Dopo una settimana, voglio parlare della sconfitta della Juventus col Benevento di domenica scorsa, a mente fredda e dopo quasi sette giorni di riflessioni sulle cause di questa ennesima caduta dei bianconeri, che questa volta consegna davvero le sorti del campionato nelle mani dell’Inter, che questo scudetto sembra già cucirselo sul petto. Lo faccio però, partendo dalla premessa che, dopo nove anni consecutivi di vittorie, ci sta, in un anno di ricostruzione come questo, non arrivare, per una volta, all’alloro massimo del calcio italiano, e che se la Juve dovesse arrivare a fine maggio con Coppa Italia e qualificazione alla prossima Champions, oltre che alla Supercoppa già conquistata, la stagione sarebbe da considerare positiva.

Questa premessa perché non credo che la sconfitta vada considerata solo ai fini della classifica, ma sia segno che più di qualcosa non stia andando per il verso giusto dalle parti di Torino e che quindi sia importante individuare gli errori fatti e correggerli. Arriva proprio qua il difficile compito della dirigenza juventina, dato che se sbagliare è facile, lo è invece molto meno rimediare. Non escludendo che parte di questi errori arrivi proprio dai piani alti della società, come può essere la scelta dell’allenatore, bisognerà capire se ciò che sta succedendo sia più responsabilità dell’allenatore stesso o dei suoi calciatori, e decidere di conseguenza come procedere nella pianificazione del futuro.

Secondo la mia modestissima e personale opinione, come spesso accade in casi come questo, l’andamento della stagione della Juventus è dovuto a sbagli o carenze di tutte e tre le parti in gioco, che quindi finiscono allo stesso modo sul banco degli imputati.

La società in estate ha fatto una scelta forse troppo azzardata (da cui non si deve tornare indietro), riponendo subito fiducia in un esordiente come Pirlo, privato inoltre di un formativo apprendistato in serie c. Poi, come è normale che sia, Pirlo ha peccato spesso di questa sua inesperienza e ha mostrato quanto gli sarebbe servita un’esperienza in under 23. L’allenatore avrà anche buone idee, ma non ha avuto modo di metterle in pratica permettendosi il lusso di sbagliare, e avrà anche tanta personalità, ma non aveva mai fatto i conti con la gestione di uno spogliatoio e si è ritrovato all’improvviso a doverne gestire uno pieno zeppo di campioni. Poi c’è l’ultima componente del puzzle, ovvero chi in campo ci va fisicamente. I calciatori all’interno della stagione hanno responsabilità proprio come Pirlo e Agnelli e soci, ma per come la vedo io, in partite come l’ultima, sono stati i principali colpevoli delle brutte sconfitte in cui sono incappati. Non è assolutamente un problema di natura tecnico-tattica, dato che mi riferisco a partite con avversari nettamente inferiori, quindi Benevento, Crotone e Fiorentina, con cui i bianconeri hanno finora perso rispettivamente 4, 2 e 3 punti. Ciò su cui mi voglio soffermare è il solito problema d’atteggiamento dei bianconeri, che non dipende dall’allenatore né dai dirigenti, ma di chi in campo ci va e deve dare tutto dal primo all’ultimo minuto di ogni partita, essere sempre lucido e abituato a convivere con la pressione, perché è il minimo indispensabile che deve fare chi veste questa maglia. Il fatto che l’atteggiamento della squadra sia così variabile da una partita all’altra è riscontrabile nei risultati altalenanti della squadra e contro il Benevento è stato toccato il fondo in questo senso. Si è salvato a pieni voti, dal solo punto di vista del carattere, Cristiano Ronaldo, che come sempre prova a scrollare i compagni a suon di tiri da fuori, tentativi di dribbling e di rovesciate disperate. Accanto a lui poi il solito Chiesa, che è uno di quelli che onora sempre e comunque la propria maglia, nonostante contro il Benevento abbia giocato soprattutto a sinistra e si sia trovato naturalmente limitato. Poi il nulla. Contro i campani, si è vista una squadra illusa di poter produrre buon gioco senza correre e sudare, né con la palla tra i piedi, né tantomeno senza. Una squadra che non capisce che negli ultimi metri di campo serve provare una giocata coraggiosa, un tiro da fuori, una finta inaspettata, uno strappo palla al piede, e invece niente di tutto questo. Zero personalità, zero inventiva, poca voglia di correre, troppa di trovare immediatamente un gol che con questi mezzi non può arrivare. Pirlo e Nedved in campo farebbero comodo, ma non possono andarci, servono l’orgoglio e la fame di chi ci va, altrimenti discorsi su allenatore, mercato, formazioni tipo risultano un mare di parole al vento e carta straccia di fronte a troppe battute d’arresto ingiustificabili.