Da quello che dice la Rosea di oggi sembra sembra proprio che con Giroud siamo ai titoli di coda. Occorre quindi gustarsi calcisticamente gli scampoli di questo giocatore che io spesso ho definito “Immenso”.

Inserito nella cospicua tradizione dei grandi centravanti rossoneri, il francese che doveva costituire una soluzione di breve termine si è dimostrato e si sta dimostrando uno dei più grandi nel ruolo di quelli che ho avuto la fortuna di vedere.
Giocatore fondamentalmente di movimento e riferimento non velocissimo, Giroud, arrivato tra lo scetticismo di tanti e del resto da me invocato ancora prima che arrivasse come possibile augurio nel ruolo, anche da noi ha dimostrato le sue doti di un senso del gioco unico.

I suoi movimenti a creare spazi, i suoi veli e appoggi, i suoi interventi difensivi, le sue soluzioni a correre pure con tocchi di tacco di sapore argentino, nonché il pezzo più forte del suo grande repertorio, rappresentato dal colpo di testa, sono quelli che complessivamente ne fanno un fuoriclasse da ricordare.
In questo senso, del colpo di testa si intende, solo il Carletto Galli, che arrivò nell'estate del 56 per vincere subito lo scudetto, nei miei occhi di memoria milanista aveva la stessa capacità letale di posizionamento e di conclusione di astuzia ma anche di forza nonostante un fisico ben diverso dal nostro grande Pompierone dato in cambio alla Roma e pure dello stesso Giroud che di fisico non scherza con il suo 1,92.
Il fisico longilineo di Galli e la sua altezza di poco più di 1,80, giova ricordare che essere 1 e 80 allora significava essere “molto alti”, gli consentivano galleggiamenti aerei difficilmente controllabili.
Al contrario di Giroud offriva anche soluzioni tecniche in ruoli di esterno oppure di “sottopunta” come orribilmente si dice oggi.
Anche la terminologia del calcio ha le sue mode. Il contropiede forse fa troppo catenaccio e quindi meglio chiamarlo “ripartenza”. Siamo arrivati all'orrore della definizione di “braccetto” invece che semplicemente terzino. Il libero che pure avanzava, come il grande Baresi oppure l'immenso Scirea, oggi sarebbero chiamati play un poco basso.
In fondo, anche se sicuramente il calcio evolve tatticamente e tecnicamente, ma per me non è poi tanto così diverso nello scorrere degli anni, la differenza è solo in qualche metro più avanti nella proposta del gioco che certo ai citati non mancava di certo.
Pure Galli arrivò in una grande infornata in quell'anno insieme al grande Gipo Viani, essendo tutt'altro giocatore del formidabile Nordhal negli scambi frequenti di quei tempi con la Roma.

Arrivò anche, in modo molto sottotono, un altro centravanti piccoletto ma tostissimo che forse pochi ricordano, ma è stato uno dei più prolifici in termini di gol per partita, Gastone Bean. Dalle statistiche di campionato 39 gol del Gastone su 87 presenze con una percentuale del 44% non sono certo bruscolini.
Il nomigliolo del Carletto, del resto chiamato “Testina d'Oro” ne indicava chiaramente le capacità letali nel chiudere di testa cogliendo tempi ed opportunità che francamente ho rivisto solo nell ”Immenso”.
Pure lui, ricordo benissimo, per chi aveva negli occhi la potenza di Nordhal, non è che venne accolto con gli osanna e direi invece lo fu con un certo scetticismo.
In quell'anno il Milan incamerò anche imprevedibilità ed estro con un norvegese ambidestro, Bredesen e con un'ala argentina Cucchiaroni, che non durarono un granché in rossonero, ma contribuirono a quello scudetto vinto con 6 punti di vantaggio.
Con la quasi certa uscita di Giroud si apre il posto del centravanti che nel Milan è un ruolo iconico del resto rappresentato tuttora con il “vecchio” numero 9.

Francamente resto sempre legato ai vecchi numeri di maglia rispetto a quelli odierni e devo dire  che mi riesce sempre più difficile seguire un calcio che sempre più viene stravolto pure in certe vecchie simbologie.
Poche sono rimaste infatti come il 10 oppure il 9. E vedere Leao con il 10 mi sembra quasi una eresia calcistica, non tanto perché non ne abbia la classe, condizione indispensabile per indossare un tale numero, ma perché per lui il numero iconico è 11 come quello del grande Gigi.
Insomma, certe tradizioni è bello pure ricordarle, ma il tempo sgretola tutto, pure nel calcio, e figuriamoci i numeri su una maglietta. Per quel poco che ho giocato io ci tenevo eccome ad avere il 5 sulla schiena quello del centrale.
Così come il numero 1, è quello del guardiano che protegge la virtù e in fondo in una trasposizione calcistica, il proprio inviolabile territorio e chi se non altro potrebbe essere il mitico numero 1?

Ma lasciando stare la numerologia calcistica stravolta pure essa da regole strambe e dall'orrido VAR, arriviamo alla domanda: chi potrebbe sostituire il nostro “Immenso”?
Due li ho visti e di uno ne ho parlato, Sesko e l'altro l'ho visto e ben seguito nella ultima vittoria della Dea giustamente festeggiata con i 100 rintocchi del Campanone e pure con fuochi artificiali.
Esistono differenze sostanziali tra i due. A parte che sono due marcantoni mica male uno di 1,93 e l'altro di 1,87, la prima è l'età. Lo sloveno ne ha 20 e lo svedese ne ha 25. Lo sloveno è un giocatore che va molto di penetrazione, lo svedese che va molto di gioco. Il colpo di tacco, una pennellata con cui manda in gol il compagno contro la Dea, perforando come un colpo di fioretto la difesa atalantina, è qualcosa che non mi sembra che sia nelle corde del lungagnone sloveno che ha potenza e agilità notevoli nonostante la mole ma non colpi finissimi.
E poi c'è Zirkzee, 22enne, altro indicato ma per me rimane un progetto pressoché impossibile e comunque pure lui mica male come statura ma ancora più di movimento rispetto a Gyokeres e anche più raffinato di tocco.

Tre giocatori con caratteristiche diverse ma che comportano schemi tattici diversi in una situazione come quella del Milan attuale dove tutto è in divenire, per usare un gentile eufemismo.
Quindi parlare di uno o di un altro, prima di diventare una realtà perseguibile economicamente perché sono tutti chiacchieratissimi e tutti nei taccuini nei direttori tecnici più accreditati pure con cospicue possibilità di acquisto, è molto prematuro e dipende anche dalla impostazione generale se andare verso un giocatore giovane oppure uno che insomma a 25 anni, una discreta parte di se stesso la sta già esprimendo.
La mia scelta personale, per certe movenze che mi ricordano, senza sembrare un eretico, il più grande “9” che io abbia visto seguendo il Milan appunto da quel 56, di Nordhal non ricordo moltissimo, l'inimitabile Marco, andrebbe sullo svedese.
Il duello con Hien suo compatriota e che penso lo conosca bene è stato una delle cose migliori da un punto di vista tecnico e agonistico della partita della Dea con lo Sporting de Portugal e quindi lo vedrei bene nel Milan proprio per certe sue doti di vero centravanti e anche di giocatore di manovra.
E poi chi può dire che cosa sarà il Milan del prossimo anno e soprattutto chi sarà magari il suo vero proprietario e non solo quello oggi dichiarato. I bloggers più accreditati del sito ne stanno discutendo animatamente con dovizia di interpretazioni.

Mi rimane strano comunque vedere un Milan, come è successo negli ultimi anni, dopo tanti anni di conduzione lineare, infilato in  questa ridda di società e queste manovre finanziarie che saranno pure legali e magari spero saranno opportunamente chiarite.
Ricordo infatti anche gli anni oscuri in questo senso e quindi rimango sempre su una sensazione del tutto personale ovviamente, che ho sempre avuto.
Questa dirigenza/proprietà non mi è mai piaciuta, perché sono un romantico che dà importanza alla storia come maestra di vita in ogni settore, ma non posso certo dire altro che non sia solo una sensazione di un tifoso ormai diventato forse troppo vecchio per occuparsi di questo “calcio strano”.