Archiviata la sessione corrente di calciomercato, allo scoccare del tanto atteso gong nella settimana precedente, nel Regno Unito si respira già un’aria intrisa del tipico manto erboso britannico: il meraviglioso colore verde, risultato di un clima che si addice perfettamente a questo sport, che si mescola alle figure di 22 uomini pronti a darsi battaglia sullo stesso terreno di gioco. Su il sipario, comincia dunque lo spettacolo della Premier League, considerata da un pò di annate a questa parte come il campionato più ricco in assoluto, a partire dai massicci investimenti realizzati dai facoltosi club d’oltre manica, senza dimenticare quante emozioni sia in grado di regalare agli spettatori.
In Italia si discute spesso sul “come” queste società, di cui molte neanche in lotta per vincere un titolo, ma piuttosto per centrare il tanto agognato obiettivo salvezza, riescano a sborsare cifre da capogiro per le proprie campagne acquisti, realizzando almeno apparentemente enormi deficit di bilancio. Senza dilungarmi eccessivamente su tale faccenda vi invito a fare una breve riflessione su uno dei motivi principali per cui tutto ciò è reso possibile: nel bel paese il campionato sembra essere già deciso ancor prima di iniziare, ovviamente un tifoso italiano non rinuncia ugualmente a seguire i propri beniamini, ma in un mondo che si sta globalizzando con la velocità di un treno nipponico, quest’interesse da solo, ormai non basta.

Per riuscire ad aumentare i ricavi, portandoli ai livelli di chi può spendere senza riserve o quasi, bisogna lanciare segnali che lascino intravedere una visione allargata del calcio italiano: l’appeal del nostro prodotto dovrebbe crescere e svilupparsi in tutte quelle zone del mondo in cui possa nascere un deciso coinvolgimento della gente, la quale non si limiti a guardare la Serie A solo perché vi partecipa un fenomeno come CR7. È chiaro come la luce del sole che realizzare una simile impresa non è per nulla semplice, eppure al momento è l’unica strada percorribile: se si riuscisse ad aumentare la competitività della competizione in questione, salirebbe di conseguenza anche la domanda dei diritti televisivi, con allegato aumento del prezzo di questi ultimi. Un meccanismo semplice e vecchio come la terra su cui camminiamo ogni giorno, ma efficace e sempre attuale nelle proprie dinamiche: bisogna però necessariamente rischiare qualcosa e non perdere mai di vista l’obiettivo, argomento ancora non molto chiaro nella mente di tutti gli addetti ai lavori.

Lasciando le supposizioni alle spalle, potrebbe essere utile invece dedicare un attimo di attenzione ad un’interessante classifica stilata dal noto sito transfermarkt.it, la quale ritrae l’intero svolgimento del calciomercato d’oltre manica. Un avvicendamento sorprendente quello che pone uno dopo l’altro i celebri stemmi rappresentativi dei diversi club, divenuti ormai icone assolute di un calcio in continua evoluzione, che aspira a trasformarsi nell’unica dimora dei migliori talenti in circolazione.

Passando dunque in rassegna le presentazioni, ecco la graduatoria stilata attraverso la somma algebrica tra entrate ed uscite finanziarie: a sorpresa, al primo posto si accomoda la neopromossa Aston Villa, società storicamente prestigiosa nel panorama nazionale ad internazionale, la quale torna nella massima serie dopo ben 3 stagioni trascorse nella categoria cadetta; grazie ai 148,6 milioni spesi in chiave mercato, i “villans” si garantiscono il primato in questa peculiare classifica.

Subito dopo la formazione di Birmingham, seguono i “gunners” guidati dal manager Unai Emery, con un bilancio in negativo di circa 102,1 milioni di euro: in seguito ad un paio di annate sotto tono che non gli hanno permesso di qualificarsi alla prestigiosa Champions League, i londinesi ripartono da una prosperosa campagna acquisti in cui spicca il nome di Nicolas Pépé, attaccante ivoriano arrivato dal Lille per ben 80 milioni.

A chiudere il podio ci pensano i campioni in carica del Manchester City, club abituato ad impressionare il pubblico, anche grazie a trattative dalle cifre monstre: sono 99 i milioni di euro di differenza tra entrate ed uscite, con un saldo in negativo che sembra non spaventare affatto le facoltose tasche del ricco proprietario medio orientale.

In quarta posizione si piazzano i cugini dello United, distanti soltanto 5 milioni rispetto agli “skyblues”, con un deficit che si sarebbe senza dubbio allargato con l’esclusione della cessione di Romelu Lukaku all’Inter per 65 milioni: i "red davils" hanno iniziato il campionato nel migliore dei modi con il 4-0 rifilato al Chelsea domenica scorsa, con il neoacquisto Harry Maguire (il centrale più costoso della storia) a giganteggiare tra i migliori in campo.

Nella top five si registra la presenza di un altro club di medio-bassa fascia, ovvero il Wolverhampton dell’ex rossonero Patrick Cutrone, capace di sborsare ben 97 milioni ed incamerarne l’esigua cifra di 3,4 con un rosso in bilancio pari a 93,6 milioni di euro: i “wolves” hanno manifestato pienamente il proprio impegno nel rinnovare e puntellare una rosa che dovrà cimentarsi con l’Europa League, competizione accessibile attraverso una fase preliminare che potrebbe vederli coinvolti in un testa a testa con il Torino di Walter Mazzarri.

In seguito ecco riportate le posizioni successive:

6) Tottenham (83 milioni)

7) Brighton & Hove Albion (67,6 milioni)

8) Everton (52,9 milioni)

9) Sheffield United (47,5 milioni)

10) West Ham (34 milioni)

 

Una classifica inattesa, singolare nella sua essenza perché probabilmente diversa da quella che apprezzeremo al completamento del torneo in corso, ma da interpretare come un segnale determinante lanciato nei confronti del resto della scena mondiale, racchiuso interamente nel titolo di una canzone pubblicata nel 1996 dal titolo “Three Lions”: the football’s coming home, recitava il ritornello, da reinventare in chiave attuale come un vero e proprio “back home” dato ciò che sta accadendo.