Con gli insulti a Vlahovic ritornano i commenti  sul razzismo negli stadi.. Pure il Sindaco Gori entra a gamba tesa sul povero Gasp che dà un significato semplice a una situazione che si vuole più grande di quella che è. Lo stadio è oggi teatro di una battaglia. Sempre di più costituisce un mondo a parte. Quante volte le gesta dei giocatori sono state associate ai gladiatori! Persino il famoso arbitro Lo Bello veniva descritto in alcuni suoi atteggiamenti con significati gladiatorici. Quel suo incedere a grandi falcate, quel suo spiccato atletismo si accompagnava bene a definizioni di antichi protagonisti. Sugli spalti si lodano le straordinarie coreografie che sono in fondo gesti di sfida per una battaglia imminente. Molte curve hanno denominazioni guerresche. Impavidi tifosi a torso nudo sfidano i rigori del gelo per mostrare in fondo un grido di guerra. Lo spiegamento delle sciarpe e le bandiere sono le insegne degli eserciti prima di una battaglia.
È totalmente ipocrita far finta che tutto queste manifestazioni abbiano un benché minimo significato sportivo. E così i giocatori in campo sono i moderni gladiatori che interagiscono con questo ambiente che li circonda. Lo sberleffo, l'insulto sono parte del gioco e di questa interazione. Il tutto in un mondo a parte che si dissolve dopo 90 minuti. Mi viene davvero da ridere quando si parla di razzismo nella splendida Bergamo in cui vivo, quando vedo scolaresche di bimbi delle elementari impegnate in qualche escursione, con bimbi di colore diverso che si tengono per mano. Forse il Sindaco Gori di cui ho ammirato il lavoro sulla città, indipendentemente dal colore politico, dove purtroppo anche qui è guerra, avrebbe fatto meglio a lasciare perdere il Gasp che tanto ha dato in immagine,  nel suo mondo  ovviamente, alla città, portandola a vertici calcistici inimmaginabili. E da quello che vediamo da Napoli possiamo capire quanto il calcio conti,  eccome se conta!. Quello che è importante è come si comportano i veri protagonisti in questo clima di battaglia. Penso che i prodi guerrieri degli spalti a torso nudo, se potessero fare come gli scozzesi contro gli inglesi oppure come i germani contro i romani, pure loro a torso nudo che mostravano le parti occulte davanti e di dietro alle schiere avversarie, sono sicuro che lo farebbero. E tutto questo cosa c'entra con una partita di calcio?. Molto poco, fa parte di un rito di massa  di chiara matrice pagana in cui tutto è permesso. Si cerca pure la violenza fuori dagli stadi. In Inghilterra l'hanno stroncata a pugno duro. Va punita sicuramente ma, come dice il Gasp, cum grano salis. Va vista nella sua giusta luce. Ho preso una poesia di Lorenzo Allegrini da un suo bel post " Quando il calcio è poesia e la poesia è il calcio". Chiude timidamente con una sua poesia, di cui cito uno stralcio" Amo la punta che pensa la porta, È ossessionata dal toccare in rete la palla, la rapina come il vento, colpisce rapida, se serve è goffa, ciò che conta è beffa". Appunto è beffa.
Ecco, Vlahovic ha risposto nell'unico modo agli insulti di chi lo ha chiamato zingaro non certo per razzismo ma solo per intimidirlo come semplice, solo unico mezzo di guerra. Con il suo gol  proprio nel finale, ultima beffa, ha ricacciato in gola ai provocatori con molta più intensità,  perché per lui è goduria del momento, ma per chi lo ha insultato è ferita più profonda, quello che ha ricevuto. Questo è il modo migliore per reagire. I giocatori che scendono in campo giocano il sogno della loro vita pur divertendosi. Gli insulti da stadio dovrebbero essere solo una spruzzata di acqua fresca in una torrida giornata di estate. Quello degli stadi non è razzismo  va punito nel segno della antisportivita'. Troppo diffusa fuori e dentro il campo. Siamo in regressione. E qualcosa occorre fare. Il razzismo è altra cosa.