Il calcio non è una scienza esatta: un vecchio assunto che trova la sua più plastica raffigurazione in una delle 107 meraviglie di questo sport, la rimonta.

Champions League, edizione 2017. Il Barcellona perde in casa del Psg per 4-0. Al ritorno, monumentale prestazione dei catalani e un gol miracoloso ai minuti di recupero di Sergi Roberto: 6-1, remuntada e Barca ai quarti. L’impresa sfiora l’assurdo perché Cavani, sul 3 a 0 per i blaugrana, segna al minuto 62’ il momentaneo gol del 3 a 1, che avrebbe spezzato le gambe a tutti. Ma non ai campioni. E non a Sergi Roberto.

Parecchi anni prima è il Psg invece a rimontare una squadra spagnola e non una qualsiasi. Quarti di finale Coppa Uefa 1992/93. Andata: Real Madrid vs Paris Saint-Germain 3-1(reti di Brutragueno, Zamorano e Michel per il Real, di Ginola per i francesi) Ritorno: Paris Saint-Germain vs Real Madrid 4-1 (reti di Weah, Ginola, Valdo e, nei supplementari, di Kombouarè, per i francesi; di Zamorano per gli spagnoli).

10 aprile 2018, giorno della rimonta della Roma ai danni proprio del Barcellona: è il 3 a 0 dell’Olimpico (gol di Dzeko, De Rossi e Manolas) che ribalta l’andata di Champions, catapultando i capitolini in semifinale. Storia!

Supercoppa italiana 2006, quella volta tocca ai gialorossi soccombere: Inter-Roma 4-3. Sotto 3-0, dopo i gol di Aquilani e Amantino Mancini, ci pensano Vieira e Crespo a realizzare la rimonta. Tre a tre e supplementari dove, con una rete di Luis Figo su punizione, l'Inter si aggiudica il trofeo.

In quell’Inter gioca Ibrahimovic, che ci offre l’assist per ricordare un’altra allucinante rimonta: il 4-4 tra Germania e Svezia del 2012. Qualificazione ai Mondiali: a Berlino i tedeschi si portano sul 4-0, andando a segno due volte con Klose, Mertesacker e Ozil. Poi si accende Ibra che, con un colpo di testa, apre la strada per la rimonta, che si concretizza con le reti di Lustig, Elmander e, al 92', di Elm.

Ma la Germania, le rimonte, le ha più inflitte che subite. Coppa Rimet del 1954, finale: la Germania Ovest di Rahn, Morlock e Fritz Walter ribalta l’iniziale vantaggio della grande Ungheria di Kocsis, Czibor e Puskas. Da 0-2 a 3-2. Coppa Rimet 1970 (quella d’Italia-Germania 4 a 3, per capirci). Ai quarti di finale la Germania Ovest batte 3 a 2 l’inghilterra: Mullery, Peters, Beckenbauer, Seeler e, nei supplementari, Gerd Müller gli autori delle reti che sancirono il 3-2 tedesco. Mondiali Spagna '82: la Germania Ovest batte ai rigori la Francia di Platini nella semifinale, dopo che nei supplementari si era trovata sotto 1-3.

E che dire delle allucinazioni che per anni i tifosi milanisti hanno avuto dopo la nefasta notte turca? Sto parlando di Milan-Liverpool 3-3. 25 maggio 2005, finale di Champions league, la più amara per i milanisti, la più dolce per quelli che non cammineranno mai da soli. A Istanbul Maldini e Crespo fanno sognare per un tempo i tifosi rossoneri. Ma nei secondi 45 minuti (e in soli 6 minuti!) le reti di Gerrard, Smicer e Xabi Alonso riportano il match in equilibrio, fino ai calci di rigore che consegnano la vittoria ai Red Devils (gli errori dal dischetto sono di Serginho, Pirlo e Shevchenko... insomma, proprio una serata folle).

E non è l'unica finale Champions da cardiopalma. C'è infatti quella che io definisco la rimonta delle rimonte, la realtà che supera l'immaginazione: Manchester United-Bayern Monaco 2-1, finale di Champions League 1999. I tedeschi vanno in vantaggio con Basler al quinto minuto, risultato che difenderanno fino al 90'. Ma ci sono anche i minuti di recupero ("Partita finisce quando arbitro fischia", vi dice niente?). Collina ne assegna 3, nemmeno tanti; quanto bastano però perché Teddy Sheringham e Solskjær ribaltino il risultato.

Nemmeno la più iridata delle italiane è sfuggita allo smacco della rimonta. La Juventus ha conosciuto il fragore di quello schiaffo in piena faccia e non è stato uno schiaffo qualunque, perché a mollarglielo sono stati i cugini di città e per ben due volte. Nel 2001 il miracolo (o la tragedia, a seconda dei punti di vista) si materializza sotto la mole: Juventus-Torino 3-3. La Juventus chiude il primo tempo sul 3-0 (doppietta di Del Piero e gol di Tudor). Ma al rientro in campo qualcosa cambia: Lucarelli, Ferrante e Maspero trafiggono Gigi Buffon facendo impazzire i tifosi del Toro. Ma il dramma non è completo, perché sul finire c'è un calcio di rigore per la Juve: il cileno Salas lo sbaglia e i granata vanno in visibilio. Negli ottanta (era il 1982) accade che, in svantaggio all'intervallo per due reti a zero, i granata ne fanno tre nella ripresa e sconfiggono la vecchia, invincibile Signora.

Andando infine indietro nel tempo, nessuno più si ricorda della rimonta da 0-2 realizzata dalla Svizzera nella ripetizione dell’ottavo di finale del Mondiale 1938 contro la Germania, che aveva unificato anche calcisticamente l’Austria e salutava a braccio destro teso prima del calcio d'inizio: i rossocrociati guidati, da Abegglen III, vinsero 4-2.

Potrei continuare, ma dovrei pubblicare questo articolo a puntate perché sono state davvero tante le rimonte impossibili. Spero perciò che questi piccoli frammenti di vita calcistica siano sufficienti a descrivere cosa siano le rimonte.

Le rimonte nel pallone sono splendidi pamphlet avventurosi, che condensano in pochi istanti di pura drammaturgia sportiva l’essenza stessa dei campioni. Quelli che non si arrendono mai, che non si rassegnano, che non si fermano, semplicemente perché non contemplano il concetto di sconfitta. Sono imprese eroiche, perché eroico è tutto ciò che sfida l'impossibile e le logiche della ragione. Eroica è la rimonta perché rappresenta la contesa impari tra undici uomini ed un gigante di ghiaccio, fatto di numeri e lancette, che finisce per cedere al sacro fuoco dell’ardimento. Atleti, armati di talento e di quell’indefinitezza motivazionale che talvolta è coraggio talaltra è follia, sconfiggono il tempo e la logica del risultato. Dagli spalti piovono fischi, la fatica è tanta, ma le gambe non tremano, il cuore batte a mille all'ora, la concentrazione è al massimo e in quei momenti di pura trance agonistica non esiste null’altro che un pallone da mandare avanti e spingere in rete. E’ la magia delle rimonte. E del pianto, sì. Nell’epica ellenica il pianto è segno d’eroismo, Omero (o i rapsodi che scrissero l’Iliade) descrive per esempio il pianto di Achille come l’emblema del semidio che si abbandona alle fluide emozioni del cuore; ebbene, nelle rimonte queste emozioni si mescolano tra di esse accomunando magicamente vincitori e vinti, attori e spettatori.

Già, i rapsodi. Anche il calcio ha i suoi narratori; epiche le telecronache delle rimonte. Tra di loro ce n'è uno che mi ha strappato cuore e lacrime, e non solo per motivi di simpatia. Si chiama Scarpini, fa le telecronache dell’Inter e ha raccontato, come meglio non avrebbe potuto fare il Galeazzi degli Abbagnale, la rimonta più bella per gl’interisti. La rimonta del Chino. Non tutti se ne ricordano, anche perché nascosta, come il prezioso tomo impolverato di un’antica biblioteca, tra le tante partite di uno dei tanti campionati di serie A. Ma gl’interisti sì.  

Partiamo da lui. Alvaro Recoba, detto il Chino per i suoi occhi a mandorla, è stato uno dei più grandi talenti sprecati della storia del calcio. Un sinistro da favola, classe cristallina, punizioni decantate dal grande Jannacci e una 20 sulle spalle che per gl’interisti più genuini (e pazienti) diventerà evocativa quasi quanto la 8 di Mazzola e la 10 di Matthaus. Moratti lo adorava e lo riempiva di soldi, il Meazza lo amava e lo riempiva di fischi. Sì, perché lui era così: discontinuo ed umorale, come il meteo di marzo; ma quando il Dio Sole lo irraggiava del sacro fuoco dei campioni, Recoba era uno spettacolo della natura.

La squadra: quella del 2004/2005 è la prima Inter di Roberto Mancini, che alla Pinetina trova i suoi ex compagni Stankovic, Vieri, Favalli, Veron e soprattutto Mihajlovìc (che dopo qualche anno sarebbe diventato il suo secondo in panchina); oltre a loro e a qualche altro neo-acquisto (per esempio, Cambiasso e Davids), la rosa di quella stagione comprende ancora tutti quei giocatori che non erano riusciti a esprimersi al meglio negli anni precedenti in maglia nerazzurra: Van der Meyde, Kily Gonzalez, Emre, Karagounis, Coco. L’Inter arriva a quella partita, la penultima del girone d’andata, ancora imbattuta, però con sole 5 vittorie e ben 12 pareggi all’attivo, tanto da far guadagnare all’allenatore jesino il soprannome di Mister X. Così, i doriani arrivano a San Siro quasi appaiati ai nerazzurri in classifica e se la giocano. Quel giorno (era il 9 gennaio del 2005) l’Inter si schiera con Vieri e Adriano in attacco; alle loro spalle il turco Emre, vertice alto di una mediana composta da Stankovic, Cambiasso e Cristiano Zanetti (Zanetti il capitano gioca nel suo ruolo originario, cioè terzino destro).

La partita: è il 9 gennaio del 2005, La squadra di Mancini è sotto per 0-2, dopo le reti di Tonetto e di Kutuzov. Dagli spalti posti dietro la panchina di Mancini volano insulti che arrivano dritti dritti al destinatario. Al minuto 77 esce Adriano ed entra Recoba, tra l’indolenza di un San Siro ormai quasi rassegnato alla sconfitta e probabilmente ad un’altra giornata grigia del Chino. I mugugni e gl'insulti per Mancini cominciano a diventare fischi sonori di tutto lo stadio, qualcuno pensa addirittura di lasciare gli spalti e tornarsene a casa. Il Chino prende un palo e dalle tribune piovono imprecazioni ed improperi a indirizzo della malasorte e pure suo, perché quando l'Inter perde lui c'entra sempre. Quel palo però, per chi lo sa interpretare, è un presagio (proprio come nei racconti epici). Poco dopo succede infatti qualcosa: Oba Martins (anche lui entrato dalla panchina, al posto di Cristiano Zanetti) accorcia beffando il portiere, Antonioli, con un tocco d'esterno in controtempo che mette la palla nell’angolino basso. Siamo al minuto 88 e tutti pensano: "Peccato, troppo tardi!"; desistono tuttavia dall’abbandonare lo stadio… non si sa mai. Novellino invece lo sa, che "nulla è impossibile", così fa uscire un attaccante, Flachi, e fa entrare un difensore, Carrozzieri. Un tiro di Recoba scatena un boato assordante, ma è fuori. Forse non è proprio giornata. Scocca il novantesimo, l'Inter è arrembante, ma le lancette lo sembrano di più e corrono, corrono... Un minuto dopo però Bobo Vieri fa il miracolo: 2-2, su assist in rovesciata (in rovesciata, sì) di un tarantolato Martins. I tifosi sono felicissimi e non sanno quali santi ringraziare per il pareggio, talmente insperato che ha il sapore di una vittoria, pur essendo l'ennesimo della stagione... "Si vede che è destino", pensano. Ma quella è proprio la sera, anzi il pomeriggio dei miracoli, è uno di quei pomeriggi in cui Recoba può tutto, anche inverite il corso delle stelle e del destino. La vittoria arriva davvero (e il Mancio ha la sua personalissima vendetta con quelli dietro la sua panchina) quando il sole si fa strada tra il fitto grigiore del cielo milanese ed ispira il Chino...

Allarga là per Karagounis, allarga là per Karagounis. Va da solo il capitano, va dentro, buono. Zorba, il cross, prima intenzione. Bobo, anticipato. Palla vagante, mette giù: Recoba, il tiro....

La voce ritmata del narratore Roberto Scarpini rimarrà impressa nulla memoria di tutti gl’interisti, come la colonna sonora di un film che senza quella non sarebbe stato lo stesso film … e gol e gol e gol e gol e gol …. e gol e gol e gol …. e gol e gol e gol …