Dall'autore del romanzo bestseller ‘ogni giorno ha la sua pena ed oggi non è ancora successo niente’, e dallo sceneggiatore del film campione di incassi ‘tranquillo, se giochi alla Juve di Allegri il fio quotidiano della tua colpa l’è bello che già pagato!
Con la partecipazione speciale di Penna bianca Fabrizio Ravanelli nei panni del commentatore delle frasi incommentabili di Allegri. Ebbene sì, signori! E' un lavoro ripugnante che nessuno vorrebbe mai fare, ma Ravanelli non naviga in buone acque, e non è più come una volta, che essere una ex bandiera era sufficiente per garantirsi un piatto sicuro di lenticchie per sé e per la propria famiglia: una specie di vitalizio per chi ha, come Ravanelli, un passato glorioso. Ora, persino una leggenda come lui deve guadagnarsi il pane quotidiano, giorno dopo giorno, commentando di tutto, anche quanto di più repellente, come le dichiarazioni di Allegri, appunto.
E infine Allegri nei panni di Allegri, quando dice che la giornata è stata positiva perché abbiamo recuperato un punto nei confronti di una diretta concorrente per la partecipazione alla Champions League e cioè del Bologna.

Ma passiamo alla narrazione degli eventi: sarebbe stata una giornata come tante altre, a Torino, se non fosse stato per il sole che splendeva, sbriluccicante come non mai. Il contributo estetico dato dal buco dell’ozono era innegabile, e tutt’altro che disprezzabile!
A voler esprimere un giudizio senza esser prevenuti, cosa ormai impossibile con tutti questi ambientalisti-catastrofisti, lo spettacolo era quello delizioso di mille lampadine colorate.
L'incasso anche stavolta sarebbe stato da sold out, e ciò nonostante il gioco pietoso di Allegri, il chè la dice lunga sul livello di disperazione dei tifosi. Gioco che avrebbe, in altri tempi, reso preferibile la visione, anche eventualmente a pagamento, dello spettacolo di una delle tante partite dei pulcini, che venivano giocate la domenica nei vari campetti dell'oratorio della parrocchia Di Santo Ignazio di Loyola.
La solita rassegnazione sui volti dei tifosi era evidente: fino alla fine! In più di uno se lo chiedevano: ma perché avevano scelto proprio quel cacchio di motto, quando era ancora possibile sceglierne uno diverso, meno romanzesco e più concreto? Non sarebbe stato meglio qualcosa tipo: “fino a quando ha senso provarci, e comunque non certo fino al doversi coprire di ridico?

Ma Boniperti no, più sabaudo dei sabaudi, non ne aveva mai voluto sapere. Di sceglierne uno meno impegnativo, manco a parlarne! Appena intuiva che volevi parlare del motto per convincerlo a cambiarlo, come un bambino, chiudeva ad intermittenza le orecchie e gridava forte ba-ba-ba-ba.
Uno spettacolo indegno, che non passava certo inosservato tra la folla dei tifosi. Quello che ci salvava era che molti, non credendo possibile che uno come Boniperti potesse comportarsi come un bimbo, si convincevano che fosse la solita trovata di un sosia, per raccattare qualche like in più.
Poi, giusto per non farsi mancare nulla, il buon Giampi partiva con la solita tiritera da disco rotto: noi siamo la Juve, noi siamo la Juve. Embè, dico io, non è che siccome c'è scritto Juventus sopra i pantaloncini, e ci sono le strisce sulle maglie, i giocatori avversari di default si appecoronano tutti per farci vincere. Mi verrebbe quasi da dire il contrario, piuttosto! E cioè che proprio perché siamo noi, ce li abbiamo tutti addosso. Fino alla fine sì, ma della nostra vita!

Ma non avremmo potuto, per una volta, fare una specie di manovra distrattiva, e presentarci in campo con una maglia tipo quella della salernitana, che, a parte Salerno e dintorni, nessuno conosce, e così riuscire a fare qualche partita normale, senza dovercela vedere con gente con il coltello tra i denti, che non vedeva l'ora di sgozzarci e di sbudellarci, per la gioia dei gatti randagi del quartiere.

"Mister, chiese timidamente Locatelli, con la stessa animosità di un cane bastonato, tenuto fin dalla nascita a catena corta. Dicevamo: “Mister… non è che potremmo provare ad essere un po’ più aggressivi, e a segnare qualche gol in più?"
Allegri, fino a quel momento tranquillo e beato come un cherubino, si scurisce in volto: “In più? Aspetta aspetta, che questa la voglio capire bene: home, in più? In che senso: ”In più?”
Poi, girandosi verso Locatelli, con lo sguardo furente: “Lohatelli! In più in che senso? No no, hun lasciamo perdere un fiho secco, hun lasciamo! Lohatelli tettù devi rimanècconcentrato, chè a segnare IL gol ci pensano quelli bravi. Tettu pensa arrrimanèccontrato che per te l’è già un gran bel risultato. Ma non vedi come sei hombinato?
Evvuole fa QUALCHE GOL in più…”

A volte, il povero Locatelli faceva quasi tenerezza: stufo com’era, di essere preso in giro, per colpa di Allegri, da tutti i tifosi.
Lo avevano soprannominato mutande di latta, il poveretto. E perché, poi? E c’era anche da chiederlo? Ma per il suo atteggiamento sempre estremamente prudente, fatto di uno schema unico: studiato e ripassato fino alla paranoia: il passaggio indietro, da attuare al minimo sentore di rischio. Verso il portiere, o ancora meglio se con palla buttata direttamente in tribuna, possibilmente fuori dallo stadio.

Che brutta fine! Che brutta fine aveva fatto, il povero Locatelli.

Mutande di latta… ma mutande di latta a chi? Ma come? Proprio lui? Che quando, ai tempi della next gen suonava la carica, non ce n’era per nessuno. Ora costretto a elemosinare a quello sciacallo (in senso buono, naturalmente), di Allegri la libertà di fare un’azione o due a partita.
Quando poi se ne usciva con queste richieste, Allegri non ci vedeva più. "Gol?” tettu mi vieni apparlare di gol? Codesta l’èbbella. Ma se non c’hai manco il coraggio di proporti per ricevere una palla che ssia una. Tettù che quando la palla anche per sbaglio passa dalle tue parti tettu te ne scappi a gambe levate, ma di che gol tettù stai parlando? Che cosa sono i gol? Noi giochiamo per il pareggio, per la concretezza non per alimentare sogni irrealizzabili. Il calcio è uno sport di strategia, non di divertimento."
Nel frattempo, Allegri si agitava uscendo come sempre dall'area tecnica per dare spettacolo schiaffeggiandosi il petto, come un gorilla vero, urlando istruzioni incomprensibili ai suoi giocatori.

Nella concitazione di quei momenti, nessuno l’aveva mai notato, ma rivedendo le partite, alcuni dello staff di Allegri avevano notato che le istruzioni impartite ai giocatori (umani) di Allegri non venivano evidentemente comprese dagli uomini, ma avevano ottime ripercussioni sui movimenti in campo dei gorilla veri (quelli del circo Medrano, il cui tendone era stato montato qualche metro più in là.) Incredibilmente, le istruzioni di Allegri sembravano essere comprese al 100% dai gorilla veri.
Incredibile ma vero! A vederle applicate dai gorilla veri, le istruzioni tattiche che Allegri impartiva ai suoi, si dimostravano essere geniali. Tutto stava nel trovare dei gorilla che potessero essere scambiati per esseri umani. Allegri un paio di elementi che sembravano rispondere perfettamente all’identikit già li aveva in mente. Naturalmente il primo che era venuto in mente ad Allegri era De Sciglio, che (Allegri ne era convinto) avrebbero permesso alla Juve di fare un girone di ritorno eccezionale, da annali del calcio.

Mentre da un lato c'era Allegri col suo problema di comunicazione che faceva sì che spesso le sue indicazioni non venissero comprese in quanto troppo criptiche per giocatori che per beneficiare delle indicazioni di Allegri avrebbero dovuto leggere come minimo il libro l'anello del re Salomone di Lorenz o comunque un trattato di etologia per poter interpretare quelle che a tutti sembravano frasi casuali ma che in realtà avevano una singolare influsso positivo sul posizionamento dei gorilla in campo.
Se da un lato c'era Allegri, col suo problema di comunicazione che faceva sì che spesso le sue indicazioni non venissero comprese, in quanto troppo criptiche per giocatori che, per beneficiare delle sue indicazioni, avrebbero dovuto leggere come minimo un trattato di etologia, per poter interpretare quelle che a tutti sembravano frasi e gesti casuali, ma che in realtà avevano una singolare influsso positivo sul posizionamento dei gorilla in campo.
Se, come dicevamo, l'incomunicabilità era uno dei problemi ormai accertati in casa Juve, problema che si stava cercando di risolvere ingaggiando tre o quattro gorilla veri da inserire nell'organico, anche in casa Lazio la problematica legata alla comunicazione non era da meno
. L'ambiente di Formello, dopo anni in cui Lotito aveva costretto tutti ad imparare il latino, e a comunicare solo usando questa lingua, mal si confaceva al buon Sarri, il quale, a dispetto delle apparenze conosceva molto bene l'italiano, e grazie a questo, per anni era stato considerato persona colta, ma zoppicava non poco su Latino, Greco, e le varie materie umanistiche, come Filosofia, per la quale Sarri nutriva una vera e propria avversione.

Sarri ce l'aveva messa tutta ad adattarsi, e soprattutto a cercare di farsi capire pur parlando in italiano, ma i giocatori, ormai tutti grandi letterati (a cominciare da Immobile, che da scugnizzo napoletano, era stato trasformato, come la goccia che scava la roccia, in eccellente poeta) non riuscivano più a tornare indietro alle loro origini. Di ricevere istruzioni durante la gara in italiano proprio non volevano saperne. Da qui le dimissioni di Sarri e la ricerca affannosa, adesso, di un sostituto che sia madrelingua Latina, e che conosca i rudimenti del calcio per consentire all'Aquila di tornare a librarsi in volo come quando c'era LUI…

Ecco alcuni stralci dei colloqui che Lotito ha condotto in prima persona, proprio in queste ore in cui vi stiamo parlando, per giungere alla scelta del futuro allenatore della Lazio.

Lotito: “Allora, se io dico: Faccetta neeeraaaa, dell’Abissiiinaaa… come prosegue la canzone?
Candidato: “sotto i raaaaggi del sooole…
Lotito: “Noooo, noooo! Ma come è possibile!
Lotito: “se le dico Dura lex, sed lex , lei cosa mi dice?”
Candidato: “è la pubblicità dei preservativi…”
Lotito: “avanti un altrooo”
Sempre Lotito: “come saprà l'aquila è il simbolo della Lazio. Mi saprebbe dire per quale motivo la Lazio ha scelto proprio l'aquila per essere rappresentata?”
Candidato: “E’ per via di un contratto di partnership tra Lazio e LIPU (Lega italiana protezione uccelli) che è sponsor della Lazio”
Lotito
: "portatemelo via, portatemelo viaaaaa
Candidato: “Buongiorno, mi chiamo Aronne Piperno e sono romano da 7 generazioni. Mio nonno è stato anche scelto come personaggio per il film il marchese del Grillo…”
Lotito
: “sicché lei sarebbe una discendente di quell’Aronne Piperno li, quello di origini semite…”
Candidato: “come mai me lo chiede? Non è che per caso e lei è un antisemita?
Lotito: “Io antisemita? Ma quando mai! Piuttosto ho come l'impressione che nella tifoseria laziale ci siano esigue e insignificanti frange di tifosi che purtroppo indulgono all'antisemitismo. Mi ricordo l'esempio delle figurine che furono stampate da quell’esigua frangia, dove c'era Anna Frank che indossava la divisa della Roma. Ma quelle sono delle burle, scherzi da bar dello sport. Noi siamo assolutamente allineati nell'indignazione nei confronti di chi ancora oggi dimostra di non aver capito la gravità degli eventi occorsi in quegli anni nei confronti dei quali la Lazio prende le distanze. Naturalmente non possiamo che associarci, quando capitano questi episodi, allo sdegno per il fatto che ancora oggi ci siano discriminazioni nei confronti di un popolo verso cui proviamo grande simpatia e rispetto.
Ciò detto, chi siamo noi per andare contro queste limitate e sparute minoranze che hanno ancora questo tipo di mentalità? Non è forse più facile evitare di compiere gesti che potrebbero essere percepiti da questa sparuta minoranza come provocatori?

La Lazio è, fino a prova contraria, una società che si occupa di calcio, non di educazione civica. Quella è demandata alla scuola dell'obbligo, e alle famiglie. Noi della Lazio preferiamo evitare di fomentare scontri ideologici.
Stiamo pur sempre parlando di un gioco. Questo tipo di problematiche dovrebbero essere gestite da altri organi preposti alla vigilanza che le tifoserie si comportino secondo le regole.
Noi della Lazio non ci occupiamo di figurine o di provocazioni di bassa Lega di qualche decina di tifosi nostalgici che Tempus omnia medetur, fra una decina d'anni neanche più rappresenteranno un problema, perché saranno tutti al camposanto a far compagnia ai loro camerati. Perché dunque sollevare problematiche che molto presto si risolveranno da sole?
Sempre Lotito
: “Avanti un altrooooo, porca p******”
Ancora Lotito
: “Chi fu a compiere la famosa trasvolata, e sui cieli di quale città, capitale Europea?”
Candidato: “Fu Gabriele D’Annunzio, e la città sopra cui volò per riempire il cielo di volantini è Vienna!”
Lotito, quasi commosso: “BRAVO! E se ti dico: Audaces fortuna iuvat , tu cosa mi dici? Cosa significa?”
Candidato: “Significa che la fortuna aiuta gli audaci, naturalmente! Ma per chi mi avete preso? Queste son cose che conosce chiunque!”
Lotito
: “Giusto, giusto… allora… dimmi cosa dice Seneca a proposito dei vizi degli altri e dei vizi propri?”
Candidato: “Aliena vitia in oculis habemus, a tergo nostra sunt - Abbiamo davanti agli occhi i vizi degli altri, mentre i nostri ci stanno dietro.”
Lotito, per sottrarsi alla vista di tutti nell’atto di piangere per la commozione, volge lo sguardo verso il suo segretario factotum: “Benito, prepara il contratto da far firmare al nuovo allenatore della Lazio, e prepara un comunicato stampa per annunciare la scelta ormai compiuta. Magari aggiungi anche qualche nota calcistica quali altre squadre ha allenato prima, qual è il modulo che preferisce adottare, e altre cose così…”
Candidato: “al momento non ho ancora allenato nessuna squadra, ogni tanto vinco a FIFA 2024, ma non ho ancora il patentino per poter allenare… in nessuna categoria. Ma sto studiando tantissimo per poter presto conseguire il patentino. Mi hanno detto che a Coverciano lei ha alcuni amici che potrebbero velocizzare il mio percorso di apprendimento…
E comunque il mio modulo preferito è il 555 di Oronzo Canà, per cui si tenga pronto ad esaudire tutta una serie di richieste che le farò di alcuni giocatori più preparati di altri per questo tipo di modulo”.
Lotito, per nulla impressionato: “mi sono sempre piaciute le persone ambiziose, che lanciano il cuore oltre l'ostacolo: Homo faber suae quisque fortunae!
Benito, fai una corsa e cerca di vedere se riesci ancora a rintracciare il candidato di prima. Come aveva detto di chiamarsi? Ah sì! Aronne Piperno, sì. E proponigli un contratto come allenatore in seconda Ad impossibilia nemo tenetur, ma è pur vero che Accidere ex una scintilla incendia passim!
Se poi penso alle difficoltà della Juve, con un allenatore che riesce a farsi comprendere solo dai gorilla del circo, e che per questo stanno cercando di comprarne qualcuno da inserire in organico, vien quasi da dire: Consolatium misero comites habere penantes!”.


E a noi, della redazione di Piccio di sonno, l’impegno di tenervi aggiornati sugli eventi.