Martedì sera uno splendido Paris Saint Germain – Bayern Monaco ha scaldato il cuore di ogni appassionato di calcio. Una festa di campioni di massimo livello che, aldilà del passaggio del turno conquistato dal Psg, ricorderemo a lungo in quanto autentico spot di calcio. Miracoli fuori da ogni logica di Neuer, lampi di Mbappé, strepitosa leadership tecnica di Müller, giocate da visibilio di Neymar. Ne abbiamo viste di ogni tipo in una partita che dal primo al novantesimo non ha fatto altro che stupire. Dei grandissimi protagonisti di questo spettacolo oggi voglio parlare di uno di quelli che per l’ennesima volta ha fatto ciò che gli viene meglio, cioè incantare chi lo guarda giocare. Parlo di Ángel Di Maria, che con Neymar e Mbappé sta sempre di più formando un tridente da sogno, che regala spettacolo e vittorie, per la gioia del presidente Al-Khelaifi, che per averli tutti e tre ha speso la bellezza di 430 milioni di euro.

Non è una novità per Di Maria condividere l’attacco con giocatori di questo livello, anzi, in tutta la sua carriera ha agito al fianco degli attaccanti più grandi del mondo, trovandosi sempre a meraviglia con questi. Tra questi spiccano ovviamente Cristiano Ronaldo e Messi. Con il primo Ángel ha condiviso i suoi anni al Real Madrid, impreziositi dalla storica decima del 2014, mentre con Messi continua tutt’ora a giocare nella nazionale Argentina e, sempre nel 2014, i due trascinarono l’Argentina in finale di Coppa del Mondo, che Di Maria non potè giocare per un infortunio, lasciando Messi orfano del suo compagno di magie. Questo campione è quindi molto abituato a muoversi tra i migliori e non solo si mostra sempre alla loro altezza, ma si combina con loro e soprattutto gioca per loro, mandandoli spesso a rete con uno dei suoi cross benedetti da Dio. Di Maria parla alla perfezione la lingua che si parla sul Monte Olimpo del pallone e allora il dubbio che non sia poi così umano può venire. Ma invece, la sua grandezza, oltre che da un tocco di divino, è formata da un lato molto umano e la sua storia è caratterizzata da questa umanità, che lo accompagna dalla sua infanzia di povertà arrivando fino ad oggi, diventato ormai campione di successo. Un successo frutto, oltre che di qualità da predestinato, soprattutto di valori e di un percorso estremamente umani, che vale la pena di raccontare.

Ángel Di Maria nacque a Rosario il 14 febbraio del 1988. Già da luogo e data di nascita si può notare la predestinazione di questo campione, che nasce in uno dei luoghi più simbolici del fútbol argentino nel giorno di San Valentino, patrono degli innamorati, quindi di tutti coloro che, a partire da una ventina di anni dopo, si sarebbero innamorati di questo fantastico calciatore. Però, come detto, le sue origini sono umilissime e non gli promettevano una vita facile: viene da una famiglia povera di tre figli, lui e le sue due sorelle, che fin da giovanissimi aiutavano il padre impegnato nelle miniere di carbone. Proprio dal suo vecchio, il giovane Ángel ereditò il sogno di fare il calciatore, che il padre dovette abbandonare a causa di un infortunio proprio in prossimità del traguardo, quando era stato ingaggiato dalla squadra dei suoi sogni, il River Plate, dove aveva iniziato a giocare nella squadra riserve. Di Maria figlio non ha mai dimenticato questo sogno paterno e le dure giornate lavorative, che precedevano i suoi allenamenti di calcio, resi possibili dalla sua bicicletta, con cui poteva raggiungere il campo, e un paio di scarpini, una manna per il piccolo Ángel, che diventato calciatore riuscì a sdebitarsi con la famiglia, che per fargli avere quel poco fece sacrifici enormi, ripagati però già in parte quando a sei anni il piccolo venne preso nel Rosario Central, squadra con cui esordì da professionista nel 2005 e dove venne ribattezzato “El fideo”, “lo spaghetto”, chiaramente in riferimento al suo fisico gracile e minuto. Ma quel giorno, ha raccontato il diretto interessato, rischiò di non arrivare mai, poiché alla tenerissima età di un anno cadde per disgrazia in un pozzo. Venne salvato solo per miracolo dalla madre, altra persona a cui Di Maria deve tutto. Una storia degna dei più grandi racconti epici dell’antichità, e chissà che non sia stata l’acqua di quel pozzo, magari simile a quella divina del fiume Stige che nel mito rese invincibile Achille, a rendergli il mancino quello che conosciamo. È proprio nel suo passato che sta la dimensione umana e popolare del fideo, che, come tanti ragazzini sudamericani, ha dovuto lottare e non poco per realizzare i suoi sogni, ma potendo contare su talento, determinazione e il fondamentale appoggio dei suoi cari, ce l’ha fatta. El fideo è poi andato a giocare e ad incantare in Europa, ma il suo cuore è sempre rimasto lì, a Rosario, dove tutto cominciò, ed è questo che ancora di più decreta la dimensione umana di un uomo che poteva innalzarsi al divino, ma che ha scelto di rimanere uomo, e perlopiù un uomo di popolo. Ángel Di Maria sul Monte Olimpo potrebbe tranquillamente starci, ma ha sempre scelto di rappresentare il suo passato, lontanissimo dalla cima del monte. Proprio per questo col primo stipendio da giocatore del Benfica comprò una nuova casa alla sua famiglia e permise a suo padre di lasciare il lavoro, e che dopo le grandi vittorie celebra sempre con la bandiera argentina sulle spalle, una bandiera su cui ha scritto con orgoglio “ROSARIO”, per ricordare le sue origini di cui lui è rappresentante sul Monte Olimpo del calcio e che fanno del fideo quello che è.