Ciò che è accaduto in quella malsana telecronaca Agropoli-Sant'Agnello Promotion, quella del "prego la regia di inquadrare l’assistente donna, che è una cosa inguardabile, è uno schifo vedere le donne che vengono a fare gli arbitri, è una barzelletta della Federazione", oltre a far rabbrividire, può rivelarsi un'opportunità per le nuove leve, per far sì che avvenga un po' di pulizia in un ambiente che ha bisogno di svecchiarsi e di essere rilanciato.

La stampa è il quarto potere: orienta l’opinione pubblica, talvolta ne influenza e stravolge l’essenza, semplificando il punto di partenza del proprio pensiero. Il potere viene esercitato attraverso le parole, un’arma fantastica, bellissima, nobile, al tempo stesso incomprensibile, se non addirittura letale. Vale per la politica interna ed estera, l’economia, la cultura. Vale per lo sport. Qui in Italia, più del resto del Mondo, l’influenza dell’opinione pubblica sportiva esercitata e monopolizzata negli appassionati del pallone è oggetto di studio e discussioni non solo tra sociologi, ma anche tra psichiatri nella peggiore delle ipotesi. Purtroppo, va constatato quanto il nostro lavoro malequivocato - inutile tuttavia nascondere le nostre colpe nel momento in cui mettiamo da parte la deontologia - ha portato i protagonisti del tifoso a sfociare in violenze verbali, omofobia e misoginia ad oggi troppo in voga sia al bar dello sport, sia sui vari social network (e addirittura in tv, vedi il caso di ieri).

Vi è una realtà sincera e innegabile: non è difficile trovare milioni di italiani con un quotidiano sportivo in mano, da solo o a far compagnia al generalista di turno come il Corriere della Sera, La Repubblica, oppure Il Mattino per fare un esempio (ah, il sapore del cartaceo...). Un tempo c’era (tuttora in vigore) il Guerin Sportivo, un settimanale sopravvissuto dall’avvento dell’esasperata tecnologia ma diventato mensile. Oggi dominano la scena, nell'ordine, La Gazzetta dello Sport, il Corriere dello Sport e Tuttosport. Meglio non approfondire il discorso sulla stampa online: le testate giornaliste sono numerose: certamente molte sono autorevoli, ma lo sono altrettante quelle che si spacciano per giornali e notiziari, ma la loro linea editoriale è basata sulla diffusione di fake news.   

Prendendo in prestito una frase di George Orwell, nel tempo dell’inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario. Parole semplice dall’alto contenuto simbolico. Non si tratta della classica battuta ad effetto per colpire il lettore di turno, deve far riflettere attentamente. L’atto rivoluzionario di cui sopra non è astratto: è possibile tastarlo, afferrarlo, ascoltarlo e addirittura vederlo, ma tutto diventa vano se prima non ci adoperiamo a far nostra lo strumento per antonomasia della conoscenza: l’informazione.

Oggigiorno l’esasperato fenomeno della comunicazione di massa ha raggiunto livelli a dir poco straordinari, se vogliamo soffermarci sulla lente della diffusione. Basterebbe per evidenziare quanto possa risultare facile l’influenza diretta e indiretta che esercita sia sulla formazione della propria persona, sia sulle opinioni.
Qual è il ruolo dell’informazione? Oggi è possibile farla? La regola base è informare, senza se e senza ma. I canali sono infiniti o quasi, ciò produce l’effetto di rendere istantanea la fruizione a livello globale di un fatto, di una determinata notizia, ma mina fortemente la credibilità di un antico mestiere e della sua missione per il proliferarsi di sedicenti realtà giornalistiche, nate per diffondere annunci e comunicati fasulli, spesso d’incitamento all’odio e al razzismo, non ultimo all’adottamento di atteggiamenti squadristi e osceni, privi di ogni senso. Fermarli attualmente non è possibile, legalmente parlando. Certo, le colpe non sono tutte nostre se il popolo abbocca con estrema semplicità, millantando assurde cospirazioni e dietrologie superate ma mai dismesse dai webeti, neologismo nato a difesa dell’informazione stessa e dei ragionamenti fatti su solide basi e non per partito preso.    

Fermiamo tutti insieme i nostri colleghi fabbricatori e i generatori seriali di fake news, gli aizzatori incalliti delle masse, i diffusori di odio, gli omofobi, i razzisti, i sessisti, i misogeni, i tecnicamente inadeguati. Fermiamo tutti insieme nostri "colleghi" che di giornalista hanno soltalto un tesserino calpestato ogni giorno - e con esso la deontologia e l'anima di questo affascinante mestiere - con scarpe mai consumate ma dalle suole ricoperte di odio e melma.

Date anche a noi giovani la possibilità di firmarci, ma soprattutto di raccontare. Abbiamo sempre nuove idee maturate tra errori di inesperienza e voglia smisurata di mettere la nostra voce a disposizione dei lettori. Siamo consapevoli di essere i soliti tra tanti, ma l’ostinazione a migliorarci è nostra amica. Vogliamo entrare nella ristretta cerchia di pochi. Non quella dell’élite da salotto, bensì una più brillante e soddisfacente: la cerchia della verità articolata dagli approfondimenti deontologici e professionali, lontano dalle sfere d’idee soggettivamente macchiate dal rischio di rendere l’obiettività influenzata.