Con l'acqua alla gola e non poteva essere altrimenti. Il Milan più scompaginato dagli anni della retrocessione si gioca molto, forse tutto, in tre partite sulla carta proibitive.

Lazio, Napoli e Juve sono i clienti più scomodi che potessero capitare, ma è giusto che capitino: o per aprire un processo serio, lontano dalle zerbinate indecenti di questi anni, o per celebrare una resurrezione che al Milan è capitata decine di volte, quando l'aria non era più sufficiente e l'ossigeno era vitale; la differenza oggi sta nel fatto che un colpo di reni sembra impossibile. 
Da una proprietà che ha sempre fatto mancare la sua presenza, a cascata si è materializzato l'inevitabile: ad un corpaccione dirigenziale di craxiana memoria, elefantiaco, inefficace e costosissimo , fa da contraltare un Moloch di squadra risultato di anni di pezzi di ricambio non originali, avvitati alla rinfusa, che hanno costretto una supercar a grippare miseramente nel giro di un decennio e a diventare una Trabant ai margini di una discarica di Berlino Est.

Eppure, nonostante dopo venticinque anni di dominio assoluto sul mondo, Berlusconi ci abbia ripudiato come il peggiore dei figli, i denari da spendere (una montagna), ci sono stati: anche se dovremo capire bene da dove arrivavano, sono stati utilizzati nel peggiore dei modi. Dare 4/500 milioni in mano a Mirabelli e a un inesperto Maldini ha fatto una differenza che potrebbe risultare letale per le sorti di questo club, che non conosce pace da anni.
Se a questo aggiungiamo le montagne di dobloni sperperati da Galliani per ex giocatori con ingaggi faraonici, bidoni degli amici, Bertolacci ed Alex assortiti, non deve stupire nessuno se oggi il Milan è a strapiombo su centinaia di metri di precipizio, aggrappato con la sola mano destra.

Si parla giustamente della quantità ripugnante di errori che la squadra commette ogni partita: una miriade di passaggi sbagliati inconcepibili in serie A, una manovra sempre più lenta e prevedibile, nessuna idea di cosa fare in attacco che, da quest'anno fa il paio con una tenuta difensiva tornata ai peggiori livelli; si parla molto meno spesso degli innumerevoli errori fatti dal cavaliere in poi: nella scelta degli uomini che dovevano fare mercato, con lo sciagurato allontanamento di Ariedo Braida per far spazio ad un accentratore assoluto come Galliani che non valeva un centesimo rispetto al DS oggi al Barcellona.

Una sequela di castronerie societarie fondate su presunzione, supponenza, approssimazione, per poi arrivare alla barzelletta, mal confezionata tra l'altro, di Yonghong Li dopo aver sfiancato il mondo intero con mesi e mesi di closing, da Galatioto a Mr. Bee: una farsa che in troppi si sono bevuti quando avrebbero avuto il dovere di reagire e di puntare il dito.

Elliott è semplicemente il sintomo di tutto questo, un curatore fallimentare che al fotofinish sta solo cercando di non buttare alle ortiche una rata scaduta, trasformando la ragione sociale da sportiva ad immobiliare, noncurante del fatto che, nel mezzo ci sono 400 milioni di tifosi aggrappati a tre partite proibitive.

Fino a poco tempo fa ero quasi sempre certo delle risorse inesauribili del Milan: Locatelli, nel suo unico, vero guizzo rossonero impallinava una Juve dieci volte superiore con un tracciante all'incrocio dei pali. Ne ero certo perché in qualche modo vedevo quei presupposti, anche minimi che oggi, non trovo da nessuna parte.