Una cosa è sicura, in questo campionato, dal pallone fermo, quello dei commenti da tastiera, in assenza di partite e notizie concrete, c'è una squadra che vince, staccando nettamente ogni avversaria, senza lasciare spazio a rimonte. E' quella dei tifosi del Milan. Troppi i momenti belli e le vittorie da ricordare, che anche le rare sconfitte che tornano a galla, nel raccontarle diventano, meno amare, parte di una storia che anche grazie a loro è diventata unica e stupenda. Come "il bacio di Giuda", che è un atto di tradimento, ma determinante nel contesto "Divino".
A confermare questa mia affermazione, basta leggere qualche articolo dei blogger che scrivono in VivoPerLei, per restare piacevolmente impressionati. Alla mia, non più giovane età, non saprei quantificare quanti articoli ho letto della "Rosea", nome con cui viene chiamata, per il suo originalissimo colore, La Gazzetta dello Sport, ma pochi o nessuno mi hanno emozionato come quelli scritti da Massimo48, Nostalgicorossonero, Federicoz, Zardoronz o Angelredblack e nel citarli non vi è alcuna distinzione o classifica. 
Nel leggerli constatavo che non mi accomuna a loro, il solo fatto di tenere per la stessa squadra, ma quel piacere del bello, della ricerca di cogliere i particolari e, se possibile, un pizzico di sana ironia, che probabilmente ci viene tramandata da tifosi eccellenti, come ad esempio, Tognazzi o Abatantuono. Ho provato ad immaginare cosa possa realmente unirci, per poi dividerci sulla scelta di un calciatore, un allenatore o uno schema tattico da adottare.
La musica? Battisti, Dalla o Vasco Rossi, per poi cantare sotto la doccia, Jannacci, Pozzetto o Gaber? Fra Achille e Ettore, il nostro eroe è il troiano? Fra i sette nani, simpatizziamo per Brontolo? E il film "Qualcuno volò sul nido del cuculo" del regista Milos Forman, vincitore di cinque Oscar è nella top 10, di tutti? Blatero? Scrivo sciocchezze? Dubito. I colori con cui guardiamo il mondo, sono gli stessi e siamo uniti da un filo invisibile che non a caso ci porta a soffrire e gioire per la stessa squadra.
Vivendo all'estero, in un "luogo magico", una casa di campagna a quaranta chilometri da Praga, immersa fra verde e boschi, trascorro giornate serene, dedicandomi a studio e scrittura. Il confronto con penne così preparate e sagaci mi porta entusiasmo, obbligando ad abbandonare, momentaneamente, pericolose retrospettive sulle quali mi ero arenato, per cercare, usando un termine ciclistico, di "stare a ruota", senza perdere troppa strada. 
Non mi viene certamente in aiuto, il Milan, che continua a percorrere la strada dell'incertezza, senza riuscire a dare inizio ad un progetto, chiaro, concreto e condivisibile. Una situazione che si trascina da anni il cui colpevole principale è il Presidentissimo, Silvio Berlusconi, che tante gioie  ci ha regalato. Purtroppo bisogna evidenziare che ha sacrificato il Milan, dopo anni meravigliosi, per dedicarsi alla politica.   Galliani prima e successivamente affiancato da Barbara, non sono riusciti a gestire la Società e coinvolgerlo, oltretutto aumentando sia le spese che le perdite. La conferma di Pato e la rinuncia a Tevez è stato il punto di partenza di una discesa, che appare inarrestabile.                                                 

La vendita ai cinesi, tanto assurda, quanto misteriosa, che non merita commenti, un finale indecoroso, non degno di ciò che ha saputo regalarci. Oggi il Milan è di proprietà di un Fondo Economico Americano, che non lascia speranze ad una cessione immediata. A peggiorare la situazione è il fatto che il loro uomo di fiducia sia Ivan Gazidis, che oltre ad essere straniero e a non parlare la lingua italiana, non vanta una carriera così luminosa, da poter garantire le sue qualità. "IBAM", come viene soprannominato, l'amministratore delegato, era in precedenza all'Arsenal, la gloriosa società londinese  fondata nel 1886, e probabilmente il fatto di essere uno dei club più ricchi al mondo, secondo la rivista Forbes, deve aver convinto il Fondo Elliot a sceglierlo. Purtroppo a livello sportivo non ha portato alcun risultato ed è bene ricordare che in più di 120 anni di storia, gli unici trofei internazionali, sono una Coppa delle Fiere e una Coppa delle Coppe, nonostante giochino all'Emirates Stadium con una capienza di 60,432 posti e sia la terza squadra inglese dopo Manchester UNT e Liverpool, per titoli nazionali vinti.
Dopo due stagioni al Milan, a parte il progetto dello stadio, condiviso con l'Inter, che per bene che vada sarà pronto fra cinque anni, si è distinto più per i suoi silenzi che per i risultati ottenuti. Il pessimo rapporto con i più stretti collaboratori è l'evidente dimostrazione che sia incapace di proporre soluzioni senza necessariamente andare allo scontro. 

Quale futuro ci aspetta? Sarà Ralf Rangnick a dare inizio ad un progetto concreto? Si riuscirà ad allestire una squadra all'altezza di quella cornice di pubblico che, allo stadio, in Italia e nel Mondo, noi tifosi continuiamo a garantire? Dubito che ci siano risposte, nell'immediato. Allora l'unico invito che rivolgo a Gazidis, in attesa che si possa tornare a giocare e programmare la prossima stagione è che almeno possa imparare a cantare. Tony Renis, che spero sappia che ha scritto l'inno del Milan, a San Remo del 1962 si classificò a quel quarto posto che tanto ci auguriamo di raggiungere, valendo l'accesso alla Champions, il titolo? Quando, quando, quando.