Una riflessione che forse dividerà. Perché i campi su cui si gioca non sono solo quello sportivo, che è quello che a noi fa battere il cuore, ma anche in quello dell'ingerente vile danaro, che abbiamo imparato a dover sopportare a denti stretti, infilato inesorabilmente all'interno di ogni ragionamento calcistico. Ogni storia è a sé, ci mancherebbe, ma possiamo in qualche modo paragonarle. Come arrivare ad un risultato casuale, insperato e come invece arrivarci sapendo cosa si sta facendo, a mio avviso è la netta differenza che determina una grande Proprietà, una grande Dirigenza. Non ho nulla da dire a Elliot-Red-Bird, in quanto tali, perché i risultati ottenuti dal punto di vista finanziario sono frutto di uno studio e indiscutibili capacità imprenditoriali. Il riflesso sul Milan in parità di bilancio, nel merchandising e nello sviluppo del brand è sotto gli occhi di tutti. Da questo però discosto completamente la direzione sportiva, che si è ritrovata, diciamo: più fortunata che brava. Lo dimostra alla fine il campo, che è la vera cartina tornasole della bontà delle scelte operate nel comporre una rosa che sia in grado di affrontare una stagione, semplificando per quanto possibile il lavoro dello staff tecnico, nel rispetto delle disposizioni della Proprietà. Del resto abbiamo fatto il callo alle dichiarazioni di Maldini, filosoficamente fatalista sui risultati di campo, molto 'financial report oriented' con i suoi parametri sempre pronti ad essere snocciolati a giustificazione del proprio operato. Oggi ancora di più ne ho preso atto, guardando in classifica l'8vo posto in serie A della matricola Monza. Ragazzi, sappiamo chi sono i fuoriclasse di questa compagine: erano i nostri fuoriclasse dell'epoca che fu; quella che ieri era da pluri campioni del mondo (quando si poteva) ed oggi, a distanza di 15 anni, col mondo del calcio stravolto dalla Premier e dagli arabi, è ancora significativamente protagonista, in realtà minori, a ridosso dell'Europa. Incredibile pensare che è stato né più né meno il manifesto di inizio stagione del condor e del cavaliere. Detto fatto. È come parlare degli Ibrahimovic della scrivania. Investimenti su giocatori utili allo scopo, cambi ed intuizioni in corsa, per la guida tecnica. Continue incitazioni a migliorare le performance... Anche con un tocco di colore (ricordate la battuta sui pullman di hostess). Una chiara visione: dare un cuore alla rosa con Pessina, un simbolo di storia monzese, giocatore dalla maglia tatuata addosso e già nazionale, dare subito un risultato sportivo importante, da prima volta in serie A. Io non voglio esaltare nessuno, perché il ricordo di come siamo stati ceduti a personaggi di cartone, ultimo atto dopo anni di diatribe interne in casa rossonera e scelte discutibili, non sono un buon ricordo. Però con il giusto distacco, vedo chi misura il proprio potenziale, investe e dirige per raggiungere l'obiettivo sportivo, con un occhio generoso anche all'aspetto economico. E vedo invece chi specula, distoglie lo sguardo dalla missione sportiva di una squadra di calcio, ma vede puramente lo sviluppo del 'prodotto' e una dirigenza che si barcamena al limite dell'amatoriale. Spiace dirlo e non voglio essere eccessivo. Ma 15/20 punti di differenza con lo scorso anno, amici miei, sono tanti da giustificare. Sono un deciso passo indietro. Perché ci vuole preparazione, conoscenza e polso (e qui parlo della dirigenza) ma anche amore per ciò che si fa (e qui parlo della proprietà) e rispetto per ciò che si ha in mano. In questo caso il Milan e l'affetto dei suoi tifosi.