Che occupi un posto speciale nel mio cuore e in buona parte dei tifosi interisti credo sia innegabile.
Così come è altrettanto inoppugnabile che il suo ritorno non sia stato quello trionfale che ci si attendeva, anzi, ad oggi è definibile senza se e senza ma un autentico flop.
Ad oggi, perché poi magari ti rifila una doppietta in Supercoppa al Milan e ritorna l'amore sbocciato ai tempi di Conte (quanto sembra lontano...) e tanti saluti a Indaco32 e detrattori vari.
I malumori, però, non possono essere etichettati come soliti atteggiamenti impazienti di cui molto spesso è stato accusato il tifo neroazzurro, incapace di attendere e tutta la solfa che conosciamo a menadito. No, perché, parliamoci chiaro, in primis non si tratta di un ragazzo che necessita di tempo per crescere e non è neanche un calciatore che deve scontrarsi con l’impatto del campionato italiano (qualcuno, un giorno, ci spiegherà esattamente cosa voglia dire questa affermazione, ma fa sempre effetto e quindi ce la facciamo andare bene).
Poi, inutile negarlo, il suo addio per seguire l’adorata Londra sponda blues, agognata da quando era un bambino, ci ha fatto maluccio.
Al suo (temporaneo) saluto, parlai di “game over” per i nerazzurri (lukaku-al-chelsea) e purtroppo ci sono andato vicino, anche se fortunatamente non del tutto: abbiamo portato a casa due titoli, ma quello più importante ci è sfuggito.
Lo abbiamo regalato ad una buona squadra che, però, non è assolutamente all’altezza della nostra rosa. E questo non lo dico con spocchia e derisione verso un gruppo che ha compiuto un’autentica impresa sportiva (il bistrattato Pioli di questi giorni ha fatto un miracolo, se lo ricordino i cugini), anzi... getta ancora più fango sul nostro rendimento, tanto nella scorsa annata quanto in quella attuale. Non avremo mai la controprova, ma sono convinto che, sull’onda dell’entusiasmo del diciannovesimo tricolore, se fosse rimasto a quest’ora avremmo avuto la seconda stella appuntata sul petto. Sarebbe bastato metà di quello che ci ha dato nelle due stagioni con a bordo il tecnico salentino per poter vincere il secondo scudetto consecutivo.
E, invece, ora ci siamo ritrovati un attaccante sfiduciato, con un gioco che sicuramente non gli permette di sfruttare al meglio le sue doti, ma che non giustifica un tale andamento. Sottotono, pieno di errori, distratto: sembra uno studente alle prese con un compito di cui non ha studiato neanche una pagina.
E allora come pensa di passare l’anno? Come pensa di riconquistare il cuore di quella platea che lo aveva eletto a nuovo totem?
Il Mondiale, poi. Fardello, fissato in mezzo alla stagione, con un dispendio energetico fisico ed emotivo fuori da ogni logica: tutto per un appuntamento imperdibile, l’evento chiave per ogni calciatore che intraprende questa carriera. Ok, lecito, anche se per le società poco comprensibile, ma diamine, tutto è stato fatto in nome del campionato iridato per poi assistere ad una prestazione complessiva inguardabile.
Questo mese di stop ci ha restituito un attaccante ancora meno sicuro di quanto non lo avessimo lasciato per l’avventura con la sua Nazionale. E allora ci toccherà una Coppa Italia senza di lui. Una competizione già priva di mordente (anche se questa è un’altra storia), che poteva avere nella sua presenza uno stimolo in più, oltre che per garantirgli minutaggio e magari possibilità di tornare a festeggiare un gol nella sua San Siro.
E invece ecco un altro stop. Spiace per l’infortunio, ma così l’ipotesi di un rinnovo del prestito, oggettivamente, comincia a diventare complicata.

Noi attendiamo, con una vetta ormai lontana e una Champions League da onorare. E poi, quei due titoli su cui non possiamo non puntare.
Manca una settimana al primo snodo cruciale: ancora ho negli occhi la potenza dei suoi gol nelle stracittadine. Vorrei rivederne ancora: se deve esserci una scintilla, quella potrebbe essere l’occasione giusta.
Infiammazioni e simili permettendo.

Indaco32