qui per la parte III

Per risalire ad un personaggio capace di essere considerato, più del nostro nuovo Lapo, l’emblema della capacità di lavorare indefessamente, e senza requie, bisognerebbe "scomodare" un certo Aleksej  Grigor’evic Stachanov!

Dopo una vita passata tra ozio ed eccessi, Lapo, come folgorato sulla via di Damasco, ha deciso di inaugurare una nuova stagione della propria esistenza: quella del coraggio, quella delle sfide con sé stesso, quella degli occhi della tigre. Lapo sa bene che i risultati duraturi non si improvvisano: sono quelli che si ottengono con costanza e lavoro durissimo.

Ancora una volta quindi pretese dai componenti della sua quinta (così amava definire il suo gruppo di lavoro, mutuando questo nome da quello della quinta del Buitre di madrilena memoria) di riunirsi in un nuovo summit, l’ennesimo, per andare sempre più avanti con la discussione. Le decisioni che in tal frangente sarebbero state prese, di questo potevamo esserne certi, non sarebbero state figlie del risultato deludente della partita col Siviglia. Sconfitta cocente, ma non per Lapo, che non considerava più quella squadra come proiezione di sé, ma di chi avrebbe dovuto, senza riuscirci, dare ad essa una struttura più solida, più capace di resistere alle intemperie, e ad una navigazione in acque che non fossero del tutto prive di insidie.

Calvo, con fare solenne e indefesso (tema della giornata): “in virtù dei poteri conferitimi dichiaro aperta l’odierna sessione di lavori nell’ambito del progetto denominato La Juventus che verrà. Presenti Calvo, John, Lapo, Allegri, Oriana, e per mezzo di Oriana, l’anima del defunto Avvocato, ed infine Cassano e Ventola, in qualità di consulenti speciali, di recentissima acquisizione, e ovviamente già integrati nella “Quinta di Lapo”.

All’indomani dell’ennesima batosta di questa annata, che Allegri, in conferenza stampa prepartita Valencia -Juventus aveva vittimisticamente definito folcloristica, subodorando, come solo lui sa fare un imminente inizio di resa dei conti, Lapo e la sua quinta non si lasciano distogliere dagli eventi: i lavori per il progetto La Juve che verrà, fortemente voluto, e patrocinato, o sarebbe più opportuno dire difeso a spada tratta da chiunque lo critichi, continuano senza sosta. Chi ci sta ci sta. E gli altri si considerino fuori dai giochi.

Lo stato d’animo più diffuso stavolta non è lo sconforto, bensì la rabbia. Quella di vedere campioni strapagati (Di Maria su tutti) non essere in grado di buttarla in rete, neanche a costo di allargare la porta di un paio metri abbondanti, o di innalzarne la traversa di almeno mezzo metro. Formazioni che davvero non avevano nulla di logico, se non il voler mettere in scena la tattica dell’arrivano i nostri, dedotta dall’attenta visione di centinaia di film western che nella loro trama avevano quasi sempre un epilogo simile, che prevedeva di far iniziare il combattimento contro gli indiani, alle truppe di fanteria, quelle più giovani ed inesperte, destinate a sacrificare la propria vita per indebolire il fronte dei combattenti Sioux che, folata dopo folata, anch’essi si assottigliano e riducono la propria forza d'attacco. Ad un certo punto, quando la fanteria non esiste più, quando i soldati sono morti praticamente tutti, si sente in lontananza lo squillo di una tromba che annuncia l’arrivo dei “rinforzi”, che annientano i pochi malridotti indiani, portando l’esercito a vincere la battaglia.

Probabilmente l’idea del buon Max era proprio quella. Peccato che i primi soldati: Di Maria su tutti, non siano stati in grado di indebolire nemmeno lievemente gli indiani, e che quando sono arrivati i rinforzi, anche questi ultimi non siano stati più precisi dei primi, col risultato di veder trionfare gli indiani e di doverci portare a casa vari moribondi che, personalmente avrei lasciato lì, in cambio del non doverci sorbire tutto il campionario di frasi fatte, altra specialità di casa Allegri. Una, emblematica, su tutte: “nessuno nasce imparato”, pronunciato nel dopo-partita di fronte ad astanti increduli di dover ancora una volta sentir proferire storie di passettini e di saltelli.

I dietrologi più raffinati saranno senz’altro in grado di individuare interessanti analogie, sospette assonanze, curiose coincidenze. I nomi di Ceferin e di Nasser Al-Khelaïfi, personaggi che ai giorni nostri rappresentano senza ombra di dubbio la massima espressione dei valori della democrazia e della meritocrazia, (almeno in campo sportivo) verranno, ancora una volta, chiamati in causa. Sbattuti in prima pagina, accusati senza nessun riscontro di essere coloro che, nelle segrete stanze del potere, sono in grado di determinare il bene e il male.

No! Lapo non poteva permettere che l’energia positiva , il lavoro serrato ed incessante suo e della sua quinta, fosse minimamente distratto da questioni importanti, per carità, ma che affondavano le loro radici nel passato, ed erano relative al presente. A Lapo interessava gettare le fondamenta per un futuro radioso.

Sembrava incredibile che uno come Lapo, con la sua storia di inconcludenti e perigliose scorribande nel mondo del jet set, vissuta da uomo che non deve chiedere (quasi) mai, e al contempo - come in fondo ognuno di noi – di tènere, maldestre, e - se vogliamo - infantili richieste d'affetto, intravista l'opportunità di essere un nuovo Lapo, diverso da quello che tutti credevano di conoscere, riuscisse a trovare così tanta energia e tanta disperata volontà di raggiungere finalmente questo obiettivo: essere all’altezza di chi in passato lo aveva preceduto. Ma questo, come dicevamo la volta scorsa, non deve stupire più di tanto: spesso, dopo un periodo di crisi, emerge irrefrenabile il desiderio, come si dice, di ritrovar sé stessi. In estrema analisi di capire meglio chi e cosa si cela dentro di noi.

Improvvisamente attento e desideroso di conoscere lo stato di salute di ognuno dei presenti al summit “Chell’èssempre la hosappiùmportante”, Allegri si rivolge anche all'Avvocato: harissimo avvohato, l’altro giorno ci siamo visti solo di sfuggita, avevo da preparàllapartita e non mi son potuto soffermàppessalutarla home si deve!” In particolare, ma non ho avuto modo di soffermarmi, peffarle i miei homplimenti per la sua lucidità!”

L'avvocato, asciutto come non mai: “beh, ad esseve sincevo, non penso di potev dive altvettanto di lei. Almeno dal punto di vista spovtivo, penso pvopvio che il suo destino difficilmente potvà esseve ancova qui con noi, almeno questo è quello che divò a chi mi chiedevà un paveve civca la sua pevmanenza alla Juve. Cavo il mio Allegvi: lei, mi sono infovmato! Pevcepisce 7 milioni all'anno netti. 7 milioni pev favci fave delle figuve bavbine da favci vevgognave di fvonte al mondo intevo. Se avessi dato (ovviamente attualizzato) a Valletta uno stipendio simile avvebbe povtato la FIAT in cima al mondo! Altvo che Euvopa league! Io, pevsonalmente non sono più libero di andare in giro: sono diventato lo zimbello del cimitevo, e non sto cevto pavlando del cimitevo monumentale di Tovino, o il cimitevo di Supevga, ma di quello di Villav Pevosa! Ha capito? Pevsino a Villav Pevosa tvovo gente che mi pvende per il culo! E lei ha puve l'impudenza di venive a salutavmi compovtandosi come se fossimo culo e camicia. Lei è solo un volgave ciavlatano!

Tutti si girano per vedere con chi ce l’ha l’Avvocato: Allegri, ha una faccia che è uno spettacolo. Paonazzo dalla punta dei piedi, fino ai pochi capelli rimasti, si sente franare il terreno sotto i piedi, e quindi, con la sfacciataggine che caratterizza solo coloro che hanno le stigmate del leader, che lo fanno distinguere da chi potrà essere solo un buon gregario, come sempre in queste circostanze, prova a buttarla in caciara, col suo solito ritornello sul calcio che l’èssemplice: “Io, quello cheddiho sempre: halma, bisogna avere halma! Il gioco del halcio l’èssemplice: tettu hai la palla? La passi a quello chell’èppiùbbravo, eccipensa lui, affare quello che deveffare. 442 352 423 4321 che manco l’albero di Natale, sono tutte hazzate. Tettù hai la palla? La passi a quello chellèppiùbbravo e ci pensa lui. Tutto molto semplice".

Avvocato: “Pev cavità di Diooooo! Toglietelo via dalla mia vistaaaaa, altvimenti non mi contengo più! Pev fovtuna che almeno sul fvonte giovani ci sono solo buone notizie, con un Fagioli che ovmai possiamo considevave un fuoviclasse, un vevo valove aggiunto di questa squadva disastvata!”

Ancora una volta, chi di dovere non aveva fatto presente all'Avvocato, (che in quel momento si era assopito per qualche istante) dell'infortunio occorso anche a Fagioli, costretto a uscire dal campo in barella per una frattura alla clavicola. Il tutto con il compiacimento di un arbitro al cui confronto, Gasperini, col suo drappello di macellai (i giocatori della Premiata Macelleria Bergamasca, conosciuta anche come Atalanta n.d.r.) potrebbe essere tranquillamente considerato il nuovo Massimiliano Kolbe, accompagnato dai suoi confratelli. I presenti si guardano allarmati: per la seconda volta negli ultimi tre giorni si ritrovano nella ben poco simpatica condizione di dover comunicare una così brutta  notizia ad una persona che di sicuro non può morire ancora, essendo già defunta, ma la cui salute potrebbe comunque risentirne!

Stavolta è Cassano che si offre volontario, e lo fa da professionista, con tutta la delicatezza e il tatto richiesti: “ou avvocà, hai presente quella mezza pippa di Faggioli, sì sì proprio quel pippone llà. Sineee, quello! quello! Beh, ce l’hanno stroppiato! Ce lo siamo tolto dannanzucazz per almeno un paio di mesi, cur pippone! Ma speriamo di più, speriamo. Ma altrimenti, dico io, che pure due mesi, ci possiamo accontentare! No? Sempre una buona notizia è…”  

Da Piccio delle otto in punto un saluto e un arrivederci.