Da cinque lunghi anni aspettavamo questo momento. Cinque anni che, per chi come noi italiani vive di calcio, sono veramente un'eternità. E durante questi 5 infiniti anni abbiamo vissuto l'inferno della mancata qualificazione ai Mondiali del 2018, con quel maledetto 13 novembre 2017 che ci aveva fatto malissimo, una ferita enorme per il nostro Paese di cui conserviamo una cicatrice indelebile. Sembrava quasi impossibile rialzarsi velocemente: il nostro capitano, Gigi Buffon, e con lui altri due eroi del 2006, Barzagli e De Rossi, si apprestavano a lasciare la Nazionale di lì a breve e andava trovato un nuovo c.t. che non avrebbe potuto sbagliare niente dopo il disastro combinato da Ventura, e da una squadra allora apparentemente priva di certezze da cui ripartire. Sembra passata un'eternità da quel giorno, dato che dopo soli tre anni di lavoro, ora la Nazionale è tornata a ruggire sui palcoscenici che le appartengono. Tutto questo grazie a un uomo, Roberto Mancini, che in brevissimo tempo ha spazzato via la nube di negatività che aleggiava a Coverciano, ha costruito un nuovo gruppo facendolo diventare solidissimo prima fuori e poi dentro al campo, riportando soprattutto gli azzurri a essere competitivi ad alti livelli come hanno ancora una volta dimostrato con l'esordio europeo di ieri sera. È stato proprio mister Mancini a riportare la nostra Nazionale nelle manifestazioni internazionali a cui mancavamo dal 2016, strappando una qualificazione all'Europeo nonostante gli ampi lavori di rifondamento che erano in corso in quel periodo. Era troppa la voglia di tornare a lottare, soffrire e gioire con la nostra Nazionale, e nonostante si sia messo di mezzo il covid a posticipare tutto questo di un anno, questa voglia non è venuta meno, anzi si è gonfiata ulteriormente e si è vista ancora di più in campo ieri sera. Anche per questa capacità di trasformare gli eventi negativi in forza per ripartire bisogna dare merito a Mancini, che fin da quando è arrivato su questa panchina ha trasformato la delusione del 2017 in benzina per riscattarsi. Proprio per questo gli azzurri non mancano mai, nelle varie interviste, di ricordare da dove son partiti, di quella ferita di cui conserviamo i segni nel cuore e che vogliamo cancellare tornando a essere la vera Italia. Si è visto tutto questo nell'esordio di ieri sera contro la Turchia, che non ha potuto fare molto per arginare quel fiume in piena che era l'Italia, trascinata anche, altra meravigliosa notizia di giornata, dal ritorno in grande numero di un pubblico che non vedeva l'ora di stare vicino alla propria squadra. Altro aspetto che vorrei sottolineare è proprio questo, la squadra. Il gruppo che ha creato Mancini non è una semplice selezione, è come se fosse una vera e propria squadra che per undici mesi ogni anno si allena e condivide la quotidianità insieme. Poi la fiducia cieca che la squadra ha per Mancini e per i grandi leader del gruppo, Chiellini e Bonucci, fa il resto, ed è naturale che questa armonia fuori dal campo si rifletta sul terreno di gioco.

GRUPPO FORTE, SQUADRA FORTE

Arriviamo proprio a parlare di campo, perché non si può non evidenziare la straordinaria prova degli azzurri di ieri sera. Grande prova sotto tutti i punti di vista e soprattutto a livello mentale. Dominare novanta minuti di partita non è facile come sembra, mentre è molto più facile abbattersi vedendo che nonostante questo assedio continuo il tuo rivale non cede e la palla proprio non entra. Anche qui però si è vista la forza di questo gruppo, che nella ripresa ha continuato a giocare come sa vincendo poi la resistenza turca, costretta al capitombolo da un'offensiva corale dell'11 azzurro. Non è stata la vittoria dei singoli ma del collettivo e forse mi ripeto, ma ribadisco che è questa la forza di questa squadra. Poi chiaramente, sul tabellino ci finiscono i rifinitori di questa offensiva collettiva, con Berardi, che in una delle sue mille azioni offensive causa l'autogol di Demiral, Immobile, di cui si può anche dire che non è adatto al sistema di gioco di Mancini, ma che quando gli capita la palla buona difficilmente sbaglia, e Insigne, che con il suo gol tipo chiude i conti. Ma attenzione a come sono nati questi gol, dato che dietro c'è sempre stata una costruzione perfetta che coinvolge praticamente tutti gli uomini in campo. E fra questi, come non citare le prestazioni di Jorginho, metronomo e dettatore di tempi, Barella, instancabile e onnipresente, e Spinazzola, locomotiva a tempo pieno sulla fascia sinistra e uomo partita di questo prima partita, che spicca tra le ottime performance dei suoi compagni. Dulcis in fundo, la splendida cornice dell'Olimpico con peraltro il ritorno del pubblico ha riportato inevitabilmente la mente a quelle notti magiche del 90 e se dopo la tempesta, rappresentata dagli anni di crisi della nazionale e dalla pandemia di coronavirus, solitamente arriva il sereno, allora che siano nuovamente notti magiche.