Quando si pensa alla carriera e alla storia di un giocatore, difficilmente si è disposti ad accettare l’idea che esse possano essere state in qualche modo condizionate, o legate ad un evento specifico, apparentemente lontano e indipendente dalla vita stessa del giocatore in questione. Se un giocatore ha avuto successo, questo, nella mente di ognuno di noi, non può che essere stato la conseguenza diretta del suo valore intrinseco.

Come si dice: “se son rose fioriranno”. Nessuno mai accetterebbe di mettere in discussione il valore intrinseco ad esempio di un Del Piero, e di dire che se non avesse segnato quel gol al volo a Torino il 4/12/94, contro la Fiorentina, egli non sarebbe comunque “sbocciato” in un’altra occasione, pur rimanendo quel giorno nell'anonimato.

Sappiamo infatti che l’esplosione di Del Piero alla Juve portò l’anno successivo al passaggio di Baggio al Milan, perché la Juve aveva deciso di puntare su di lui (su Del Piero n.d.r.), cosa che forse non sarebbe successa se Del Piero quel giorno non avesse fatto quel gol strabiliante. Gol che per entrambi i giocatori rappresentò una vera e propria sliding door.

Ma se affermiamo questo, dovremmo anche ammettere che le conseguenze, o meglio, la mancanza di conseguenze che quel giorno ci sarebbe stata, avrebbe forse comportato un mancato impiego di Del Piero nella partita successiva. Egli, quindi, non avrebbe avuto così presto la possibilità di mettersi in mostra, affinché tutti vedessero chi era, e di cosa era capace.

Il gol al volo segnato contro la Fiorentina, come il gol di Cassano del 2 a 1 del Bari contro l'Inter, rimangono eventi che hanno determinato qualcosa che sicuramente sarebbe comunque emerso.

Ma è davvero così? Davvero non esiste possibilità che le cose possano prendere una piega diversa da quella che a noi, a posteriori, appare certa?

Molti di voi avranno sicuramente sentito parlare del famoso effetto farfalla. Esso, in Matematica e Fisica è un modo per descrivere, nella realizzazione di un fenomeno, la dipendenza dalle condizioni iniziali, presente nella teoria del caos. L'idea alla base di tutto, è che piccole variazioni nelle condizioni iniziali producano grandi variazioni nel comportamento a lungo termine di un sistema.

Edward Lorenz fu il primo, nel 1962, ad analizzare quello che successivamente venne battezzato come ‘effetto farfalla’ in uno scritto pubblicato nel 1963, preparato per la New York Academy of Sciences. Commentando tale documento, e le conclusioni a cui giungeva, un meteorologo fece notare che se le teorie fossero state corrette, un battito delle ali di una farfalla sarebbe stato sufficiente ad alterare il corso del clima per sempre!

Lorenz scoprì quest’effetto quando osservò che nello sviluppo di un modello meteorologico, con dati di condizione iniziale arrotondati in modo apparentemente irrilevante, non si sarebbero riprodotti i risultati delle analisi con i dati di condizione iniziale non arrotondati. Un piccolo cambiamento nelle condizioni iniziali aveva creato un risultato significativamente diverso. "Può il batter d'ali di una farfalla in Brasile provocare un tornado in Texas?" fu il titolo di una conferenza tenuta da Lorenz nel 1972.

Alan Turing, in un saggio del 1950, anticipava questo concetto: “Lo spostamento di un singolo elettrone per un miliardesimo di centimetro, a un momento dato, potrebbe significare la differenza tra due avvenimenti molto diversi, come l'uccisione di un uomo un anno dopo, a causa di una valanga, o la sua salvezza”.

A conti fatti, perciò, una singola azione può determinare imprevedibilmente il futuro: nella metafora della farfalla si immagina che un semplice movimento di molecole d'aria, generato dal battito d'ali dell'insetto, possa causare una catena di movimenti di altre molecole fino a scatenare un uragano, magari a migliaia di chilometri di distanza.

Ebbene, andando a ciò di cui ci interessa maggiormente discutere, ossia al nostro amato calcio, le molecole sospinte o non sospinte dal battito d’ali di una farfalla, possono tranquillamente essere messe sullo stesso piano della scelta (operata per ben due volte nella partita in due episodi diversi, entrambi regolari), del frame precedente o successivo all’evento del tocco della palla, frame utilizzato da parte dei nostri amici del VAR, per stabilire l’annullamento dei succitati gol messi a segno (ironia della sorte) entrambi da Moise Kean.

La sera del 29/10/23 a Kean venne ingiustamente negata per ben due volte la possibilità di gioire per aver segnato due gol che erano assolutamente regolari, e che furono entrambi giudicati in fuorigioco, semplicemente per la scelta del fotogramma di partenza, utilizzato come riferimento, da cui far discendere la sequenza di valutazioni concatenate successive, che avevano portato all’annullamento dei gol. Sequenze concatenate che avrebbe portato a ben altre conclusioni (in entrambi i casi) se solo fosse stato scelto, come fotogramma di partenza quello successivo, anziché il precedente.

Naturalmente Kean era già il Kean che conosciamo, e che abbiamo imparato ad apprezzare. Ma se quei due gol fossero stati convalidati, anziché annullati, probabilmente le occasioni di Yildiz di mettersi in mostra sarebbero state significativamente inferiori.

Yildiz sarebbe rimasto sempre lo stesso, ma il grande pubblico non lo avrebbe conosciuto così presto, e questo avrebbe potuto NON portare a ciò che oggi, incredibilmente, a distanza di solo pochi mesi da quell'evento, si sta verificando, e cioè, che per far spazio ad un giocatore che molto probabilmente sarebbe comunque emerso (ma non così presto) come Yildiz, Kean sarà costretto ad andare altrove.

È incredibile come le occasioni in cui Kean avrebbe potuto consacrare definitivamente il proprio valore, spostando semplicemente un po’ più in là temporalmente l’esplosione di Yildiz siano state tutte fallite, e spesso (per non dire sempre) più per colpa d’altri che non sua, o quanto meno in concorso con cause che purtroppo non potevano essere cambiate, se non da qualcosa o qualcuno che potremmo chiamare, se vogliamo, destino. La volontà di un Demiurgo, che decide le sorti di noi mortali.

Recentemente, ho avuto modo, su DAZN, di seguire un’intervista molto lunga, a tratti commovente, concessa da Kean, il quale solitamente non ama parlare di sé, e della sua vita privata. Intervista in cui Kean si è voluto raccontare senza timori, rivelando, ad esempio, di essere solo da poco tempo diventato padre.

In genere i calciatori famosi vivono la nascita dei propri figli come un evento mediatico di cui vendere i diritti, e mi ha quindi fatto particolarmente piacere notare la discrezione con cui ne parlava solo adesso, avendolo in precedenza annunciato solo ad una ristretta cerchia di amici, come sempre dovrebbe essere!

Kean, su invito dell’intervistatore, racconta la sua storia, che è quella di un figlio di una coppia di immigrati africani, trapiantati ad Asti. Il piccolo (si fa per dire) Moise, a scuola non ci vuole andare e, giovanissimo, finisce in giri che lo portano, ancora ragazzo, a vedere già delineato davanti a sé un futuro di vita vissuta ai margini di una piccola realtà di provincia.

Il calcio lo strappò da quella realtà, e pur dovendo soffrire, precocissimo, il trauma dell’allontanamento dalla sua famiglia, per andare a Torino alla Juve, lui stesso ammette che fu proprio il calcio a salvarlo da un destino che sembrava già tracciato. Ed ora, rispetto al destino che qualche anno fa gli si prospettava innanzi (affidi, riformatorio, carcere), quello di finire, adesso, ancora una volta lontano dalla Juve, magari in prestito in Premier League, può da un lato sembrare una iattura, ma in fondo, riflettendoci, appare essere una “disgrazia” tutto sommato accettabile.

Tutto vero: tanti avrebbero fatto carte false per fare la sua “fine”, tuttavia ancora una volta, non posso non chiedermi di come sarebbe stato se, quei due episodi, quei due maledetti fotogrammi, fossero stati entrambi scelti in sala VAR a suo favore. Probabilmente oggi non staremmo qui a parlare di lui come di un partente, ma piuttosto di un titolarissimo in ripresa da un infortunio. Di un’attaccante la cui permanenza nella Juve non sarebbe neanche in discussione.

Purtroppo, però, i frame scelti per decidere se il tacchetto della sua scarpa fosse avanti o dietro alla figura del difendente che a lui si opponeva, hanno decretato, forse anche con dolo, questo non potremo mai saperlo, di non convalidare quei due gol.

Dolo, dicevamo. Ma non tanto per contrastare la carriera di Kean, tutto sommato più antidivo, che divo del calcio italiano, ma piuttosto per rendere più faticosa di quanto già non sarebbe comunque stata, la rincorsa all'Inter, quest’anno favorita da tutta una serie di incredibili eventi, tutti o quasi concessi a suo favore, e di “dispetti” fatti a danno della Juventus.

Siamo tutti dotati di vista sufficiente e di conoscenza e comprensione delle regole per poter affermare se queste sono accuse che hanno un fondamento di verità, o meno, ma non è di questo che voglio oggi parlare. Ma del fatto che qualche mese fa, dopo quelle occasioni, purtroppo sfumate, di fare gol, Kean cominciò ad inanellare tutta una serie di partite di grande concretezza, sempre a disposizione della squadra, ma sempre con tante reti sprecate.

Allegri, per non scoraggiarlo continuava a dire che la cosa più importante fosse l’aiuto che dava alla squadra, ma tutti noi ben sappiamo che per un attaccante la cosa più importante è segnare, e che gli errori sotto porta che Kean continuava a fare, presto sarebbero venuti a cercarlo per chiedergli “il conto”.

Il buon Allegri negava spudoratamente, affermando che un problema di scarsa vena realizzativa di Kean sotto porta non ci fosse, e che poteva stare tranquillo. Tuttavia, proprio il gran numero di pacche sulle spalle dispensate da Allegri al sempre meno efficace Kean, richiamato in panchina per la staffetta dell’ultimo quarto d’ora con Milik poteva farci intuire, meglio di qualsiasi altro termometro, quale fosse la reale (scarsa) considerazione che Allegri e gli altri in panchina avevano di lui come goleador.

Le pacche che Allegri dispensava, suonavano ai miei occhi come tentativi di celare in modo maldestro ciò che era evidente a tutti, e cioè, che al di là delle buone prestazioni, essendo Kean un attaccante, mesi e mesi di mancati gol non potevano, non comportare nessuna conseguenza.

Era questione di tempo, ma presto o tardi, se non avesse ripreso a fare gol, il conto gli sarebbe stato prima o poi notificato. Naturalmente, Giuntoli, Allegri e tutti gli altri, per evidenti ragioni strategiche di mercato, negano spudoratamente che Kean sia stato messo sul mercato. Ma questo, anche se nessuno ce lo viene a dire, è qualcosa di certo. Il calcio è fatto così.

Se segni, se quel Benedetto fotogramma ti tiene in gioco, il gol è convalidato: la molecola d’aria che l’ala della farfalla doveva spostare, viene mossa nella direzione giusta. L'uragano si scatena in Texas, lì dove era giusto che si scatenasse. E la tua carriera prosegue nel verso in cui tutti avrebbero sperato.

Purtroppo, invece le molecole d’aria hanno preso un'altra via. Quel frame è stato perso e ne è stato usato un altro. Quello successivo. Quello che in Texas non ha provocato neanche lo starnuto di un bimbo.

Al contrario, l'uragano, l’ha provocato un altro giovane, che in sole tre partite è stato in grado di dimostrare tutto quello che c’era da dimostrare. Ed è impressionante vedere che un ragazzo, che fino a un anno fa era solo una bella promessa, con un valore (forse) di qualche milione, messo sul mercato oggi, verrebbe bloccato per eccesso di rialzo.

Potrebbe arrivare addirittura a valere, tra solo mezz’ora, 60, oppure 80, ma che dico 80? 100 milioni! E sembra incredibile poter parlare di milioni con questa disinvoltura, ma i processi meteorologici sono così: si definiscono  non a caso ‘fortemente non lineari’: una molecola spostata un millisecondo prima, o un millisecondo dopo, in una direzione piuttosto che in un'altra, deve solo avere il tempo di evolvere a sufficienza per valere un uragano da 20 milioni, o un altro, che di milioni ne valga 100.

Certo, anche per ognuno di noi valgono le conseguenze del battito di altre ali, e di altre molecole d'aria, come l'incontro con la persona di cui ci innamoreremo, e con cui passeremo il resto della nostra vita. La nascita di un figlio, una lampadina che si illumina per qualcosa che riempirà di passione la nostra vita: uno sport, l’arte, la musica, una fede, l’amore per gli altri.

Quale sarà stata la molecola d’aria che il battito d’ali avrà mosso, condizionando in modo radicale, come mai ci aspetteremmo, la nostra esistenza, non è dato sapere, e mai lo sapremo.

E’ un po’ come la teoria degli universi paralleli, che istante per istante, a seconda di eventi che possono andare in una direzione, piuttosto che in infinite altre, decidono l'evoluzione di uno tra infiniti altri universi, tutti caratterizzati da un evento che può verificarsi o meno.

In ogni istante, di eventi che possono prendere una strada piuttosto che infinite altre, ce ne sono infiniti. Come infiniti sono gli istanti di cui un singolo istante è composto. E c'è da diventare pazzi, a pensare a tutto quello che avrebbe potuto essere e non è stato.

In fondo, a noi umani, così piccoli e ininfluenti, non rimane altro che riflettere e considerare le cose per quello che sono, e cioè in continuo mutamento dovuto a cause che non dipendono quasi mai e quasi per nulla solo da noi, ma piuttosto dallo spostamento di molecole d'aria, dato dal battito d’ali di una farfalla.