È senza dubbio la nota più positiva della stagione della Juventus, una stagione opaca, che con ogni probabilità verrà ricordata come la fine della leggendaria striscia di nove scudetti consecutivi. Una stagione in cui sono mancate alcune delle certezze degli anni passati, ma che ha visto l’affermazione di nuove, su cui si dovrà costruire bene attorno per iniziare un nuovo ciclo vincente. La più grande di queste è proprio lui, Federico Chiesa, che ha dimostrato a suon di grandi prestazioni di essere pronto per vivere da protagonista palcoscenici di massimo livello. In 39 partite stagionali, ha già collezionato 13 gol e 11 assist, di cui l’ultimo è un capolavoro che ha permesso a Cristiano Ronaldo di aprire le marcature contro il Napoli, sfida Champions vinta per 2-1 dai bianconeri e di cui Federico Chiesa è stato sicuramente l’uomo partita. Un ragazzo che a 23 anni ha imparato a essere decisivo e ad esserlo con continuità, sempre nel suo stile, con grinta, corsa, coraggio e fame.

Tempesta ed impeto su un campo di calcio, è questo Federico Chiesa, in cui mi piace vedere quei valori che tra Settecento e Ottocento caratterizzarono la corrente culturale del romanticismo. Cultura a tutto tondo, che abbracciava tutti i campi dell’arte e del sapere umano, dalla pittura alla musica, dalla filosofia alla letteratura e oggi, con il suo esponente contemporaneo Federico Chiesa, anche l’arte del pallone. Il tedesco Sturm und Drang, alla lettera “tempesta ed impeto”, fu il gruppo fondatore di questo movimento, contrapposto a quello dell’illuminismo fondato sulla fiducia nella ragione, nell’intelletto umano, contro il sentimento. È proprio il sentimento, invece, con la sua spontaneità e la sua fulminante creatività, il valore fondamentale del romanticismo e di Federico Chiesa, suo rappresentante nel rettangolo verde. Chiesa è proprio questo: cuore più che testa, spontaneità più che razionalità. E ce ne fossero come lui. Sono troppi oggi (specialmente in Italia) gli illuministi, i razionalisti del pallone, soprattutto allenatori, che allenano i giovani inculcando loro l’importanza troppo sopravvalutata di schemi, tattica, gestione delle forze e studio degli avversari. Tutto importante, ma il calcio è arte e l’arte non è studio, non è scienza, ma genialità e voglia di osare. Chiesa insegna proprio che con troppa razionalità non si spostano gli equilibri, ma servono tempesta ed impeto per scaldare i cuori dei tifosi e diventare protagonisti.