Ho voluto, e dovuto, aspettare qualche giorno prima di poter scrivere qualcosa su un’altra triste e deludente pagina della calcio italiano. Al triplice fischio finale avrei con ogni probabilità scritto qualcosa di getto, di pancia, che avrebbe avuto poco senso se non quello di uno sfogo fine a se stesso, che non avrebbe tenuto conto della situazione reale. 

Ciò che meno ho capito leggendo qua e là, è stata la sorpresa che ha colto molte persone. Mi ha sorpreso perché onestamente parlando, io che faccio cinquanta anni tra un mese, una nazionale così scarsa non la ricordo, quindi di cosa parliamo? Da che ho memoria, da quando era soltanto un ragazzino, il pensiero che la nazionale non potesse disputare una fase finale di un campionato mondiale o europeo, proprio non faceva parte dei nostri pensieri, oggi lo affrontiamo per la seconda volta consecutiva. 

La nazionale è da sempre stata un blocco di giocatori che erano titolari nelle top squadre italiane, Milan, Juventus e Inter con qualche eccezione per i campioni che giocavano in squadre cosiddette minori, ma sempre campioni erano. Dal momento che questa nazionale è costretta a pescare ì suoi “gioielli” a Sassuolo, Cagliari,Lazio e Torino, o avere ancora degli ultra trentenni che a stento giocano due partite di fila, credo sia abbastanza normale ciò che stiamo vivendo. La realtà è che abbiamo creato una generazione di scarsi, che in Italia sopravalutiamo, ma che in Europa non se li fila nessuno. Una generazione dove le migliori squadre del nostro campionato non passano i gironi di Champion’s. Questa è la realtà. Il problema è semmai capire il perché di questa situazione e capire se si può porre rimedio. 

A mio avviso a questo punto ci siamo arrivati, perché in Italia abbiamo perso la nostra identità tecnica e abbiamo deciso di seguire un calcio che non è nel nostro dna, e soprattutto abbiamo seguito il Dio denaro a scapito di progetti più ambiziosi e passionali. L’Italia del calcio è sempre stata riconosciuta nel mondo per il classico “ gioco all’italiana” che superficialmente era difesa e contropiede, ma in realtà era una visione più ampia di questa definizione. Era un modo di giocare di cuore, grandi difese, voglia di lottare e aiutarsi e grandi attaccanti pronti a sfruttare il momento. Poi è arrivata la Spagna e Guardiola con il Barcellona, e ci siamo messi a scimmiottare quel gioco, che non è, e mai non sarà nelle nostre corde. I tifosi “ naïf” via social hanno intrapreso una battaglia dove vincere non aveva più importanza, dove gli allenatori vincenti venivano derisi per la qualità del gioco, e si chiedeva a gran voce il calcio dei “guru” che ha portato a questo scempio. Come dice Capello non alla Spagna che l’Italia deve guardare, ma alle proprie tradizioni o a un calcio più simile tipo quello tedesco. 
Poi a me il calcio spagnolo, il tiki taka manco piace, ma è personale la cosa. 
Poi ci sono i club, dove anche qui si è perso molto. A partire dai settori giovanili dove non si formano più giocatori e uomini, ma ragazzini che vincono inutili trofei giovanili. Non si formano più talenti in grado di trattare il pallone con tecnica, ma atleti che corrono tanto. 

Si sono creati giocatori modelli fashion, che prima pensano al ciuffo con il gel, ai tatuaggi, agli orecchini, a post social prima e dopo le partite, durante le vacanze, a cena a pranzo o nelle lussuose ville o auto da sogno. Fino al 2006 non era così, c’erano campioni e uomini dove il calcio veniva prima di tutto. Di questa nazionale se escludiamo qualche eccezione per il resto non starebbero nemmeno in panchina. 

I calcio italiano pensava ai calciatori stranieri soltanto quando c’erano dei campioni da portare in squadra. Da Platini, Laudrup e Boniek, a Gullit, Rykaard, Van Basten, poi Mattehws, Brehme, Klinsmann, chi non se ne permetteva tre ne aveva almeno uno o due ma sempre fuoriclasse, come Zico, Maradona e Fonseca, Falcao, Socrates ecc…

Ora si pesca a caso in base ai procuratori giocatori stranieri che niente hanno in più rispetto a molti giovani italiani che sono costretti a rimanere ai margini. Anche la Juventus che sempre ha avuto una forte tendenza italiana, negli ultimi anni è arrivata a schierare undici titolari stranieri in campo, e tutto questo deve finire. Degli stranieri che attualmente ha la Juventus in rosa, quanti possiamo dire che siano dei veri campioni, tali da tenere un italiano fuori?? Forse De Ligt, Vlahovic e Cuadrado, ma per il resto??? Semplici giocatori modesti che tolgono la possibilità di crescita e di esperienza ad altri giocatori italiani. E questo succede in tute le squadre. Sicuramente il potere dei procuratori è andato fuori controllo.

A questo punto dovrebbe intervenire la FIGC e introdurre dei nuovi parametri e nuove regole che prevedano una forte e obbligatoria presenza in campo e in rosa di giocatori italiani, prodotti dai vivai, tanto da obbligare le società a programmare un nuovo percorso di creazione dei propri talenti. Con scuole di calcio e di vita, infrastrutture, allenatori adatti con obbiettivi diversi dal vincere un torneo di Viareggio, ma con lo scopo primario di creare profili che andranno in prima squadra. Con caratteristiche tecniche e valori umani di spessore. L’obbligo di poter tessera metà degli stranieri attuali, porterebbe automaticamente ad avere meno stranieri ma più forti, perché diciamocelo la maggior parte di questi che sono in Italia non hanno portato alcun vantaggio a nessuna squadra. 

Per progettare il futuro bisogna tornare al passato, alle nostre origini, al nostro dna, lasciare stare ciò che non ci appartiene, ma tornare a essere e a fare ancora il nostro amato calcio all’italiana. Non sarà un progetto che darà frutti in un anno, forse per il 2026 ci staremo soltanto avvicinando. 

Nessuno è bravo come noi con le spalle al muro, nessuno come noi sa rialzarsi quando sembra finita, quando si è a un passo dal KO e ti devi aggrappare alle corde; è la nostra storia che ce lo insegna. Nessuno come noi in quei momenti, quando sembra sconfitto, guarda l'avversario dritto negli occhi e ha il coraggio di urlargli in faccia: "noi non molliamo, noi siamo l'Italia, noi non siamo nati per perdere”.
Questa era l’Italia e questa dobbiamo ritrovare, senza fotomodelli, senza giocatori che si buttano a terra ad ogni contatto, torniamo ad amare il calcio e farlo fare a chi lo ama sopra ogni cosa.