Stefano Agresti interviene oggi sulla Rosea con un editoriale che evidenzia una “crisi del sistema” puntando il dito sulla disastrosa giornata arbitrale di ieri con il Milan pure coinvolto.
Penso che una giornata disastrosa come può essere definita quella di ieri non è altro che una ripetizione di tante altre che si sono viste e non sarò certo l'ultima a rappresentare un fenomeno che diventerà sempre più insostenibile.
E' un modo di affrontare il problema, a mio modestissimo avviso, partendo dalle conseguenze e non invece dalle cause.

Da un punto di vista “geometrico” il problema si può inquadrare nella “quadratura del cerchio” che ha impegnato le menti matematiche più illustri dell'antichità, problema che non ha soluzione. Tutti conoscono le formule dell'area di un quadrato e di quella di un cerchio.
Se dovessimo fate la radice quadrata delle aree, ci troveremmo la radice quadrata del famoso “π” o pi greco che non è un numero algebrico e quindi diventa un numero trascendente con la conclusione che la quadratura del cerchio è impossibile, cioè che tale quadrato non esiste.
Allo stesso modo per ottenere una iscrizione di un poligono dovrei avere un numero infinito di lati per ottenere un cerchio e quindi ricadiamo all'opposto nell'impossibilità della definizione stessa.
Inoltre da un punto di visto statistico l'accuratezza della rilevazione cala con l'aumento dei lati del poligono iscritto e quindi in definitiva tra un pentagono e un decagono l'aumento di quantità di informazione statistica che serve ad un dato scopo non è poi così rilevante, avendo la maggiore copertura dell'area del decagono un significato statistico che aggiunge ben poco a quella già coperta da un pentagono.

Questa premessa che può essere comunque saltata a piè pari dice una cosa fondamentale ed è, me lo si passi, una sorta di postulato di un teorema che in campo calcistico si può porre in questo modo: “uno strumento non può intervenire sull'uso dello stesso”.
In poche parole se uso un microscopio, il microscopio non può decidere lui che cosa farmi vedere.
E' il tema di oggi di importanza vitale per lo sviluppo umano relativo all'intelligenza artificiale e ripreso nel famosissimo film di Kubrick.
La discrasia uomo/macchina alla fine si riduce nella morte di uno dei due o addirittura di entrambi come sembra dire Kubrick, che comunque alla fine lancia un messaggio di speranza comunque di difficile comprensione.
Il lemma oppure teorema preliminare che sta alla base dell'attuale crisi arbitrale è che nessun mezzo visivo nemmeno con migliaia di telecamere può riprodurre con assoluta certezza ciò che avviene su un campo di calcio.
E' un concetto filosofico che riguarda la certezza di un fatto che appunto in quanto “visto” è soggetto a interpretazioni diverse.
Solo l'applicazione di regole interpretative, e comunque sempre arbitrarie ma comunque condivise, dà una soluzione a ciò che si vede oppure si crede di aver visto.
E' il tema del famoso film Rashomon di Kurosawa oppure della filosofia Pirandelliana dalla quale si esce se di comune accordo si stabiliscono delle regole che diventano leggi.

Mi rifaccio all'episodio emblematico del rigore chiesto dalla Lazio su l'ostruzione di Maignan. Le regole e quindi una assunzione sulla interpretazione stabiliscono che non è rigore. Ma solo i due protagonisti alla fine sanno bene e ognuno sostiene la sua parte, come in Rashomon quanto Maignan sia incolpevole ostacolo o quanto invece lo sia. Oppure non lo sa neppure lui e nemmeno Castellanos. Quindi la situazione diventa controversa. Viene risolta sulla temporalità degli eventi che diventa regola e quindi a termine di regola non è rigore. Ma se invece l'intervento fosse intenzionale lo sarebbe?
Questa sequela di errori arbitrali sta diventando dimensionalmente sempre più rilevante ed è raro che una giornata non richiami pesanti contestazioni. Almeno quante se non di più di quando il VAR non esisteva e allora che cosa ha risolto il VAR?
Il VAR sta cercando di fare quello che un quadrato non potrà mai fare cioè la quadratura del cerchio.
Proprio per il lemma sopra detto. Oggi non è possibile riprodurre visivamente in 3D quello che è avvenuto su un campo.

Sicuramente sarà possibile farlo, ma oggi con tante quanto si vuole inquadrature sempre in 2D non si può riprodurre quanto realmente avviene e poi, passando comunque anche attraverso la elaborazione di miliardi di bit, dubito che comunque si possa fare e comunque è un qualcosa che è di là da venire come applicazione normale. Lo sarà, forse. Olografia di uso comune?
Quindi magari vivremo virtualmente in perfetta riproduzione una gita nel Parco Nazionale dell'Abruzzo senza bisogno di andarci. Roba da sconvolgere tutto.

I disastri arbitrali che producono, pur con tecnologie avanzate, non sono a mio avviso imputabili agli arbitri ma all'uso errato della tecnologia che li ha messi profondamente in crisi di identità.
Nemmeno punirli oppure migliorandoli tecnicamente si risolve il problema. Abbiamo visto disastrose conduzioni arbitrali pure nelle competizioni internazionali e quindi?
Ritengo che i nostri arbitri siano tecnicamente alla pari di quelli stranieri se non migliori. Quelli che si criticano sono pure arbitri internazionali e allora? Visto il livello sempre crescente delle discussioni, si pensa addirittura a ricorsi in sede di giustizia ordinaria.
Il “teorema” sopra indicato lo si risolve, facendo fare al VAR il suo mestiere che è quello di uno strumento, uno strumento pure tecnologicamente inadeguato per quanto detto sopra e unicamente da interpellare.
Univocamente da interpellare da chi è interessato a interpellarlo come si fa già nel tennis, e cioè unicamente e solo dagli allenatori in un numero da stabilire.
Così come ci vuole un patto di onore sportivo tra allenatori e arbitri
che quello che poi l'arbitro decide viene comunque accettato senza le disgustose consuete sceneggiate di giocatori e di allenatori stessi.
Ridateci Lo Bello, ho detto ieri commentando il Lazio Milan di ieri. Solo restituendo pieno potere di giudizio all'arbitro con le modalità di soluzione che mi permetto di suggerire, si può risolvere il problema.

Esistono altri due aspetti che l'ingresso della tecnologia ha evidenziato. Il primo è quello del fallo di mano in area e il secondo è quello del fuorigioco.
Probabilmente il grande Pippo Inzaghi oggi si vedrebbe decurtato di almeno il 50 per cento dei suoi gol. Annullare un gol come quello di Leao è una assurdità calcistica prima di essere una assurdità tecnica, che di per sé è asettica e va regolata.
Ci sono aspetti che attengono al gioco nelle sue funzioni portanti e che non possono essere travisate e sconvolte dall'uso di una tecnologia che finisce per lavorare sui millimetri, e poi ammesso che ci riesca.
I movimenti del corpo in un fallo di mano in area che non sia voluto sono nella fisiologia del movimento stesso e non sono punibili, magari costringendo a posture innaturali.

Infine, almeno con la proposta del cartellino arancione si cerca una modifica, magari evolutiva come direbbe Jerry Cardinale, in un aspetto del gioco di squadra che a mio avviso va salvaguardato.
In una competizione sportiva l'obiettivo della parità numerica va posto come primario nell'ambito delle regole che sono sicuramente modificabili.
Non è il problema dei soldi o degli interessi che oggi ruotano attorno al calcio con evidenti risvolti anche di cultura sociale e comportamentali, ma questo è un altro discorso, ma di giusta equità sportiva data dal fatto che in una competizione è giusto, di per sé, che ci si confronti ad armi pari, ovviamente per quanto possibile.
La mia conclusione quindi è che la soluzione del teorema sopra indicato è nella modifica copernicana dell'uso attuale del VAR, pena la rovina dei principi fondanti dell'antico Gioco del Calcio.