Mi è capitato di leggere con interesse una affermazione di Guardiola sul calcio di oggi e in sostanza quello che è considerato il migliore allenatore del mondo affermava che oggi con le troppe partite in programma un allenatore non allena più di una mezzoretta ogni giorno.
Quando fondamentalmente allenare nel calcio, a mio modesto avviso, significa riuscire a “cambiare” nella prospettiva del miglioramento di qualcosa.
Allora mi viene in mente il celeberrimo aforisma di Winston Churchill abusato in tutte le Business Schools che si rispettano.
Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare”
Quindi già rivedendo quanto afferma uno dei migliori allenatori se allenare significa fondamentalmente migliorare e visto che si allena così poco, almeno si verificano due eventi piuttosto difficoltosi per la seconda parte dell'aforisma del grande vincitore della Seconda Guerra Mondiale.
La prima è che migliorare è molto difficile, quando si lotta per le prime posizioni.
La seconda è che, cambiando, visto che si allena molto poco, è difficile che si migliori.
E perché allora si cambiano gli allenatori nel calcio con elevata frequenza?
Se associo una squadra di calcio ad una barca da regata stile Coppa America, il mare che si deve affrontare è tempestoso di natura, di “default”, direbbe Gerry Nostro.
E quindi per rendere un poco più sentita la situazione ambientale ho cercato una poesia che citasse la tempesta e zac! ecco la magia del cervellone che mi suggerisce la stupenda “Tempesta” di Emily Dickinson e soprattutto il finale si applica alla vita in genere e al Calcio in particolare.

Eccolo, sintetico, stupendo.
Mi piacciono le cose sintetiche che ho cercato pure di racchiudere in qualche numerino.
Alla fine di uno sconquasso magistralmente narrato dalla poetessa ecco il finale:
Quante cose possono venire
E quante andare
Eppure il mondo non finisce!

Ecco in quel “quante” c'è una doppia valutazione non solo di quantità ma pure di frequenza, per cui mai nella storia dell'umanità c'è stato un “cambiamento” così “tempestoso” in gradiente di quantità e di frequenza di cose che sono cambiate, in tutti i settori della vita, in pochissimi anni.
La Dickinson finisce con una pausa atemporale di riflessione in questo turbinio di cambiamento con un “eppure”.
E' quasi un prendere fiato, un momento in cui fermarsi, magari in cui dare una dimensione al tempo un poco meno costipata.

Molti blogger qui indugiano spesso con toccanti racconti di “Amarcord”. Queste autentiche narrazioni sembrano anche loro dei momenti di “Eppure”.
Come mai questo frequente ritorno ad un passato quasi che per molti questo calcio presente forse rappresenti qualcosa di molto diverso da un  "calcio vero", oppure è solo un nostalgico ritornare indietro di osservatori un poco in là con gli anni?
Se abbiamo un poco di visione prospettica dal 1965 fino al COVID che ha radicalmente cambiato la nostra esistenza e pure il mondo del Calcio, fenomeno sportivo ormai acclarato come valido traslato compendio del significato della vita, considero delle regole che sono restate in vigore nel Calcio e che sono state spazzate via in quantità e frequenza in pochissimi anni.

Prendo due nuovi regolamenti in considerazione. “Nuovi” se consideriamo il periodo considerato di quasi 80 anni.
Il primo è una regola che ha resistito per ben ben oltre 50 anni, cioè quella del valore del gol in trasferta.
E' stata probabilmente modificata anche sulla sensazione dell'inquietante e irreale silenzio tra spalti opposti vuoti delle partite in casa e fuori casa.
Alla base di questa regola esistevano discrepanze logistiche che ponevano difficoltà a chi si trasferiva, la differenza dei campi, l'arbitraggio più preciso(?) e soprattutto lui il nuovo entrante il VAR, panacea di tutti gli errori, livellatore infallibile di ogni discrepanza.
Sono fondamentalmente servite le statistiche dalla metà degli anni '70 che dimostravano, come spesso succede alle statistiche, di dare ragione a chi comunque pretendeva di averla a priori, che si doveva “cambiare”. Infatti da un differenziale di 52 punti tra vittorie in casa e fuori si è passati a 17. Da un differenziale espresso in gol tra casa e trasferta di 1,07 si è passato ad uno 0,43.

“Elementare Watson” e così si cambia.
Non è che, visto che sono proprio un contrarian e pure uno diventato, nel campo calcistico, sempre più un poco luddista, che anche il livellamento oppure la crescita tecnica dei contendenti magari è pure cresciuta in ugual misura?
E come mai gli allenatori continuano a considerare il pubblico quasi come un dodicesimo uomo?. Si parla dei muri gialli, e vari inferni sparsi un poco ovunque? Non ha alcuna influenza? Certe “pressioni” soprattutto nel caso dello smisurato e sempre crescente ruolo del “business” nel calcio, non è che siano sostitutive oppure peggiorative di vecchie situazioni considerate ormai superate?.

Il secondo aspetto è dato dal numero delle sostituzioni, lui sicuramente conseguenza del COVID.
Anche per questa caratteristica direi fondamentale del gioco, quanto tempo e quanti cambiamenti!.
Prima il portiere, poi solo gli infortunati, poi uno, poi due, poi tre e ora ben la metà della squadra di movimento. Decenni non anni per arrivare in definitiva a cercare di applicare un concetto di fondamentale democraticità del gioco, cioè mettere le squadre in condizioni di parità.
Durante il COVID, visto che l'infezione colpiva in maniera notevole era giusto permettere che un allenatore potesse attingere a rose più ampie. Uno delle motivazioni era quella della valorizzazione dei vivai nazionali, maggiori opportunità per i giovani!
C'è stata? Non credo. Semmai il contrario, un ampliamento mostruoso dei costi di ingaggio e una invasione dall'estero di giocatori mediocri o poco più.
Non è che ritornare a tre sostituzioni magari risponda a logiche un poco più in linea con un gioco che non è il Basket?
Gli Amarcord sono frequenti e fanno salti di decenni. Li ho fatti anche io. Però oggi non si applicano a chi ha comunque fatto bene. I meriti sono subito dimenticati.

Quale parte ci piace di più dell'aforisma di Churchill, se la applichiamo al Calcio? Ma quella del cambiare comunque!
Via Pioli che ha vinto uno scudetto con forze inferiori,
che sta facendo meglio dello scorso anno che ha comunque in applicazione uno schema di gioco ultraoffensivo come piace ora, ma che non piace più anche a chi tra noi se ne intende molto più di me.
Anche a me non piace ma i risultati inducono ad altri ragionamenti.
Via Allegri che lo scorso hanno ha tenuto in perfetto galleggiamento pur qualificandosi per la Champions almeno sul campo, una barca senza bussola in mare molto “tempestoso”.
Per il calcio, ma forse molto più per i tifosi, vale una sola delle due parti dell'aforisma di Churchill, la seconda.
Ma tra le due c'è, a mio avviso,  una pericolosa terra di nessuno in cui è molto facile più “peggiorare” che migliorare.