Sulla bruttissima partita di ieri tra Lazio e Milan magari non occorre dire più di tanto.
Al non gioco del Milan, cosa che si è verificata spesso nel corso di questo campionato si oppone, cosa inusuale, anche il non gioco della Lazio di Sarri.
Lo sguardo di Lotito, sotto il suo cappellaccio stile Stetson e stile Henry Fonda nello stupendo e malinconico western “Sfida Infernale” del '46 di John Ford, non sembra essere quello di una persona malinconica e che gradisca il povero spettacolo calcistico di ieri sera.
Di infernale, oltre al chiaro nervosismo che anima la Lazio di questi tempi, c'è stato il tifo di passione delle due tifoserie poco gratificate in linea di massima dalla scarsezza del gioco sul campo.
Probabilmente Sarri è un allenatore convinto che siano i giocatori a doversi conformare al suo mai mutato 433 sin dai tempi del Napoli e sempre tenacemente perseguito.
Purtroppo per lui, i suoi buttano al vento tre nitidissime palle gol offerte dal non gioco del Milan, che va al tiro solo sul finire del primo tempo e sempre nel primo tempo lo splendido pubblico delle due parti ha di che addormentarsi oppure a inorridirsi per la sterminata sequenza di errori dei propri beniamini.
Ma il tifo è tifo e tutto va bene purché si sostengano i propri colori.
A cominciare da una maldestra ciabattata, anzi una ginocchiata di Vecino, che non segna a porta spalancata perso dall'olimpico Luftus al quale Fidia avrebbe sicuramente dedicato una statua che oggi sarebbe ammirata come capolavoro d'arte, e un possibile rigore della serie VAR sì/no che risveglia dalla sonnolenza.

Il 4141 mette in buca il gioco o meglio il non gioco di Pioli. I passaggi di ogni tipo trovano Vecino quasi sempre a intercettarli, e gli errori di appoggio pure del grande Alberto sono davvero poco spiegabili.
Insomma, una noia totale, rotta solo sul finale del primo tempo da una conclusione di Pulisic che trova pronto Provedel alla respinta in angolo.
Come sempre di più accade sui campi di calcio, mi ritorna sempre di più vivida la saga bellissima di Terminator, almeno per me che sono appassionato di fantascienza, però molto di più quella antica di grandi film in bianco e nero, oppure dello splendido “Il Pianeta Proibito”, bello pure come romanzo di fantascienza, senza gli effetti della Computer Graphics.
La “Macchina”, ormai la chiamo così, sta sempre di più trasformando il gioco del Calcio, almeno quello svolto tra umani.
Dalla farsesca smentita del povero guardialinee affetto da seri problemi oculistici di San Siro, ma che magari ci vede benissimo, ma la “Macchina” dice di no, si passa alla espulsione del povero Luca Pellegrini, oppure alla interpretazione dello scontro tra Maignan e Castellanos.

L'arbitro e ora anche i guardialinee e pure il fantomatico quarto uomo che serve, ora che c'è la “Macchina” più o meno solo a litigare con l'allenatore non si accorgono che lo stesso Castellanos, sempre piuttosto steso in questo vibrantissimo match, è appunto steso a terra e pure sanguinante, mentre l'insensibile Pulisic non ascolta le suppliche del povero Luca, già per altro ammonito e gravemente dall'inizio in grave difficoltà sull'americano.
Dall'altra parte, anche per il campo scivoloso, spesso Zaccagni schiena Florenzi senza però gravi danni per i rossoneri. Al centro dell'attacco, un sempre più declinante Giroud sembra ormai giunto a un più che giusto capolinea almeno per quello che si sta vedendo in questo periodo, pur avendo fisico tartarugato invidiabile e Leao riprende le sue vecchie caracollanti abitudini del resto poco cercato.

Al centro in sequela di errori le squadre si equivalgono. Luftus e Vecino se le danno di santa ragione. Adli sta su Felipe e su Alberto e Guendozi più o meno, si cura di Bennacer anche lui insolitamente impreciso. Insomma, se dovessi usare i miei recenti parametri saremmo vicini allo zero.
Uno degli errori direi di natura “filosofica” è che l'umano in campo ormai sta sempre più dimostrando di non essere molto sintonizzato con la “Macchina” e quindi alla fine perde quello che lui pensa sia il controllo, ma non sa che il suo è come il rapporto tra l'umano e HAL del mitico film di Kubrick.
Quindi l'evoluzione, e poi ritorno su questo concetto di “evoluzione” sarà sempre più un gioco controllato totalmente dalla macchina con un cyborg a fare l'arbitro. Tra macchine il dialogo è asettico, continuo e veloce. Non così tra gli umani.
Ormai il tarlo della simulazione molto ingigantito dalla stampa calcistica, anche se è un fenomeno abbastanza diffuso, deve essersi insinuato nelle mente dell'arbitro per ora, ma tra poco lo sarà, non dotato di vista posteriore.
Infatti nella per me ormai inevitabile evoluzione di questo sport umano costituito da errori umani, si sta sovrapponendo una coltre di Intelligenza Artificiale che richiama molto la lotta tra cyborg e umani della Saga di Terminator.
Ridateci Concetto Lo Bello”, il cui protagonismo nelle soporifere partite, come quella di ieri sera, magistralmente evocato da Pereira, sta diventando il mio mantra personale nello sconsolato e penso ormai impossibile sogno di un ritorno al passato.
Il Grande statuario Concetto, con la sua imponente olimpica falcata, sapeva ridestare il sonno post prandiale degli spettatori in partite di questo tipo con straordinarie interpretazioni regolamentari oppure “lobelliane” come riportano le cronache del tempo, invenzioni pro e contro anche fatali, ma almeno erano concentrate su un'unica persona e non distribuita in subdoli megabyte di incerta origine.
Da allora, cioè da quando le suppliche di Luca non sono ascoltate, 50' del secondo tempo la partita è praticamente gameover per la Lazio.

La “Macchina” non ha alcuna pietà e non interviene. Pellegrini si becca il secondo giallo e la partita praticamente si mette in discesa per il Milan.
Una certa incertezza forse “La Macchina” l'aveva mostrata sull'ostacolo un poco malignazzo a mio parere di Maignan su Castellanos, ma non ha dubbi a identificare in qualche decimo di millimetro la posizione sul gol di Leao che in una partita di umani avrebbe dato il vantaggio molto prima.
Vantaggio che arriva piuttosto liberatorio a poco dal termine sotto lo sguardo corrucciato di Ibra. Provedel si supera ma non può impedire l'ultimo tap-in di Okafor. Salva poco prima ancora su una botta sicura di Luftus e Immobile si mangia un gol praticamente a porta vuota e poi sballa malamente andando subito al tiro su un errore grave della difesa rossonera. Non è proprio serata per Ciro.
Il finale è concitato e come un distributore automatico l'arbitro spara cartellini rossi, con l'augurio che il progetto di quelli arancione si realizzi quanto prima come nel caso di Pellegrino, magari.

Finisce in gloria per il Milan che si avvicina ancora una volta al secondo posto in una annata in cui Pioli, se non vince in Europa, ormai può considerare chiuso il suo pur notevole, a mio avviso, ciclo milanista, indubbiamente apice della sua carriera di ottimo professionista della panchina. Mi è sembrato che lo testimoniasse il gelido 5 scambiato con Ibra sceso pure in campo ad accogliere i vincitori.
E francamente non ricordo un allenatore di una squadra top che abbia alzato bandiera bianca prima di essere smentito dall'aritmetica.

Tornando al concetto di “evoluzione” tutti i bloggers, soprattutto di fede del New Deal di Jerry Cardinale, dovrebbero mandare sentiti ringraziamenti a Pereira che, cosa rara e preziosa e penso unica, ha sapientemente tradotto l'ultima uscita del Proprietario del Milan.
Contiene molti messaggi magari rileggendola bene, ma uno di questi mi ha colpito, perché si sposa un poco con il tono un poco cyborg-oriented di questo intervento.
E' il termine che usa di “evoluzione”. Non “cambiamento”, ma evoluzione, che è sorprendente e perché no, anche innovativo.
Cambiamento presuppone uno spostamento più o meno laterale con mezzi disponibili, magari sperimentando. Evoluzione comporta un qualcosa di “darwiniano”, quindi proiettato in una evoluzione della “Specie Calcio” in orizzonti tutti da scrivere con tonalità che per ora interpreto nel senso prima citato di rapporto tra umani e macchine.

Non scende nemmeno a sentire l'afrore testosteronico di uno spogliatoio delegando Ibra a queste incombenze. Importante è che piaccia a Ibra e a noi supporters o meno di Jerry Cardinale confidiamo in LUI.
Un altro concetto ricorrente è quello del cash-flow unito indissolubilmente al fatto che occorre sempre essere primi o comunque usando una terminologia che va molto di moda, “sostenibili”, perché ovviamente ci sono pure gli altri, e anche l'Inter che con una partita in meno ha 13 punti di vantaggio e 36 reti di differenza reti in più. E deve ancora incontrarci.
Come questa sostenibilità si possa poi conciliare con la “evoluzione” per me è tutto ancora da scoprire.