Spesso e volentieri mi imbatto in discussioni tecnico/tattiche, con amici o conoscenti vari nei blog. I discorsi sono più o meno sempre gli stessi, la nostra presunzione di sapere molto di più di allenatori e dirigenti. Secondo molti il calcio è una scienza esatta, per cui basta leggere una rosa, capire il modulo più adatto e metterla in campo. Con tanto di spiegazioni su sovrapposizioni, mezz'ali che si invertono, inserimenti in diagonali ecc.... Così mi chiedo come mai i presidenti di squadre di calcio di tutto il mondo spendono fior di milioni per un allenatore quando basterebbe dare in gestione la squadra ad uno di noi? Poi ci sono i dirigenti, quelli che lista della spesa a portata di mano, con entrate, uscite, costi lordi, plusvalenze, minusvalenze, bilanci, mettono in ordine non solo la rosa ma addirittura il bilancio, anche qui vale lo stesso discorso degli allenatori, che nella maggior parte dei casi sono la stessa persona. Quindi le società di club con uno di noi avrebbe risolto il problema. Ora, scherzi a parte, non credo che i presidenti siano deficienti, ma tendo più all'ipotesi che la maggioranza delle persone vive una vita virtuale, più adatta alla play station che alla realtà. Io non sono nessuno per poter puntare il dito contro qualcuno, ci mancherebbe, sono un semplice tifoso tutto qua, però a mio avviso, molti non hanno idea di come siano realmente le cose, perché il mondo creato virtualmente sui social, ti fa credere che tutti sanno, tutti possono, tutti siano migliori in qualsiasi cosa. Addirittura in questo momento ci sono un sacco di medici, virologi, ma non andiamo oltre per decenza e buon senso, restiamo nel piccolo mondo del calcio. I calciatori, poi, vengono trattati e bistrattati in continuazione in modo osceno. Prima campioni, poi pippe, prima da prendere a tutti i costi, poi da gettare via, due partite e già partono le sentenze. Io ho la sensazione che pochi abbiano mai giocato a calcio in una squadra, non importa a che livelli, ma per capire le vere dinamiche di un giocatore e del calcio, se non hai giocato e provato, mi dispiace, ma certe cose non le potrai mai capire. Senza annoiare nessuno, per cercare di far capire al meglio cosa intendo, vi racconto, in breve la mia storia di calciatore e bambino, sperando aiuti nel chiarire le idee a qualcuno.
Ai miei tempi il calcio "vero" iniziava intorno agli 8 anni con i pulcini, poi dopo due o tre anni esordienti poi giovanissimi e via via fino alla prima squadra che solitamente era in terza categoria.... Già da pulcino il calcio era 11 contro 11 su campi regolamentari, non esisteva il calciotto o a sette su mezzi campi. Da bambino che giocava nella strada o nel campetto della parrocchia tra amici, ti ritrovi a centrocampo ad ascoltare un omone baffuto che ti guarda brutto, e inizia con il dettare regole. Ma non importa, inizi da subito a sentirti parte di una famiglia, ti guardi in faccia con i tuoi amici e compagni e per magia senti da subito una unione che ti fa capire di essere parte di un unico mondo e che per un tuo compagno daresti la vita. Ma non è così semplice, il calcio che conoscevi non c'è più, ora c'è chi ti dice dove stare, cosa fare, e come farla. Ti sgrida se non corri, se sbagli uno stop o un passaggio, quando prima eri abituato a tutt'altro mondo. Ti sentivi Falcao o Platini, e ti ritrovi a capire che non sai fare praticamente niente di quello che ti chiede il Mister. Poi ti assegna il ruolo, ala destra. Ma come? Sono sempre stato una punta, ma che ci faccio in fascia? Figuratevi il terzino o il difensore stopper, chi lo aveva mai fatto il difensore? E così iniziano le prime frustrazioni, però non molli, ci mancherebbe. Prime partite "ufficiali" contro dei ceffi che vengono da paesi diversi, e ti guardano in cagnesco, pubblico a bordo campo, mai visto. Woooow esclami che bello. E c'è pure un arbitro. Inizia la partita e il tuo senso ti porta a correre e rincorrere la palla in qualsiasi posizione, perché la devi avere tu e andare in gol.
Ma subito ti rendi conto che il tuo Mister ti sta sbraitando contro "ma dove vaiiiiiiiii resta in fasciaaaaaaaaa" e così mogio mogio abbandoni il furore agonistico e te ne ritorni nel tuo posto, dove nel frattempo non passa mai un'azione e il pubblico mormora....."ma questo che ci fa qua? dai corri fai qualcosa" La magia sembra svanita, ma come? io che al campetto prendevo palla, scartavo tutti e segnavo gol a raffica, me ne devo stare qua in disparte a sentire pure le critiche del pubblico? In realtà da quel momento inizia la vera vita di un calciatore, fatta di ordini, allenamenti, rapporti con compagni e allenatore, fiducia, impegno e gestione degli impegni fuori del campo, come scuola, famiglia, e compiti, amicizie fuori dal calcio. Arrivi ad un allenamento, dopo tre ore di compiti e studio, magari non hai nemmeno finito, devi allenarti, poi di corsa a casa a finire i compiti per il giorno dopo, e così tu tutta la settimana, poi arriva la partita, ma la notte hai dormito poco a causa di un mal di pancia, ma sei lì in campo, con le gambe che tremano.
Non importa, inizia la partita, ma perdi il primo pallone, l'allenatore ti grida di brutto, cerchi di rifarti, corri, ma niente oggi non è giornata, il pubblico sbuffa e ti deride alle spalle al di là della rete, e tu ti chiedi. Ma è possibile che non capiscano che non sto bene? Così il Mister ti sostituisce e ti guarda brutto in panchina e ti dice "ma che ca...o hai oggi?" e tu taci, perché ai nostri tempi il rispondere indietro non era contemplato. Te ne ritorni a casa, giù di morale, ma pronto ad affrontare una nuova settimana.
Con il tempo i problemi di scuola diventano problemi di cuore con i primi amori, poi qualche problema in famiglia, poi delle decisioni da prendere in quale squadra andare a giocare con nuovi compagni, nuovo paese nuovo Mister, insomma, calcio e vita privata devono sempre per forza coesistere, e non è sempre così facile. Per rendere al meglio occorrono l'allineamento di una serie di fattori. Libertà mentale, ottimo rapporto con compagni e allenatore, condizione fisica accettabile e ruolo adatto. Se solo viene a mancare una di queste cose, molto probabilmente anche tutto il resto non andrà per il meglio. Ti senti in campo spaesato, fuori posto, la testa ordina delle cose ma le gambe ne fanno altre, il pubblico ti fischia, chiedono la tua sostituzione e ti trattano con disprezzo, e tu ti abbatti perché vorresti un po di comprensione. Tutto questo accade a tutti a qualsiasi livello, ma a livello professionistico è ancora peggio. Ci sono i soldi, le città lontane da andare a giocare lontano da casa e da amici. Sei sempre un ragazzo, con amici e amori, famiglia, e tutto il bagaglio da gestire e poi c'è la squadra, l'allenatore, gli allenamenti i rapporti da gestire. Leggi sul giornale chi parla di te, chi ti dà i voti, sui social chi ti offende, chi ti venderebbe subito perché non vali niente. E tu non capisci, perché ti alleni, fatichi ma c'è sempre un qualcosa che si intromette in quella congiunzione astrale che non ti permette di essere te stesso. Poi le cose vanno meglio, arrivano le ottime prestazioni, allora intorno a te tutto cambia nuovamente, però tutto è sempre pronto a ricambiare ancora. Nessuno ti perdona niente, a nessuno interessa di te come persona, devi solo giocare bene sempre indipendentemente da tutto, perché sei pagato, perché hai quel nome e perché nella play station, tutti fanno quello che serve sempre. Ho avuto compagni che vomitavano nello spogliatoio prima di entrare in campo, attacchi di panico da placare, gente furiosa per una sostituzione che gli ha rovinato la prestazione con gli osservatori di una squadra importante in tribuna. Visto e fatto a cazzotti in spogliatoio per incomprensioni, compagni emarginati e messi in campo sempre nelle peggiori condizioni di giocare. Club nati dentro uno spogliatoio in grado di fare fuori compagni o allenatori. Obbligati a volte a giocare nonostante febbre o infortuni con tanto di iniezioni di cortisone. Il calcio è lo sport piu bello che esiste, finché rimane nei limiti, poi c'è la realtà, e cosa si nasconde dietro ad ogni giocatore che nessuno sa, ma tutti credono di sapere. Quando vedo gente come Ronaldo, Ramos, Maldini, Del Piero, Totti Zanetti, e tanti altri che per una vita sono riusciti a mantenersi a quei livelli, credo che siano dei marziani, perché anche loro hanno fatto quei percorsi, anche loro hanno patito tanto o poco queste dinamiche, e quindi la loro forza è stata immensa, più come uomini che come giocatori.
Oggi ho visto Lewis Hammilton laurearsi campione del mondo per la settima volta. Settima volta!!! stiamo parlando di un mostro, una leggenda, uno che guadagna milioni su milioni, uno dei più famosi e seguiti al mondo, eppure appena raggiunto il traguardo, spenta la macchina, prima di scendere si è lasciato andare ad un lungo pianto liberatorio, dove in quel momento di intimità solitaria, ci sarà stato tutto il suo sacrificio, paure, ansie la responsabilità sopra il suo nome che anche lui deve combattere ogni giorno. Per molti questo è solo un pilota che guida la macchina più forte e quindi tutto è scontato. Lo so che è impossibile, ma ogni tanto, quando guardate una partita cercate di tenere in considerazione che sono ragazzi, certamente fortunati che guadagnano tanto, ma pur sempre ragazzi, lontani da casa, da tutto e tutti, con problemi fisici o personali, o all'interno di uno spogliatoio, che noi non sappiamo, e che a se non abbiamo la certezza che si stiano impegnando poco volontariamente, probabilmente c'è altro dietro. Ci sono pressioni, obblighi, anche sbagli di valutazione altrui che spesso mettono in difficoltà proprio i giocatori, le offese le critiche gratuite non servono a nulla.
Ora alla Juve tutti ce l'hanno con Dybala e Bernardeschi, perché non è concesso loro un momento no. Poi c'era Rabiot che da pippa ora invece è forte. Morata è diventato insostituibile, fino a quando non sbagliera' due partite. Tornerà De Ligt e sarà criticato perché il post infortunio non deve esistere. Mentre Chiellini è già da cestinare.
Ma nessuno si chiede mai cosa c'è dietro le quinte... perché pochi ci sono stati.