Qualcuno sostiene inopinabilmente che le certezze nella vita siano due: la morte e le tasse. Se in senso lato è così, è pur vero che nel tempo abbiamo scoperto l'esistenza di una terza certezza che va al di là del marchio calcistico, nonostante veda proprio nel calcio il fulcro della suddetta esistenza: Italia-Germania. Perché ognuno di noi sa cosa vuol dire mettere la Nazionale Azzurra e la Mannschaft l'una contro l'altra, perché ognuno di noi ha avuto modo di vivere il suo Italia-Germania. Per nostra fortuna, la maggior parte degli ultimi confronti ufficiali non possono che sorriderci. Ovviamente il pensiero ricorre al 1982 quando Zoff alzò la Coppa del Mondo sotto il cielo di Madrid, per non parlare del 2006 con Grosso e Del Piero, che trascinarono gli azzurri guidati da Lippi verso la finale di Berlino. C'è sempre un inizio e risale al 17 giugno 1970, data che entrò di diritto nell'immaginario collettivo degli italiani.

Estadio Azteca, Città del Messico, semifinale dei Mondiali di Calcio 1970. Il direttore di gara, il giapponese Yamasaki, ancora non sapeva che al suo fischio d'inizio avrebbe dato vita alla Partita del Secolo. Pronti, via: Boninsegna sbloccò il match. I tedeschi, piuttosto rabbiosi e colpiti nell'onore, cominciarono ad aggredire su tutti i fronti, quando il Kaiser Beckenbauer si slegò la spalla e fu costretto a proseguire con il braccio legato al petto. I novanta minuti regolamentari non furono proprio all'insegna dello spettacolo, tuttavia il match poteva contare su due ingredienti importanti. In primis, quello agonistico, quindi quello emotivo; entrambi divennero un'unica entità. Schnellinger, tedesco d'Italia, perno del reparto difensivo milanista, gelò i tifosi azzurri allo scadere: 1-1 e tempi supplementari. Che cominciarono nel peggior modo possibile a causa del fattaccio di Poletti e Albertosi, colpevoli di aver regalato a Muller la tremenda rete del vantaggio tedesco.

Al 95' Burgnich colse un'errata interpretazione della difesa avversaria e con elegenza e naturalezza, col sinistro seppe mandare il pallone in rete per il momentaneo 2-2. Con astuzia tipica del suo genere Rombo di Tuono, al secolo, Gigi Riva finse una fuga verso il corner e con destrezza colpià di mezza rovesciata sinistra il prezioso pallone del 3-2: la sfera superò la linea in diagonale bassa al secondo palo, per quella che fu un'autentica prodezza del fuoriclasse cagliaritano.

La Germania, dal canto suo, era reduce da un'incredibile rimonta contro l'Inghilterra di Sir Bobby Charlton. Qualcuno sostenne la tesi - prove annesse - della resa teutonica inevitabile per i notevoli sforzi di tre giorni prima. La tesi, appunto, si rivelò debole: Muller provò la conclusione morbida su assist di Seeler, Rivera inspiegabilmente evitò il contatto con la sfera. Sì, proprio lui. L'uomo della famosta staffetta che al 46' aveva dato il cambio a Mazzola. Il superabatino di Brera fu ricoperto di fischi e insulti di incredulità che oggi, a vedere la deriva social dei giorni nostri, sembrano carezze. Il 3-3, comuque, avrebbe potuto causare un crollo psicologico per gli azzurri di Valcareggi, ma il lieto fine era dietro l'angolo. Rivera, quello che rischiò seriamente di passare per il personaggio cattivo, si riscattò. Boninsegna crossò basso dalla sinistra mettendo al centro all'indietro e il pallone sembrava oramai perdersi tra i polpacci teutonici, ma ecco il calciatore di bell'aspetto e intelligente che di piatto destro realizzò il definitivo 4-3.  La partita infinita conobbe l'epilogo: Italia-Germania divenne un capolavoro di 120 minuti cui sceneggiatura faceva impallidire perfino il miglior Hitchcock.

La finale vide il Brasile surclassare i nostri con un inequivocabile 4-1, ma quel Mondiale passò alla storia grazie proprio alla Partita del Secolo disputata in quel memorabile 17 giugno di quasi cinquanta anni fa. A testimoniarlo vi è ancora oggi una targa all'esterno dell'impianto sportivo messicano, in ricordo di quel match fantastico entrato, a ragion veduta, nei cuori di tifosi e appassionati e in grado di infiammare diverse generazioni.

 

Andrea Cardinale