Parliamoci chiaro, a vedere questa Nazionale piena di grinta ed entusiasmo è una gioia, se solo pensiamo a quel nefasto 13 novembre 2017, quando la scellerata gestione Ventura, coadiuvata dalla governance di Tavecchio, guidò l'Italia alla mancata qualificazione a Russia 2018. È cambiato tutto, la strada è sempre lunga e in salita, ma le percezioni fanno aumentare la fiducia.
Vincere aiuta a crescere, anche contro la Bosnia si è vista una buona prestazione da parte degli azzurri. Soprattutto, c'è stato un importante enorme passo avanti: Mancini ha trasmesso voglia e concentrazione in un match che fino a qualche anno fa avremmo preso sottogamba.

Però andiamo piano con i facili entusiasmi. Va bene il primato del girone, la qualificazione a Euro 2020, nove vittorie su nove incontri e la possibilità di fare dieci su dieci lunedì sera contro l'Armenia, ma il raggruppamento dell'Italia era di bassa qualità, poco allenante. 

Meglio attendere avversari di livello maggiore, altri impegni quando servirà la personalità dei singoli (e del gruppo) per capire a che punto stiamo. C'è il rischio concreto di ridimensionarci al primo vero avversario che non deve essere per forza la Spagna o la Francia, per intenderci.

Che si tratti di un'altra Nazionale rispetto a quella di Ventura è fin troppo evidente, per fortuna. Siamo migliorati nel gioco, anche nella qualità dei vari interpreti, ma andiamo cauti. La Bosnia di Dzeko e Pjanic doveva essere un avversario probante, ma questa partita non fa testo: è scesa in campo già sicura di dover disputare i Play-off, quindi sono mancate le motivazioni.

Solo una sconfitta della Finlandia contro il Liechtenstein avrebbe dato un senso a questa partita, ma forse sarebbe cambiato ben poco perché l'attuale Bosnia è davvero troppo morbida da incutere paura.

Andrea Cardinale