave con maestria e Rudy si rassicurò un poco. Appena usciti dal porto notò dei nuvoloni addensarsi all’orizzonte.
“Lory ti prego, io non sono un fifone, ma tra pochi minuti saremo nei pasticci, torniamo indietro!”
Lory non lo sentì o fece finta di non sentirlo, continuando a tenere fermo il timone procedendo di bolina.
Lui si avvicinò a Lory per farla desistere, invece comprese che lei si stava divertendo tantissimo.
“Guardi Comandante, come taglio le onde e come guadagno acqua dalla riva
Rudy comprese che non poteva che assecondarla, sperando di sbagliarsi, cosa di cui dubitava molto. Notò che stavano imbarcando acqua, allora con una pompa a mano cercò di operare di sentina, ma la pompa era insufficiente, allora prese un secchio ed incominciò a sgottare.
Poco dopo il mare incominciò a gonfiarsi, si ingrossò e Lory fu colta da timori ben riconoscibili dalla sua espressione del volto. Allora il Comandante prese in pugno la situazione:
“Lory, lascia il timone a me, presto. Dobbiamo sbrigarci. Forse facciamo ancora a tempo. Forza!”
Il Comandante riuscì a far virare la barca usando tutta la sua abilità, finché si trovò con il vento in poppa. Ringraziò il cielo che l’andatura di bolina non li aveva spinti troppo al largo, anche se avevano scarrocciato un po’ lungo la costa; in pochi minuti sarebbero arrivati in porto.
Mentre si scorgeva già la riva, all’improvviso il Comandante scorse una barca rovesciata in mare che galleggiava a pelo d’acqua, proprio dritto davanti a loro. Cercò di virare e quasi ci era riuscito, quando una raffica di vento anomalo prese d’infilata la barca facendola scuffiare.
L’imbarcazione, rovesciandosi, li scaraventò entrambi nell’acqua gelida. Quando Rudy emerse, cercò disperatamente Lory, chiamandola a gran voce, finché lei rispose. Erano vicini alla barca e con due bracciate entrambi si attaccarono allo scafo.
“Perché hai virato così bruscamente? Ancora qualche minuto e saremmo stari in salvo”.
“Guarda là”, urlò Rudy mostrando il relitto semi-galleggiante della barca rovesciata poco distante.
“Accidenti non l’avevo visto.”
Stavamo per speronare quel relitto! Dai proviamo a raddrizzare la barca!”
La manovra in quelle condizioni non era affatto agevole, anche perché la vela, presa dal vento, avrebbe potuto nuovamente far ribaltare la barca.
Rudy ci pensò, ed urlò: “Aspetta, dobbiamo ammainare la vela, fino alla randa. Dobbiamo sganciarla dall’albero”.
“Io non l’ho mai fatto – si lamentò Lory”
“Non ti preoccupare, lascia fare a me
Rudy, estratto dalla custodia fissata alla gamba un coltello molto corto, affilatissimo, se lo mise in mezzo ai denti, si portò a nuoto sulla estremità dell’albero ed iniziò la delicata operazione dello sganciamento della vela aiutandosi col coltello per terminare il più velocemente possibile, temendo un peggioramento del tempo. Dopo una ventina di minuti la vela era sganciata quasi completamente, ma non del tutto, per favorire l’azione del vento mentre la barca veniva raddrizzata. Quindi Rudy ritornò vicino a Lory.
“Dai, è fatta, proviamo a raddrizzarla
I due si posero lungo la fiancata sottovento della barca, si trascinarono fuori dall’acqua e preso il trapezio, indossate le cinghie porta piedi, usarono i loro corpi come contrappeso. Dapprima non successe niente.
“Dai Lory, sposta il tuo baricentro fuori dalla barca, forza!”
Lentamente l’albero cominciò a sollevarsi dall’acqua e piano piano raggiunse la verticale.
“Ce l’abbiamo fatta!” urlo entusiasta Lory.
“Aspetta, dobbiamo ancora arrivare a terra. Saliamo a bordo”.
“Lory, tieni il timone in modo da tagliare le onde, se no ribaltiamo nuovamente. Io sgancio del tutto la vela e cerco di far partire il motore”.
Rudy prima si occupò della vela, poi scoperchiò il motore, asciugò tutto come meglio poteva con uno straccio strizzato e soffiò con forza più volte nel carburatore, poi pompò benzina dal serbatoio. Quindi fece per tentare l’avviamento a strappo, ma prima urlò sovrastando i sibili del vento:
“Dai bellezza, fai sentire la tua voce”
Tirò forte una volta, due volte, alla terza ci fu un po’ di fumo ed alla quarta finalmente il motore partì.
Lory lo abbracciò stretto, ma lui, senza pietà, le ordinò: “Per favore, continua a sgottare con il secchio, altrimenti rischiamo di affondare.”
Piano piano la barchetta arrivò in porto dove trovarono il molo pieno di gente che aveva assistito alla scena. Una scialuppa era già in mare per andare a prenderli, ma visto che se la cavavano da soli, li accolsero con un bell’applauso e delle coperte calde, aiutandoli rigovernare la nave.
Qualcuno li accompagnò fino al Pub, poi Lory ringraziò tutti ed i nostri entrarono, accolti da una festante Quikly. Giunti nel salone, soccorsi dal barman, che dalla terrazza aveva visto tutto, presero a sorseggiare un punch bello caldo.
Rudy…”
“Dimmi Lory”
Scusami
Bisogna sempre rispettare il mare: è bellissimo, ma non perdona mai. Ci è andata di lusso, credimi”
“Se non era per te, non sono come avrei fatto”
“Non lo so, forse sarebbero venuti a prenderti i pescatori”
“Può darsi, ma tu hai fatto di meglio, molto meglio” e gli si gettò tra le braccia.

Quella era l’ultima notte, vollero dormire assieme, ma sfiniti dormirono profondamente fino al giorno dopo.
Al mattino Lory consumò la sua colazione insieme a lui. Tutti e due cercarono di rendere l’atmosfera se non gioiosa almeno non triste.
“Dove te ne torni Rudy?”
“Devo presentarmi all’armatore stasera, a Genova. Mi devono assegnare un nuovo comando. Probabilmente una Porta Container. Se sarà così domani dovrebbero iniziare a caricarla”
“E tu?”
“Io avrò un sacco di lavoro da fare, ma non so come farò.
“Perché?”
“Perché penserò continuamente a te.” Le disse guardandola negli occhi teneramente.
“Quanto dura l’imbarco?”
“Adesso non lo so, dipende… Qualche mese credo.”
“E durante tutto questo tempo….”
“Ti sognerò tutte le notti, vedrò te e la tua cagnolina Quikly”
Venne l’ora. “Senti Lory, non mi accompagnare al treno, lasciami andare da solo, salutiamoci qui.”
Lei lo abbracciò stretto stretto con un bacio così appassionato e così disperato che Rudy contraccambiò con la stessa passione, per essere persino un po’ imbarazzato per la presenza del barman che fece finta di non accorgersi di nulla.
Ora devo andare” - e, guardandola negli occhi – “Sono stato felice qui con te. Mi hai reso felice”.
Lory era quasi sul punto di non riuscire più a trattenere le lacrime, ma trovò ancora la forza di dirgli:
“Rudy, dimentichi quella” disse Lory facendo cenno alla Guzzi.
Lui rise di gusto: “Tienila tu, falla girare ogni tanto, così quando torno la usiamo ancora!” In quell’istante il volto di Lory si illuminò….
Rudy si tirò in spalla la sua enorme sacca, si stagliò per un attimo sull’ingresso del Bounty esattamente come lei lo vide per la prima volte. Poi salutò con la mano, si voltò e se ne andò.
Lory prese Quikly tra le braccia e stette a guardare Rudy scendere dalla scalinata, finchè voltò l’angolo scomparendo.
Un attimo dopo ricomparve, buttò la sacca salendo le scale di corsa a tre gradini alla volta e abbracciò di slancio ancora una volta Lory, le diede un gran bacio a lei e… a Quikly.

                                                                                                   FINE